6Per rispondere a questi tre quesiti occorre sottolineare come sia indubbio che dall’inizio
degli anni Novanta il calcio abbia cambiato completamente la sua fisionomia.
Se in precedenza lo si considerava un semplice divertimento sportivo ed in quanto tale
lo si analizzava solo sul piano squisitamente agonistico disinteressandosi del contorno
economico, da una decina di anni, invece, le Università ed i centri studi hanno iniziato a
considerarlo e a misurarlo come un’industria vera e propria, creando e analizzando
diverse serie storiche di dati inerenti la materia calcistica. Grazie alla presenza di queste
informazioni è stato possibile valutare la reale dimensione economica del fenomeno
calcistico, operazione questa quasi impossibile da effettuare nel periodo precedente gli
anni Novanta, non perché il fenomeno fosse irrilevante, ma semplicemente perchè
nessuno pensava di doverlo analizzare come una componente della macroeconomia di
un Paese: si trattava semplicemente di un divertimento popolare come il cinema o il
teatro.
Negli anni dell’Inter di Sarti, Burgnich e Facchetti la trasformazione del gioco del calcio
in un business, sia pure molto sui generis, era ancora di là da venire. In quella fase le
televisioni erano in genere pubbliche e trasmettevano soltanto grandi competizioni
internazionali, senza dare una lira a club, Leghe o Federazioni. Per guardare il
campionato si andava allo stadio a poco prezzo e, a eccezione dei privilegiati in tribuna
coperta, gli spettatori godevano lo stesso clima dei calciatori in campo. Sulle maglie da
gioco campeggiava soltanto il simbolo della squadra, mentre per vedere i primi marchi
di sponsor tecnici bisognerà aspettare gli anni settanta.
In campo economico le società erano organizzate come enti senza scopo di lucro; se
spendevano più di quanto incassavano, come accadeva di norma, il proprietario unico si
occupava di ripianare le perdite
1
.
La nuova era del cosiddetto calcio-business è cominciata ad inizio degli anni Novanta
nel Paese che per primo è stato investito dalla rivoluzione televisiva: l’Inghilterra. Da
allora i miliardi di euro provenienti dallo sfruttamento dei diritti televisivi hanno
sommerso le società professionistiche. A questi soldi si sono aggiunte negli ultimi tre o
quattro anni le elargizioni di imprenditori ricchissimi provenienti dall’Europa orientale,
che investono senza badare al ritorno economico, e le donazioni più o meno volontarie
dei tifosi, che si sono lasciati trascinare nelle avventure finanziarie più spericolate.
1
Cfr. G. Turano, Tutto il calcio miliardo per miliardo, Il Saggiatore, Milano 2007, pagg. 11 e seguenti.
7Questo flusso ininterrotto di liquidità investita nel settore calcistico ha causato una
metamorfosi nelle modalità di conduzione gestionale delle società di calcio, le quali
hanno dovuto abbinare alla gestione sportiva anche quella finanziaria e commerciale
onde poter competere sui nuovi mercati che si prospettavano all’orizzonte.
Se in precedenza l’unica cosa importante per i club erano i risultati sul campo, ora
diventano importanti anche quelli economici, patrimoniali e finanziari. Ciò vale
soprattutto per le società che hanno deciso di quotare i propri titoli sui mercati
regolamentati; perchè la trasformazione da sport a business ha comportato anche la
quotazione in Borsa dei club. Un’operazione che all’inizio era stata considerata una
perversione, in seguito era diventata una moda e adesso è tornata quello che era
vent’anni fa: una presa in giro nei confronti dei tifosi-risparmiatori.
Oltre agli aspetti prettamente economici, il calcio assume in Italia anche una notevole
rilevanza sociale. Essendo, infatti, lo sport più seguito a qualsiasi livello, dai
professionisti ai dilettanti, rappresenta tipicamente un fenomeno di massa che accomuna
persone appartenenti a tutti i livelli sociali. Inoltre, dato il suo notevole bacino di utenza
contribuisce a sviluppare in Italia una cultura sportiva e risulta mezzo efficace per
diffondere alcuni valori o prevenire determinati fenomeni gravi che caratterizzano la
società, attraverso specifiche campagne pubblicitarie di pubblica utilità. Per di più, nel
Paese che certamente non si pone ai primi livelli per quanto riguarda la lettura dei
quotidiani di informazione generale, ne esistono tre a completo contenuto sportivo che
registrano una diffusione di tutto rispetto, per non citare poi i numerosi periodici sullo
sport in generale e sul calcio in particolare
2
.
