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La nozione di oggetto A in Jacques Lacan

La tesi prende in considerazione uno dei concetti chiave della dottrina Lacaniana: la nozione di oggetto A. Proprio perché questa nozione è cardinale nel pensiero lacaniano, essa si presenta sin dai primi seminari di Lacan. Tuttavia, tracciare una genesi puntuale dell’oggetto a sarebbe fuori dalla portata di una tesi sia triennale che specialistica. Mi sono soffermato, dunque, sull’analisi di quattro seminari che, a mio avviso, segnano dei traguardi nell’evoluzione di questo oggetto. Questi sono: il seminario VII, il seminario X, il seminario XVII e il seminario XX. Il presente lavoro cerca, laddove se ne sia presentata la possibilità, di approfondire alcune tematiche del pensiero lacaniano quali, ad esempio, lo stadio dello specchio, i quattro discorsi, la differenza tra l’amore fallico in contrapposizione all’ “Altro” amore. Si tenga presente che l’analisi del pensiero lacaniano e la traduzione in un linguaggio più accademico pone dei limiti a livello concettuale: l’autore della presente tesi tiene a sottolineare che i contenuti esplicati in essa sono derivati da interpretazioni personali e pertanto non presumono assolutamente di affermare l’ultima parola riguardo al discorso lacaniano. L’autore si è servito anche dell’apporto di due figure importanti dello scenario lacaniano contemporaneo: Colette Soler (il libro che viene preso in considerazione è “l’inconscio Reinventato”) e Massimo Recalcati (il libro che viene preso in considerazione è “l’uomo senza inconscio”). Entrambi questi autori sono utili per un parallelismo con il pensiero lacaniano: Recalcati analizza la visione lacaniana dell’angoscia e la mette in relazione con la figura dell’anoressica, Soler apporta al concetto di “lalingua” lacaniano la sua proposta di un “inconscio Reale”, refrattario alla significantizzazione del Simbolico.

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4 INTRODUZIONE Nel seguente lavoro si è scelto di trattare un aspetto peculiare del pensiero di Jacques Lacan: l’oggetto (piccolo) a. Prima dell’esposizione o di una qualsiasi spiegazione, è necessaria una nota introduttiva e un’avvertenza. Il filosofo in questione rientra nella corrente di pensiero del post-strutturalismo, nonché nel filone più generico del post- modernismo. La corrente del post-strutturalismo non si pone, come si potrebbe pensare in un primo momento, in opposizione allo strutturalismo, bensì cerca di spingere alle estreme conseguenze i concetti che sono propri di quest’ultimo. Infatti lo strutturalismo cerca di dimostrare che l’uomo non è il libero attore e fautore delle proprie azioni e scelte, come poteva affermare il positivismo: l’uomo non si trova più in una posizione centrale, ma è conseguenza di una struttura che lo influenza e lo forma. Ora, il “post” dello strutturalismo lacaniano dev’essere inteso come un andare più in profondità nel discorso della struttura, un andare “oltre“. Lacan stesso è, infatti, celebre per la sua frase “l’inconscio è strutturato come un linguaggio” : “[…] questo inconscio ha, in ultima analisi, una struttura che non è altro che una struttura di linguaggio” 1 Arrivare ad affermare che l’inconscio, ciò che di più intimo c’è nell’uomo ha una struttura che è quella del linguaggio, significa, da un lato, affermare che questa “intimità” (questo termine viene messo tra virgolette perché, appunto, Lacan giungerà, in seguito, ad articolarla nei termini di una ex-timità) è qualcosa di relativo, dall’altro che la struttura; l’Altro ci penetra a tal punto da forgiare quel vortice caotico di significanti che è in noi, il quale viene articolato, in un secondo 1 Jaques Lacan, Il seminario: Libro VII, Einaudi, Torino, 1994, p. 40

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