Il Presidente della Quinta Repubblica francese: analisi ed efficacia del sistema semipresidenziale
La Francia è stata per tutti gli europei il simbolo della nascita dell’età moderna a seguito della crisi e della dissoluzione dello Stato assoluto (il c. d. Ancien Règime), ha rappresentato l’alba di nuovi spiriti, nuovi movimenti, nuovi ideali, tutti costituenti l’incipit di un nuovo assetto politico, da cui tutti gli altri Stati hanno attinto ed assorbito, chi in un modo chi in un altro, nuovi spunti e dimensioni. E’ normale che un Paese con una tale ricchezza di suggestioni politiche, costituzionali e sociali suscitasse in me acuto interesse al punto da farne l’argomento della dissertazione finale del mio corso di studi. Ho però circoscritto l’attenzione ad una figura preminente della sua attuale organizzazione politica e costituzionale: il Presidente della Repubblica, o meglio, il Presidente contestualizzato nella storia della V Repubblica francese, quella Repubblica, nata anche con vicende tormentate, che è stata foriera di tanti stimoli a livello giuridico e dottrinale, poiché la classificazione di “repubblica semipresidenziale” ha avuto una fortuna pari alla durata e alla buona prova del sistema stesso.
Bisogna dire che i grandi modelli sono stati quasi tutti individuati o nel mondo anglosassone o, tra i latini, nel mondo francese.
E da noi, basti ricordare che, in occasione dei lavori della Commissione Bicamerale svoltisi nel 1997 (per revisionare la seconda parte della nostra Costituzione), il modello francese della V Repubblica è stato preso da molti politici e d autorità accademiche, impegnati nelle discussioni, come un paradigma efficace cui far riferimento: ad esempio, fu da noi proposta l’elezione del Presidente della Repubblica a suffragio universale e diretto (fu questo un elemento di rilevante novità nella tradizione costituzionale italiana, in quanto per la prima volta fu prevista in un documento ufficiale approvato da un organo di emanazione parlamentare, e, quindi, indirettamente rappresentativo del corpo elettorale, l’elezione del Capo dello Stato a suffragio universale). Resta comunque il fatto che la Costituzione francese ha attirato e continuerà ad attirare politici e strateghi, professori e studenti, seppur con le sue incertezze e quella diffusa difficoltà ad inquadrarla categorialmente o nella stretta forma di governo sempresidenziale o, nell’ambito nel presidenzialismo in senso lato che però la ricomprende al suo interno. “Il faut trouver l’expression qui frappe”... senza però eccedere nelle semplificazioni. Della Costituzione francese del 1958, si può dire, in modo qui altamente sommario, che essa fu il risultato di una riforma retta sostanzialmente da tre pilastri: l’elezione diretta del Presidente; una legge elettorale idonea a rafforzare l’elemento di designazione e di investitura del premier; un più marcato dominio del Governo sull’ordine del giorno del Parlamento, e di conseguenza un presidio ineludibile della maggioranza politica sul Parlamento rappresentato dal voto bloccato. Saranno questi alcuni degli argomenti che cercherò nel prosieguo di queste pagine di spiegare e di rendere di facile approccio anche a coloro che son alieni da simili trattazioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Emanuela Mariani |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2000-01 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Giuseppe Ugo Rescigno |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 188 |
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