L’importanza del calcio quale fenomeno a tutto tondo non riguarda soltanto la realtà
italiana, ma interessa l’intero pianeta. Secondo le stime della Fifa, la federazione
internazionale, a un secolo e mezzo della nascita il calcio è praticato da
duecentoquaranta milioni di persone al mondo, mentre sono oltre due miliardi gli esseri
umani che seguono questo sport con costanza
3
.
2
Cfr. C. Teodori, L’economia ed il bilancio delle società sportive. Il caso delle società di calcio,
Giappichelli, Torino 1995, pagg. 2-3.
3
Secondo i dati contenuti nella rapporto Big Count edito dalla Fifa nel 2001, le persone che praticano il
calcio sono 242.378.000 di cui 21.884.000 donne. Di questi 120 milioni sono bambini e giocatori
occasionali, 91 milioni non tesserati, 18 milioni sono giovani e 13 milioni sono i tesserati.
I calciatori professionisti sono centoventisettemila, i club sono trecentocinquemila, mentre le squadre
totali superano il milione e mezzo.
8Nell’arco di qualche generazione il calcio ha superato in diffusione competizioni
millenarie come l’atletica o la boxe. L’accelerazione si concentra soprattutto negli
ultimi quindici anni, nel corso dei quali la crescita del calcio ha avuto una progressione
geometrica. Le televisioni – sia quelle in chiaro sia, soprattutto, quelle a pagamento – si
sono riversate sul mondo del pallone trasformandolo da fenomeno sportivo a impresa
globalizzata.
Appare quindi chiaro come il calcio possa essere tranquillamente analizzato alla stregua
di qualsiasi altro settore dell’economia e con gli strumenti propri dell’analisi
economica, statistica e finanziaria.
Il presente lavoro, quindi, muove dalla volontà di delineare lo stato dell’arte attuale
dell’azienda calcio in Italia al fine di poterne analizzare le peculiarità e le criticità, di
sottolinearne gli aspetti positivi e quelli negativi, nonché di prevederne le possibili
evoluzioni future.
L’approccio seguito nell’analisi della materia è sostanzialmente economico-aziendale,
privilegiando su alcuni aspetti soltanto un’analisi qualitativa, su altri anche un’indagine
quantitativa.
Il quesito di fondo che ci condurrà nel percorso intrapreso sarà il seguente. Assodata la
metamorfosi del calcio da manifestazione meramente sportiva a fenomeno economico e
finanziario, le società calcistiche italiane hanno compiuto dal punto di vista
aziendalistico la metamorfosi da semplici club sportivi ad imprese?
Per rispondere a questo interrogativo si dovrà innanzitutto constatare se alle società di
calcio possa essere accostata la veste di aziende di produzione, cioè di imprese.
Soddisfatta questa condizione si procederà nell’analizzare le finalità delle imprese
calcistiche e la loro attività economica; quindi, con l’ausilio dei numeri si mostrerà
come la gestione dei club sia mutata nel corso del tempo, evidenziando i cambiamenti
nella composizione dei ricavi e nella dinamica dei costi; infine si tireranno le somme per
verificare se le società calcistiche siano riuscite davvero ad adattare la propria struttura
Suddividendo i praticanti in base al continente di origine emerge come il 43% siano sudamericani, il 22%
europei, il 16% nord-centroamericani, il 10% africani, l’8% asiatici e l’1% dell’Oceania.
Infine si sottolinea come attualmente la Fifa annoveri un numero maggiore di Paesi affiliati rispetto
all’Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu). Dopo gli ingressi nel settembre 2005 di Comore e Timor
Est, i paesi aderenti alla federazione calcistica internazionale sono 207 in attesa dell’iscrizione del numero
208, il Montenegro separatosi dalla Serbia. Il membro numero 209 potrebbe essere Gibilterra, territorio
spagnolo sotto controllo inglese, che non ha neppure un calciatore professionista. L’Onu, invece,
attualmente annovera “soltanto” 191 nazioni affiliate. Per approfondimenti si consulti il sito internet
www.fifa.com.
