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Autoriciclaggio e art. 25-octies D.lgs. 231/2001: come varia il principio di legalità

L’intento del presente lavoro è quello di approfondire ed analizzare una delle più recenti e controverse fattispecie di delitto, sia per quanto attiene la responsabilità della persona fisica, sia per quel che concerne la persona giuridica. Per l’esattezza ci riferiamo al delitto di autoriciclaggio previsto dall’art. 648-ter.1 del codice penale e specularmente dall’art. 25-octies del D.lgs. 231/2001, il quale si perfeziona quando l’agente di un precedente delitto re-immette nel circuito economico legale i proventi derivanti dal primo.
Preliminarmente, i quesiti a cui si è cercato di dare una risposta attraverso questo lavoro hanno riguardato l’iter legislativo portato avanti per consentirne l’ingresso nel nostro ordinamento. I problemi emersi dipendevano in primo luogo dalla clausola di esclusione della punibilità prevista dal riciclaggio. Infatti, secondo tale clausola, l’autore di un reato idoneo a generare dei proventi, poi re-impiegandoli in un secondo momento, non poteva essere punibile sulla base del c.d. principio del post factum non punibile. Questo successivo re-impiego di danaro veniva infatti visto come una mera conseguenza logica della condotta a monte, e pertanto priva di qualunque disvalore penale. Ulteriore elemento di discussione è anche il diverso trattamento sanzionatorio tra le fattispecie di riciclaggio e quella di autoriciclaggio; quest’ultima infatti soggiace ad un più favorevole trattamento, sebbene si caratterizzi per essere un delitto pluri-offensivo in grado di causare danni all’intero assetto economico-sociale.
Il tema principale che però questa trattazione affronta, ed al quale si affianca una personale riflessione, è la responsabilità amministrativa dell’Ente a seguito di autoriciclaggio. In modo particolare, il fulcro del dibattito si concentra sul dubbio per cui le società debbano prevenire solo l’illecito previsto dall’articolo 25-octies, ovvero anche il delitto a monte. A seguire quindi, come rapportarsi in relazione a quei reati base non previsti nel catalogo dei reati presupposti alla responsabilità del soggetto collettivo, nel rispetto del principio di legalità e tassatività ex articolo 2 del Decreto. Parte della Dottrina e della Giurisprudenza, ha infatti negato categoricamente la possibilità di considerare perfezionato il delitto di autoriciclaggio laddove il suo presupposto sia estraneo al catalogo. Le ragioni di tale diniego poggiano sull’assunto che ciò comporterebbe sia la violazione del principio di legalità, sia il rischio di rendere il Modello di organizzazione uno strumento fallace ad adempiere alle sue funzioni di prevenzione. L’Ente infatti per evitare la realizzazione dell’illecito ai sensi dell’art. 25-octies, deve prevenire la consumazione del suo presupposto. Si passa poi ad esaminare un altro orientamento dottrinale e giurisprudenziale che invece ammette la punibilità dell’autoriciclaggio indipendentemente dal suo delitto base. Questo perché l’attenzione viene catalizzata su quella che è la funzione propria dell’autoriciclaggio, ossia controllare i flussi finanziari all’interno della società ed evitare che possa essere messa nella condizione di fare “nero”. Il tutto, indipendentemente dall’individuazione dell’origine dei proventi. Dunque, il Modello deve introdurre delle misure efficaci ed efficienti per il controllo esclusivo di questi flussi di danaro.
Per avvalorare questa teoria, che come avrò modo di dire nel corso della trattazione trova il mio supporto, si ricorre anche ad una comparazione con le fattispecie di riciclaggio ed associazione per delinquere, già previste nel Decreto 231 da svariati anni e caratterizzate anche queste dalla necessaria consumazione di un reato a monte. Tuttavia, per queste ultime non si sono posti gli stessi limiti, circa la natura di questo reato, i quali invece hanno investito l’autoriciclaggio. Ed onde evitare una crisi sistemica, si ritiene doveroso prevedere un ugual trattamento tra queste fattispecie affini.

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90 2.8 Clausola di esclusione della punibilità. Vale anche per l’Ente? Rapporti con gli articoli 5 e 8 del D.lgs. 231/2001 A prevedere altre difficoltà interpretative ed applicative, il quarto comma dell’articolo 648-ter.1 che disciplina una causa di esclusione della punibilità, la quale recita che: “fuori dei casi di cui ai commi precedenti, non sono punibili le condotte per cui il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla mera utilizzazione o al godimento personale”. Anzitutto, a destare perplessità è stato l’inciso “fuori dei casi”, ossia il significato che la locuzione avesse e per la quale due sono state le linee di pensiero: la prima, quella per cui il legislatore abbia sbagliato a scrivere la norma, dovendo invece ricorrere alla formula “nei casi”. La seconda, e maggioritaria, invece ha ritenuto che la formula fosse un’inutile ripetizione di un concetto che già logicamente funzionava. Tramite tale comma, il legislatore

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Informazioni tesi

  Autore: Alessandra Tramontelli
  Tipo: Tesi di Laurea Magistrale
  Anno: 2019-20
  Università: Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano
  Facoltà: Giurisprudenza
  Corso: Giurisprudenza
  Relatore: Francesco Mucciarelli
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 160

FAQ

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Parole chiave

riciclaggio
punibilità
autoriciclaggio
articolo 25-octies

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