Globalizzazione, cosmopolitismo, diritti umani
Il XX secolo si è concluso con una sfida che vede contrapporsi l’universalità dei diritti umani, la globalizzazione, e il multiculturalismo nei confronti dello Stato-Nazione, spogliato della sua assoluta discrezionalità legislativa dall’universalismo dei diritti, della sua omogeneità dal multiculturalismo, e dal suo dominio sul territorio dalla globalizzazione. A fronte delle molteplici interpretazioni localistiche dei diritti umani questi sono divenuti il linguaggio di comunicazione privilegiato dagli individui e delle culture dell’odierno contesto pluralistico. Nessuno ne disconosce l’importanza, tanto da poter affermare che l’unica forma di etica possibile non può che essere “l’etica dei diritti”. Globalizzazione e multiculturalismo influiscono in maniera differente nella dinamica dei diritti umani in quanto scaturenti da differenti presupposti: economici per la globalizzazione, etno-culturali per il multiculturalismo. Al termine globalizzazione vengono riconosciuti differenti significati e riferimenti diversi designando la crescita di interdipendenza a livello planetario, l’intensificazione delle relazioni sociali mondiali, la realizzazione di un’unica società mondiale, la compressione del mondo, ma viene anche generalmente concepita come un effetto della compressione spazio temporale che modifica alla radice le forme della vita sociale, l’intensificazione della comunicazione e dell’informazione, l’accelerazione e l’incremento dei flussi di capitale, merci e persone, ma anche l’ibridazione di culture e stili di vita. Ciò produce una de-localizzazione o una de-territorializzazione dell’individuo che viene proiettato in un universalismo sempre più ampio, nel quale si svuota il significato delle tradizioni, delle consuetudini, della prossimità. Si sta verificando una sorta di allentamento dei vincoli sociali che provocano reazioni opposte. Se da un lato si cerca di compattare il tessuto sociale, dall’altro c’è, come reazione, un individualismo sempre più acceso. “Cosmopolitismo coatto” e “spinta cosmopolitica” sono due espressioni che utilizza U. Beck per mostrare come siamo “costretti” a vivere a stretto contatto con culture diverse. L’intendo è di analizzare la comunità, fare una analisi della nostra epoca caratterizzata dalla frantumazione sociale, prendendo in esame le due facce della globalizzazione: da un lato si allargano gli orizzonti e dall’altro il locale reclama la sua importanza. Comunità reali? Cosa le rende tali? A prima vista la condivisione di un certo spazio fisico, di determinate tradizioni. Ma davvero la condivisione di uno spazio fisico basta a determinare una comunità? C’è da dubitarne! E allora come affrontare le tensioni provocate dal necessario rapporto con chi proviene da “altre” comunità ?
Lo scopo è mostrare come ciò abbia creato una necessità di categorizzazione “dell’altro”. L’altro ormai temuto. Egli può essere un connazionale che la pensa diversamente o semplicemente di una regione diversa -basta pensare alla Lega Nord in Italia -, uno straniero, un immigrato o un clandestino. Tutto ciò che appare come diverso viene visto con diffidenza e rappresenta un pericolo. Dopo l’11 settembre la condizione umana nell’età globale è: il rischio, esasperato e strumentalizzato dai media che creano “un’atmosfera” di continua paura e contribuiscono alla categorizzazione, conseguenza diretta è la prevenzione divenuta l’arma più usata, così ognuno si barrica dietro i suoi muri e le frontiere fisiche e mentali, diventano rigide barriere oltre le quali è pericoloso addentrarsi. Il rischio è rappresentato inoltre dai danni ambientali, dal terrorismo o ancora dalle crisi economiche. Si avverte la necessità di una nuova etica della responsabilità come augura H. Jonas, solo una maggiore cooperazione tra tutte le nazioni e “una nuova responsabilità” potrebbero salvare il mondo e l’uomo dalla sua autodistruzione. Il cosmopolitismo, analizzato attraverso un excursus storico, prendendo spunto dall’Illuminismo, da Kant, dalla Arendt, viene posto come possibile soluzione che parte dal basso. Un cosmopolitismo che riconosca le differenze di ogni singolo individuo e che le valorizzi permettendo una maggiore e nuova integrazione attraverso una ridefinizione della cittadinanza, non più rigida e basata sull’appartenenza territoriale o etnica, ma frutto continuamente rinnovato di negoziazioni e riformulazioni.
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Informazioni tesi
Autore: | Enrica Cocimano |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Catania |
Facoltà: | Filosofia |
Corso: | Storia della filosofia |
Relatore: | Gaetano Vittone |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 258 |
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