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Il contrasto al lavoro irregolare

Il lavoro irregolare costituisce la principale patologia del mercato del lavoro, italiano ed europeo. Nonostante le molte misure adottate, infatti, è un fenomeno in continua crescita in tutti i Paesi, sia pure con tassi e modalità differenti. In Italia, in particolare, si realizza e sviluppa non solo nelle forme, definibili ordinarie, dei cc.dd. “lavoro nero” e “lavoro grigio”, ma anche nella forma dell’attività criminale organizzata, dunque consiste in un vero e proprio sistema economico criminale o mafioso. Il presente elaborato inizia col tentativo di chiarire la questione terminologica per circoscrivere la fattispecie che ne è oggetto, tenendo conto delle molteplici definizioni elaborate non solo dalla dottrina italiana ed europea; prosegue con l'individuazione delle ragioni che ne determinano l’ampia diffusione, in particolare di tipo economico, istituzionale e culturale, e le sue conseguenze, non solo negative, quali la concorrenza sleale tra le imprese, la perdita di entrate da parte dello Stato, la perdita di diritti da parte dei lavoratori, ma anche positive, poiché a volte lo svolgimento di un’attività irregolare è frutto di una libera scelta da parte dei lavoratori per ottenere determinati vantaggi, quali, ad esempio, una maggiore flessibilità di orari di lavoro ed una retribuzione in aggiunta a quella principale, alla pensione o ad eventuali sussidi pubblici; individua, altresì, i soggetti interessati dal fenomeno e i settori merceologici particolarmente coinvolti, esponendo la creazione dell’Ispettorato nazionale del lavoro ad opera del decreto legislativo n. 149/2015, attuativo della riforma del lavoro nota come Jobs act. Il secondo capitolo entra nel vivo della presente trattazione, affrontando il tema del contrasto al lavoro irregolare. A seguito di una rassegna delle politiche adottate in ambito europeo per contrastare il fenomeno, viene dettata la distinzione tra politiche dirette e indirette applicate in Italia e ci si sofferma su queste ultime, consistenti in misure aventi obiettivi differenti rispetto al contrasto al lavoro irregolare, che, però, hanno avuto effetti positivi al riguardo, favorendone indirettamente l’emersione: dalle più risalenti previsioni del ‘prestito d’onore’ e del ‘credito d’imposta per l’occupazione’, alla più recente previsione della ‘conciliazione monocratica’, fino alle nuove strategie e modelli di intervento, consistenti in strumenti di valutazione e certificazione preventiva della “legalità” imprenditoriale, quali il c.d. ‘rating di legalità’, le ‘white list prefettizie’ e la ‘rete del lavoro agricolo di qualità’, introdotti rispettivamente dal decreto legge n. 1/2012, dalla legge n. 190/2012 e dal decreto legge n. 91/2014. Il secondo capitolo, infine, termina con la trattazione degli ultimi interventi qualificabili come misure indirette di contrasto al lavoro irregolare: il nuovo contratto c.d. ‘a tutele crescenti’, introdotto dal decreto legislativo n. 23/2015, attuativo del Jobs act, e i c.d. ‘voucher’, introdotti dal d.lgs. n. 276/2003, la cui disciplina è stata successivamente oggetto di numerosi interventi normativi, in particolare ad opera della riforma Fornero (l. n. 92/2012) e, in ultimo, del Jobs act, con il decreto legislativo n. 81/2015. Il presente lavoro termina affrontando il tema del contrasto al lavoro irregolare soffermandosi, però, sulle misure di contrasto di tipo diretto. Dopo aver trattato le politiche di emersione adottate in Italia in passato, cioè i ‘contratti di riallineamento’, l’’emersione automatica’ e ‘progressiva’ e la ‘procedura di emersione del 2007’, soffermandosi sui rispettivi risultati, evidentemente non soddisfacenti, si occupa delle attuali misure volte a contrastare il fenomeno: le procedure di emersione per i lavoratori clandestini, in linea con la politica comunitaria, in particolare la direttiva 2009/52/CE, che è stata attuata in Italia col decreto legislativo n. 109/2012; la nuova legge contro il ‘caporalato’ (legge n. 119/2016), che ha riscritto l’art. 603-bis cod. pen., prevedendo il nuovo reato di ‘intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro’ al fine di contrastare il fenomeno del caporalato che, pur avendo origini risalenti nel tempo, continua ad aumentare soprattutto nel sud Italia; l’attuale regime sanzionatorio, che non è più fondato sullo strumento penale, rivelatosi inefficace, ma su politiche di tipo premiale, ed è caratterizzato sia dalla previsione di sanzioni, quali la c.d. ‘maxisanzione’ per il lavoro nero e la ‘sospensione’ dell’attività imprenditoriale, sia da un’attività ispettiva non più limitata allo svolgimento di una vigilanza di tipo repressivo, che svolge un’attività di prevenzione e promozione dell’osservanza della legislazione in materia lavoristica e previdenziale, grazie alla riforma attuata dal decreto legislativo n. 124/2004.