9organizzativa e gestionale alle rinnovate possibilità di business e ai nuovi scenari
economici che si sono loro prospettati.
Il lavoro, oltre a questa parte introduttiva e ad alle conclusioni finali, consta di sei
capitoli analitici, ognuno dei quali sviluppa una specifica tematica inerente le società di
calcio.
Obiettivo del capitolo primo è delineare l’oggetto che sarà analizzato nel prosieguo
dell’opera: le società calcistiche. Per compiere tale operazione, nei paragrafi iniziali si
illustreranno dapprima le origini del calcio a livello mondiale e poi la nascita del calcio
in Italia, focalizzandosi in particolare sulla figura del club di praticanti la disciplina.
Successivamente, si evidenzieranno le principali riforme a livello legislativo che hanno
riguardato il settore calcistico italiano, in particolare quelle del 1966 e del 1981. In
seguito saranno esposti i principali provvedimenti normativi che hanno avuto effetti
diretti sulla gestione delle società calcistiche: dalla “sentenza Bosman” al “Decreto
spalma-perdite”, dalla “Legge anti-insolvenza” al “Decreto salva-calcio”. La dovuta
importanza sarà inoltre dedicata anche ad altri aspetti, quali la quotazione in Borsa dei
club, la negoziazione individuale dei diritti televisivi e il c.d. doping amministrativo. Il
capitolo si chiuderà rievocando i due episodi che nel bene e nel male hanno segnato il
calcio italiano nell’ultimo anno: lo scandalo intercettazioni e la conquista da parte
dell’Italia della Coppa del mondo.
Il secondo capitolo verterà sugli aspetti gestionali e di bilancio tipici delle società di
calcio. In apertura si argomenterà sulle motivazioni che possono condurre all’equazione
società di calcio uguale impresa; dopodiché si affronterà il tema dell’economicità nelle
società calcistiche e, prima di entrare nel merito degli aspetti gestionali, uno specifico
paragrafo sarà dedicato a quelli sociali e sociologici.
L’analisi dell’attività economica e della gestione strategica delle società di calcio
risulterà propedeutica alla tematica del bilancio d’esercizio dei club calcistici che
occuperà buona parte del capitolo. Prima di analizzare le classi di valore tipiche sia
dello Stato Patrimoniale sia del Conto Economico di una società di calcio, saranno
toccati diversi aspetti riguardanti gli stakeholders dei club, la durata del periodo
amministrativo, le fonti speciali per le società di calcio e la relazione tra norme legali e
norme federali.
10
Il terzo capitolo, il più corposo del lavoro dal punto di vista quantitativo, svilupperà
un’analisi economico-finanziaria delle società di calcio, mediante l’indagine dei dati di
bilancio dei club calcistici. Si inizierà con l’analisi delle classi di valore del Conto
Economico, focalizzandosi prima sui ricavi e poi sui costi e conducendo il confronto
spazio-temporale sia a livello italiano sia a livello internazionale. In particolare gli
aspetti maggiormente sottolineati saranno la composizione dei ricavi, le differenze tra
piccole e grandi società, l’evoluzione degli emolumenti corrisposti ai calciatori e la
dinamica delle plusvalenze e minusvalenze legate alla cessione dei giocatori. Infine,
l’analisi dello Stato Patrimoniale verterà sulla composizione del capitale investito e
della struttura finanziaria.
Lo scopo del quarto capitolo è delineare due nuove fonti di ricavo cui le società di
calcio possono attingere nel loro divenire gestionale: il merchandising e la gestione
diretta dello stadio.
Propedeutica alla trattazione dei due aspetti sopra citati risulta l’analisi delle politiche
del marketing sportivo, sottolineando in particolare il ruolo e le relazioni che si
instaurano tra i diversi attori coinvolti nella filiera commerciale.
Il tema del merchandising sarà affrontato evidenziando, in primis, l’importanza del
brand per le società di calcio e successivamente la presenza di eventuali differenze
riscontabili tra il nostro Paese e le altre realtà europee. La stessa verifica sarà condotta
anche in merito alle problematiche connesse alla gestione diretta dello stadio.
L’obiettivo ultimo è verificare se i club di casa nostra siano riusciti o meno ad innestare
un circolo virtuoso che, muovendo dallo sfruttamento del marchio a fini commerciali e
dalla proprietà dello stadio, sia in grado di generare un incremento delle entrate
societarie.
