Il ruolo delle relazioni pubbliche nella comunicazione politica - Come è cambiata la comunicazione nell'era della pubblicità mediata
Il campo di pertinenza delle PR è vasto e riguarda ambiti diversi. Lo scopo di questo lavoro è di analizzare nello specifico il ruolo del relatore pubblico a livello governativo
A causa dell’ampiezza dell’argomento, mi trovo costretta a fissare 2 importanti postulati, che verranno approfonditi durante la trattazione: l’ origine politica delle Relazioni Pubbliche e l’attribuzione agli USA il merito di aver – se non “inventato” - almeno “istituzionalizzato” e diffuso nel mondo l’attività di PR.
Premesso ciò, andiamo a scoprire come si è evoluto questo settore nel tempo e tracciare un orizzonte per i futuri risvolti auspicabili.
Nella mia analisi ho voluto brevemente esaminare i 4 modelli di Relazioni Pubbliche identificati da James Grunig (Managing Public Relations, 1984), che costituiscono una parte importante del suo più vasto e complesso percorso di ricerca sull’Eccellenza.
Si tratta di modelli che, oltre ad individuare diversi modi di essere delle PR, permettono una ricognizione storica del concetto di Public Relations. Nell’analisi dei diversi modelli risultano centrali due proprietà della relazione considerate decisive nell’ambito della ricerca sull’Eccellenza: la bidirezionalità e la simmetria.
Vedremo più avanti qual è il fine ultimo di tale concezione della funzione delle relazioni pubbliche.
Intanto vorrei soffermarmi su un esempio particolarmente originale di PR governative, che è poi la curiosità che ha ispirato il mio percorso di ricerca: si tratta dell’operato del vice capo di staff Michael Deaver nei panni del tuttofare della comunicazione alla Casa Bianca durante i primi cinque anni della presidenza Reagan (1981-1985).
Reagan – non è un segreto – non è mai stato un “mostro” della politica e se da una parte gli indici di gradimento salivano alle stelle per la sua innata capacità di trasmettere affabilità e ricevere consensi presso l’opinione pubblica, dall’altra serpeggiava il delicato rapporto del presidente con i giornalisti, costantemente in rotta di collisione e denso di scontri dialettici. Alla radice del suo successo, ci sono stati due elementi: la naturale predisposizione alla comunicazione, ereditata dalla sua carriera di attore cinematografico, e la sua scelta di predisporre un efficientissimo staff di relazioni pubbliche per la cura della sua immagine. Possiamo riassumere i suoi trucchi del mestiere in due concetti: Il culto dell’apparire ed il News Management.
Negli ultimi anni del suo mandato Reagan perse irrimediabilmente smalto e vigore: lo scintillante giocattolo della politica spettacolo si ruppe ed emerse la scarsa trasparenza del governo in merito alla comunicazione interna ed esterna, coinvolgendo il presidente in uno scandalo dopo l’altro.
Nonostante a questa subdola vicenda sia mancato il lieto fine, l’apparato organizzativo dell’amministrazione Reagan ha senza dubbio lasciato il segno, cambiando il modo di intendere la comunicazione politica e segnando un punto di svolta nella concezione della funzione delle relazioni pubbliche.
Questa parabola ci insegna che in politica, le tecniche di persuasione possono rivelarsi armi spuntate se indirizzate a obiettivi poco credibili. E che il potere ha bisogno dei media per “vendere” la propria ideologia politica ad un’opinione pubblica da cui è oggi impensabile prescindere. E apre la strada ad almeno tre doverose considerazioni.
Le mutate condizioni di visibilità cui il mondo politico deve sottostare costituiscono una delle trasformazioni più profonde e probabilmente più discusse relative all’avvento dei media di massa. Siamo nell’era della “pubblicità mediata” (Thompson 1995, 1998: 178). Si parla oggi di una visibilità permanente e di uno stato di campagna permanente.
Qui entra in gioco una componente fondamentale nel processo di ricezione dei messaggi: Il meccanismo della percezione selettiva, che consiste nel “tradurre” i messaggi in contenuti in maniera tendenzialmente conforme alle proprie convinzioni.
Infine, un’occhiata all’eticità delle relazioni pubbliche:
Dal 1984 al 2002 James Grunig si è impegnato in un percorso di studi sull’Eccellenza producendo una macro-teoria sul ruolo delle Relazioni Pubbliche come generatrici di valore per le organizzazioni, per i pubblici e per l’intera società.
Gli studi di Grunig tentano di “integrare la dimensione etica all’interno del ruolo strategico delle relazioni pubbliche” (Grunig), ridefinendo quindi i termini di un ambito considerato tendenzialmente negativo per la società, puntando sulle relazioni pubbliche come valore dell’ascolto, con la possibilità di integrare voci esterne, analizzare i contesti e costruire gli scenari, monitorare i pubblici influenti.
Con l’obiettivo non tanto di “gestire”, quanto di “coltivare” le relazioni, quelle esterne tanto quanto quelle interne.
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Informazioni tesi
Autore: | Daniela Tanasi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2005-06 |
Università: | Università per stranieri di Perugia |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione sociale e istituzionale |
Relatore: | Emidio Diodato |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 59 |
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