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25 2.2. Conseguenze individuali e collettive Il fenomeno del lavoro irregolare ha effetti sia negativi sia postivi, che si ripercuotono sul sistema economico e sociale. In primo luogo ha conseguenze negative sul sistema economico nel suo complesso, in quanto gli effetti riguardano sia il mercato del lavoro che la struttura finanziaria e di previdenza sociale del Paese. Dal punto di vista del mercato del lavoro, le imprese irregolari esercitano una concorrenza sleale nei confronti delle imprese regolari, riducendo slealmente i costi per abbassare i prezzi di vendita dei prodotti ed aumentare i profitti; inoltre corrispondono ai lavoratori un salario in nero che è inferiore a quello degli occupati regolari, perché non c’è tutela sindacale e non vengono pagati i contributi sociali, con la conseguente distorsione del sistema dei prezzi, dei salari e di una serie di indicatori economici (ad es. il prodotto interno lordo 127 , il tasso di disoccupazione 128 , il tasso di inflazione 129 ), impedendo così una corretta valutazione dello “stato di salute” del sistema economico. Dal punto di vista della finanza e della previdenza pubblica, l’elusione dei contributi determina una riduzione delle entrate fiscali e previdenziali da parte dello Stato, che così ha meno risorse per erogare i servizi, dunque diminuiscono la quantità e la qualità dei servizi e l’assistenza e la protezione da parte dello Stato (c.d. “effetto spreco”) 130 . Inoltre, la perdita di entrate da parte dello Stato può determinare un circolo vizioso, poiché lo stesso potrebbe incrementare le imposte sul reddito per continuare ad erogare i servizi, incentivando così a lavorare nell’economia sommersa 131 . Ulteriori effetti negativi sono di tipo sociale e riguardano l’assicurazione sanitaria, le pensioni, l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro 132 . I lavoratori irregolari, infatti, sopportano la perdita di tutti i diritti derivanti dall’avere un regolare contratto di lavoro, in quanto le imprese sommerse non 127 Il Pil misura il risultato finale dell’attività produttiva (beni e servizi prodotti) in un determinato Paese in un dato periodo. 128 Indicatore statistico del mercato del lavoro che misura la percentuale della forza lavoro che non riesce a trovare lavoro. 129 Indicatore della variazione relativa (nel tempo) del livello generale dei prezzi. 130 Vd. C. Lucifora, op. cit., p. 53. 131 Vd. Commissione europea, Comunicazione della Commissione sul lavoro sommerso, cit., p. 9. 132 Vd. M. Sala Chiri, Il lavoro sommerso e il diritto del lavoro, in Quaderni, Dip. Scienze Giuridiche “Alberico da Rosciate”, Jovene, Napoli, 2008, p. 19.

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Informazioni tesi

  Autore: Federica Zema
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2016-17
  Università: Università degli Studi di Roma La Sapienza
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Arturo Maresca
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 180

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Parole chiave

giurisprudenza
diritto del lavoro
lavoro nero
lavoro sommerso
lavoro grigio
lavoro irregolare
contrasto al lavoro nero
contrasto al lavoro irregolare
ispettorato nazionale del lavoro

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