Il quinto capitolo affronterà le criticità derivanti dalla quotazione in Borsa dei titoli
azionari emessi dalle società di calcio. Anche in questo caso si proporrà un confronto tra
la realtà italiana e quella estera, ponendo particolare attenzione al contesto inglese. Si
cercherà di capire se quotare i propri titoli sulle piazze finanziarie sia stata o meno
un’azione positiva effettuata dalle società di calcio. In particolare oltre ad analizzare gli
andamenti del valore del titolo societario si tenterà di scoprire se la quotazione abbia
influito positivamente sulle modalità di gestione dei club e se abbia contribuito alla
trasformazione societaria descritta in precedenza.
11
Il fine del capitolo sesto sarà, invece, evidenziare le possibili evoluzioni future del
settore calcio, sia in Italia sia all’estero, alla luce di alcuni interventi promossi
dall’Autorità antitrust italiana e dalle istituzioni dell’Unione Europea. In particolare si
analizzeranno le conclusioni contenute in tre importanti documenti:
− l’indagine conoscitiva sul settore del calcio professionistico condotta dall’Autorità
garante per la concorrenza e per il mercato e pubblicata a dicembre 2006;
− il rapporto indipendente sullo stato dello sport in Europa redatto dalla Commissione
europea e pubblicato nell’ottobre 2006;
− la proposta di risoluzione sul futuro del calcio professionistico in Europa presentata
dal Parlamento europeo nel marzo 2007.
Ognuno dei documenti esposti presenta azioni da seguire per poter migliorare il
sistema-calcio. Tali proposte saranno illustrate nel capitolo sei e commentate
criticamente nella parte conclusiva insieme alle altre risultanze dell’indagine effettuata
nei capitoli precedenti.
Per concludere la trattazione, il capitolo sesto conterrà nel paragrafo finale una disamina
sulla gestione del vivaio che, a parere dello scrivente, rappresenta la vera àncora di
salvezza per la gestione futura delle società di calcio. Partendo da tale assunto si
cercherà di capire come le società stiano affrontando oggi l’organizzazione dei giovani
calciatori e cosa abbiano proposto in merito al vivaio gli organismi direttivi del calcio,
sia a livello europeo (Uefa) sia in ottica mondiale (Fifa).
In tutti i capitoli, il paragrafo introduttivo sarà dedicato alla narrazione di un
avvenimento, sportivo e non, accaduto nel corso dell’ultima stagione agonistica. Gli
eventi sono stati scelti considerando sia la loro rilevanza sia il collegamento esistente
con gli aspetti trattati nel capitolo in cui la cronaca dell’avvenimento è stata inserita. La
collocazione degli eventi segue, comunque, un ordine rigorosamente cronologico.
Alla fine del lavoro il risultato primario che si intende raggiungere è rispondere al
quesito iniziale. Osservare, cioè, se le società di calcio italiane abbiano compiuto o
meno il profondo mutamento genetico prospettato in precedenza, col fine di
abbandonare la dimensione di club calcistici impegnati solamente nel raggiungimento
del successo sportivo ed indossare le vesti di vere e proprie società commerciali.
Secondariamente, si cercherà di verificare se il successo sportivo sia risultato
compatibile con quello commerciale; cioè se la conquista dei trofei abbia comportato
12
anche un incremento degli introiti. In caso affermativo si esporranno degli esempi di
casi di successo, in caso negativo si evidenzieranno i fattori che hanno portato al
mancato raggiungimento contemporaneo sia di obiettivi sportivi sia di obiettivi di
marketing.
Infine, si tenterà di verificare se – oltre alla compatibilità tra successi sportivi e
commerciali – sia anche possibile raggiungere quella tra vittorie sul campo ed equilibrio
reddituale. Si cercherà, in sostanza, di appurare se gli eventuali maggiori ricavi derivanti
dalla conquista degli obiettivi sportivi si siano tradotti in utili netti oppure siano stati
erosi da un incremento più che proporzionale dei costi d’esercizio.
