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Diritto internazionale bellico ed intervento umanitario

analisi della guerra in Kosovo del 1999, attraverso il lato giuridico della controversia, con particolare attenzione sull'ingaggio della guerra area, autodifesa collettiva, e insorti

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1 I.1. : Introduzione Se si volesse dividere il diritto internazionale in due generali categorie, potremmo suddividere il diritto internazionale di pace e di guerra. Questo sistema di classificazione non è ovviamente l’unico esistente, ma da molto tempo a questa parte viene comunemente accettato dalla dottrina, data l’importanza dei cambiamenti che gli eventi bellici creano nelle situazioni giuridiche (quindi nell’ambito dei diritti ed obblighi) dei soggetti diritto internazionale. Non sono mancati nel tempo gli assertori dell’inesistenza del diritto internazionale bellico 1 , ossia coloro che ritenevano che, data la natura dell’evento bellico, questo dovesse portarsi al di fuori dell’ambito del diritto. Tra i sostenitori vi furono i positivisti che, proponendo un paragone tra la sovranità interna degli Stati e la loro capacità coercitiva nei confronti dei propri cittadini, riutilizzavano lo stesso schema per la comunità internazionale. Fra i tanti merita una citazione Triepel: “ il diritto internazionale deve porsi come una forza collocata al di sopra degli Stati, nello stesso senso che ogni diritto interno è una forza posta al di sopra degli individui appartenenti allo Stato. Se non fosse tale, non sarebbe diritto”. 2 Considerando, dunque, il diritto internazionale come una struttura di norme positive, il trattato (rectius, un particolare tipo di trattato), il trattato-normativo (Vereinbarung), giustapposto al cosiddetto trattato-contratto (Vertag) , venne infatti ad assumere un ruolo assorbente ed esclusivo come fondamento e fatto di produzione del diritto internazionale. In questa prospettiva, l’evento bellico si proponeva come il caos opposto all’ordine del trattato- normativo, quindi non solo meritevole di non essere disciplinato, ma anti-giuridico ex se. La teoria di Triepel sulla “volontà collettiva” degli Stati affascinò molti studiosi del suo tempo, ma rivelò la propria debolezza proprio nei confronti del tema della guerra: fondandosi su una rigida concezione imperativistica del diritto, non c’era fondamento al porre in essere della trasgressione alla regola (la guerra, appunto) e, soprattutto, si dimostrasse inesistente un qualsiasi nesso di somiglianza tra il rimprovero internazionale e quello interno nei confronti del trasgressore 3 . Al positivismo lentamente si contrappose una nuova generazione di giuristi che cominciarono ad osservare la prassi convenzionale che si stava imponendo, caratterizzata da una continua spinta della comunità internazionale nella regolamentazione e limitazione del “fenomeno-guerra”, specie 1 Fra questi, citiamo le affermazioni di molti Autori positivisti, fra cui: Dionisio Anzilotti, Corso di Diritto Internazionale, Roma, 1915, vol. III, pagg. 183 e ss. , nonché Josef Kohler, Grundlagen des Volkerrechts, Stuttgart, 1918, pag. 171. 2 Heinrich Triepel, Diritto Internazionale e Diritto Interno, Torino, 1913, pag. 77, nota 1 3 Va inoltre ricordato che quando l’Autore scrive l’Europa ed il Mondo in generale non si è ancora dotata di una comunità internazionale stabile ed organizzata come avverrà all’indomani della Prima Guerra Mondiale con la Società delle Nazioni. Quanto detto va dunque circostanziato e probabilmente giustificato dall’esigenza di buona parte della comunità scientifica del tempo di superare definitivamente il sistema dell’ “equilibrio delle forze”.

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