Delegificazione e crisi del rapporto legge-regolamento: stato e prospettive nella dinamica del sistema delle fonti
Nel lavoro si affronta il tema della delegificazione nella sua accezione più utilizzata e nota di processo di sostituzione di una disciplina normativa posta dalla legge con una posta con regolamenti governativi.
Il fenomeno è esploso in Italia a partire dalla Legge 400/88 e poi con le successive “leggi Bassanini”, ed ha via via attirato l’attenzione della dottrina per il suo impatto potenzialmente dirompente sul sistema delle fonti.
La letteratura è sterminata, anche considerato che la delegificazione ha da sempre come obiettivo principale la semplificazione dei procedimenti e dell’organizzazione amministrativa.
Quindi la sintesi, quale base necessaria della riflessione, è stata complessa e laboriosa, e la si è condotta utilizzando, ogni volta lo si è ritenuto significativo, citazioni dei diversi autori, rinviando poi in nota approfondimenti, anche di una certa ampiezza, sugli snodi argomentativi e sui concetti più importanti, quali la dispositività delle norme e la riserva di legge.
La trattazione si svolge lungo quattro direttrici.
La prima e più corposa riguarda, ovviamente, l’analisi del meccanismo operativo a base della delegificazione, dove si affrontano, oltre all’abrogazione, principi quali quello di legalità, di preferenza di legge, il divieto per la legge di istituire fonti a sé concorrenziali, e concetti come deroga, dispositività e “forza di legge”, nelle sue accezioni formale e sostanziale, il che porta direttamente a trattare di gerarchia, anche “logica”, a confronto con la competenza quali principi ordinatori del sistema delle fonti.
Il problema che si pone è sostanzialmente quale atto abroga la disciplina legislativa previgente: l’art. 17 della L. 400/88 adotta lo schema della cd abrogazione differita, che accredita l’effetto abrogativo alla legge, la quale lo condiziona all’emanazione dei regolamenti chiamati a porre la nuova disciplina nel rispetto delle “norme generali regolatrici della materia”. La dottrina largamente maggioritaria tende ad avallare questa ricostruzione, anche se diversi autori parlano di espedienti, in virtù della comune affermazione secondo cui sarebbe l’unica compatibile con il sistema costituzionale. Nel lavoro si evidenziano le difficoltà logiche e pratiche di ricondurre effettivamente l’abrogazione alla legge, propendendo nel contempo per la validità di quelle opinioni che ritengono comunque accettabile nel sistema un’abrogazione di legge operata materialmente dal regolamento una volta che il legislatore, ovviamente in materie non coperte da riserva assoluta di legge, abbia delineato la competenza del regolamento, come la Costituzione gli consente, anche configurando nel caso una “preferenza di regolamento”, secondo lo schema della dispositività.
La seconda direttrice è quella della “resistenza della delegificazione”, che si articola su tre punti: la deroga delle leggi sulla delegificazione ad opera delle singole leggi di delegificazione, la rilegificazione e i caratteri dei regolamenti che intervengano successivamente a modificare quelli di delegificazione, che già Crisafulli riteneva espressione di un particolare e più ampio potere regolamentare delegificatorio. Nell’attuale assenza di una tutela di rango costituzionale o a livello di regolamenti parlamentari, infatti, il rischio che leggi intervengano in modo estemporaneo in settori delegificati è decisamente alto: una soluzione potrebbe essere quella di considerare come un “sottosistema” quello formato da legge di delegificazione e relativi regolamenti, anche se difficilmente la Corte Costituzionale potrebbe garantire la supremazia logica della legge di delegificazione rispetto a leggi che operassero rilegificazioni asistematiche.
La terza direttrice concerne poi la delegificazione nell’amministrazione, a partire dal comma 4 bis dell’art. 17 della L 400/88 -che configura un modello di delegificazione ancora più spinto di quello di cui al comma 2 del medesimo articolo- e dall’art. 4, comma 1, del Lgs 300/99, che sembra permettere una delegificazione dell’organizzazione statale anche per decreto ministeriale, per poi approfondire, quanto ai procedimenti amministrativi, l’art. 20 della L. 59/97, come modificato dalla L. 229/2003, intervenuta dopo la riforma del Titolo V della Costituzione, con cui tra l’altro si riconosce al Governo potestà regolamentare nelle materie di competenza esclusiva statale.
Quarto e ultimo tema è quello del sindacato costituzionale dei regolamenti di delegificazione, illustrando i pro e contro della dottrina sul possibile sindacato della Corte Costituzionale e la posizione della stessa Corte, tra le suggestioni della teoria espositiana del “diritto vivente” e il rinvio recettizio, evidenziando come il Giudice delle Leggi, tenda, forse anche per evitare di affrontare ex professo la questione, a valorizzare il ruolo dei giudici a quibus, mentre una soluzione potrebbe in futuro venire da una riforma del processo amministrativo che permetta un sindacato più efficace dei regolamenti.
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Informazioni tesi
Autore: | Fabio Augusto Bubula |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2003-04 |
Università: | Università degli Studi di Trieste |
Facoltà: | Giurisprudenza |
Corso: | Giurisprudenza |
Relatore: | Sergio Bartole |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 143 |
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