13
I. STORIOGRAFIA BREVE DELLE SOCIETÀ DI CALCIO IN ITALIA
Gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre
e perdono le guerre come se fossero partite di calcio
Sir Winston Churchill, Primo ministro inglese (1874 – 1965)
1 Introduzione
Tutto vero! Campioni del mondo. Con questo titolo La Gazzetta dello Sport di lunedì 10
luglio 2006 celebrava la vittoria dell’Italia nella Coppa del mondo di calcio. In edicola
un successo strepitoso: 2.302.088 copie di tiratura, record assoluto per un quotidiano
nella storia d’Italia
1
. Che il nostro fosse un popolo di appassionati di calcio, lo si è
sempre saputo; che le vittorie della nazionale costituissero un’ideale fil rouge capace di
unire tutta la nazione, era stato già dimostrato in passate occasioni. Tuttavia, che i
campionati mondiali riaccendessero nelle menti e nei cuori dei cittadini italici una
passione tanto esasperata per il calcio, a soli due mesi dall’esplosione del più grande
scandalo sportivo che la nostra storia ricordi, francamente alla vigilia pochissimi
l’avrebbero previsto. Il calcio è come il/la partner della vita: più ti fa arrabbiare, più ti
diventa simpatico/a. E se l’antico detto “tutto puoi cambiar nel corso dell’esistenza, ma
non la fede per un club calcistico” ha ancora un senso, si capisce come l’attaccamento
degli italiani per il calcio non abbia mai fine.
Quando è nato il calcio? Come si è sviluppato in Italia? Perché oggi i calciatori sono
strapagati? A tali domande si cercherà di rispondere nel corso di questo capitolo, che si
prefigge lo scopo di delineare l’evoluzione del calcio dalla sua origine fino ai giorni
nostri.
Le tematiche saranno affrontate in ordine rigorosamente cronologico al fine di fornire
una panoramica dettagliata degli accadimenti, privilegiando, su alcuni aspetti, un taglio
più giornalistico che accademico. Nei successivi capitoli, poi, la maggior parte degli
argomenti o avvenimenti qui solo accennati saranno ripresi ed approfonditi in maniera
sistematica e soprattutto in chiave economico-aziendale.
1
Strabilianti furono anche i risultati ottenuti dagli altri due quotidiani sportivi del nostro paese. Il
Corriere dello Sport Stadio col titolo Italia! superò il milione di copie in ben tre edizioni: la prima uscita
prima della mezzanotte, la seconda nella notte, con i commenti e le interviste sulla partita, e la terza in
serata, dedicata ai tifosi che accolsero a Roma gli Azzurri di ritorno da Berlino. Tuttosport, col titolo
Mitici, raggiunse invece una tiratura di 510 mila copie, pari a due volte e mezzo quella normale.
14
Le prossime pagine, ad eccezione del paragrafo secondo dedicato alle vicende globali,
conterranno un’indagine focalizzata esclusivamente sulle vicende italiane. Si partirà con
l’analisi dei primi club sorti alla fine dell’ottocento, si evidenzierà il passaggio dalle
associazioni non riconosciute alle società per azioni, fino a giungere agli accadimenti
dell’ultimo decennio: la sentenza Bosman, l’introduzione nelle società dello scopo
lucrativo, la quotazione in Borsa e l’importanza crescente assunta dalla negoziazione dei
diritti televisivi.
2 Le origini del calcio
Le origini dell’attività sportiva a livello competitivo vengono convenzionalmente fatte
risalire al 776 A.C., quando nella città greca di Olimpia furono organizzati i primi
Giochi Olimpici in onore di Zeus
2
. Nelle prime edizioni il programma dei Giochi
consisteva in una sola gara, quella di velocità chiamata stadio in quanto la sua distanza
corrispondeva alla lunghezza dello stadio di Olimpia
3
. Passarono quarantotto anni
(tredici edizioni) prima che nel programma venisse introdotta una seconda gara, il
diaulo, cioè il doppio stadio, una prova di velocità prolungata. Successivamente fu
aggiunta una terza gara, il dolico, una prova di resistenza su una lunghezza variabile dai
sette ai ventiquattro stadi. Alla diciottesima Olimpiade (nel 708 A.C.) il programma di
2
Si hanno comunque testimonianze documentate di alcune discipline sportive praticate, a livello non
competitivo, anche prima del 776 A.C. In India, ad esempio, si rinvengono tracce di attività sportiva
attorno al 1500 A.C. con il tiro con l'arco, che dapprima consisteva più che altro in un modo di andare a
caccia e più tardi si trasformò in un esercizio sportivo: rientrava infatti tra le prove di quei tornei indetti
dai re locali per assegnare in moglie una delle proprie figlie al vincitore. Soltanto in era cristiana, tra il
IV-V secolo, questa diventerà una vera e propria disciplina sportiva e la si chiamerà tiro a bersaglio con
l’arco. Sempre sulle rive del Gange si praticava una speciale ginnastica, che rientrava nella filosofia dello
yoga, già nella seconda metà del XIV sec. A.C. Erano diffuse tra gli Indiani in quell’epoca anche le corse
su bighe, ma non venivano considerate delle gare ma semplici esibizioni individuali. Per
approfondimenti: www.cronologia.it/sport/crono9a.htm.
