Stato dell'arte e prospettive dell'azienda calcio in Italia. Un approccio economico-aziendale
Attualmente le società calcistiche di serie A non possono essere considerate vere imprese. La loro fonte principale di ricavo sono i proventi derivanti dalla cessione dei diritti tv, i quali rappresentano circa il 60% delle entrate. Negli altri contesti europei, invece, la principale fonte di ricavo sono i proventi commerciali – ossia i ricavi da sponsorizzazioni e da merchandising – e i diritti televisivi rappresentano soltanto il 30% delle entrate. Sul fronte dei costi la principale voce di spesa delle società di serie A sono le retribuzioni dei calciatori, che si attestano – sia nei grandi sia nei piccoli club – intorno al 65% del valore della produzione. Essendo, poi, i costi operativi superiori ai ricavi operativi, i bilanci delle società si chiudono in perdita e i pochi risultati positivi sono dovuti all’iscrizione di plusvalenze sulla cessione dei calciatori.
Sulla scia dell’esperienza inglese, le società calcistiche italiane per assumere i connotati di vere imprese dovrebbero diversificare la loro attività.
I nostri club dovrebbero, in primis, sfruttare a fini commerciali il loro marchio, commercializzando articoli col nome o col logo sociale. Un’attività che in Italia oggi è poco praticata soprattutto a causa delle dimensioni raggiunte dal mercato dei prodotti contraffatti.
In secondo luogo, dovrebbero puntare sulla gestione diretta dello stadio. All’estero, infatti, la proprietà degli impianti sportivi consente ai club di disporre di una solida componente patrimoniale e di creare valore tramite le numerose attività commerciali realizzate all’interno dell’impianto stesso.
Attualmente, i club di serie A sono lontani dall’implementare queste nuove formule gestionali, tanto che diverse società per incrementare i ricavi hanno sì puntato sul marchio, ma non sfruttandolo dal punto di vista del merchandising, bensì cedendolo ad una società del loro gruppo. Tale operazione ha avuto, in sostanza, l’unico effetto di consentire ai club di iscrivere in bilancio plusvalenze di importi elevati – 181 milioni di euro il Milan, 158 l’Inter, 127 la Roma, 95 la Lazio per citare le cessioni più redditizie – che hanno permesso di chiudere il Conto economico con una perdita di modeste dimensioni o addirittura evidenziando un utile d’esercizio.
La diversificazione dell’attività rappresenta, in conclusione, l’unica via per raggiungere il giusto equilibrio tra logiche sportive e logiche manageriali e per svincolare il club dalla figura del presidente-mecenate disposto illimitatamente a mantenerlo in vita nonostante che i risultati gestionali consiglino altri rimedi.
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Informazioni tesi
Autore: | Mario Nicoliello |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Brescia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Direzione aziendale |
Relatore: | Renato Camodeca |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 343 |
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