3
Lo stadio era sistemato fuori dal recinto sacro, dove sorgevano i templi più famosi, ed era una spianata
rettangolare lunga 212 metri e larga 32, circondata da una gradinata di terra battuta su cui trovavano posto
40 mila spettatori. Dalla nascita delle Olimpiadi moderne, volute dal barone francese Pierre de Coubertin
nel 1896, nell’antico stadio di Olimpia si accende, ancora secondo il rito delle vestali, il fuoco sacro dal
quale si alimenta la fiaccola olimpica, che viene portata in pellegrinaggio per il mondo prima di
raggiungere la città sede dei giochi. Nel 2004, in occasione dei Giochi olimpici di Atene, nell’antico
stadio di Olimpia sono state disputate le prove di getto del peso maschile e femminile. Due gare, però, che
non erano comprese nel programma originario dei giochi!
15
gare si arricchì con la lotta e il pentathlon
4
. Poi, via via, nei Giochi trovarono spazio
anche le corse dei cavalli, il pugilato e diverse tipologie di lotta
5
.
E il calcio? Tale sport era conosciuto nell’antichità classica, ma non fu mai inserito nel
programma dei Giochi. I Greci lo chiamavano episkyros, se giocato soltanto con i piedi,
oppure pheninda, se giocato utilizzando anche le mani
6
. Nel mondo romano, invece,
prese il nome di harpastum, o anche detto in volgare il piede-palla. Uno sport simile al
calcio si praticava anche in Cina, ove era chiamato tsu ciu, che significa calcio palla.
Nel periodo rinascimentale, in Italia, il calcio fu giocato soprattutto nelle piazze di
Firenze, mentre in altre città lo si proibì perché si era trasformato in un gioco violento.
Le regole stabilite per il calcio fiorentino (florentinum harpastum), però, fecero sì che
questo gioco della palla divergesse molto dal moderno calcio e si avvicinasse di più
all’attuale rugby
7
.
Il gioco del calcio come lo si conosce oggi nacque ufficialmente in Inghilterra negli anni
della prima rivoluzione industriale. Nella patria di Sua Maestà tale sport era praticato
sin dall’epoca medioevale, ma a causa dei disordini creati dopo le sfide tra le compagini
dei diversi villaggi, il calcio, considerato foriero di scompigli e nemico della quiete
pubblica, venne proibito. Soltanto nel 1617, con la promulgazione da parte del re
Giacomo I della Declaration of Sports, saranno aboliti tutti i divieti e le restrizioni
4
Il Pentathlon comprendeva cinque gare: corsa (stadio), salto (analoga al moderno salto triplo), lancio del
disco, tiro del giavellotto e lotta in piedi. Per approfondimenti sull’antica disciplina del pentathlon e sul
pentathlon moderno si confronti: www.danielemasala.com/sportagopenta2.htm.
5
Cantore dei Giochi è stato indubbiamente il poeta Pindaro (Chinocefale 520 – 446 a.C.), del quale è
giunta fino ai nostri giorni una raccolta di 44 odi corali suddivise in quattro libri: 14 Olimpiche, 12
Pitiche, 11 Nemee, 7 Istmiche. Dalla metà del VI secolo A.C. in Grecia, infatti, fu costituito un calendario
di gare comprendente: ogni quattro anni i Giochi di Olimpia in onore di Zeus (Olimpiadi); sempre ogni
quattro anni, il terzo di ciascuna Olimpiade, a Delfi in onore di Apollo i giochi pitici; ogni due anni tra
aprile e maggio a Corinto in onore di Poseidone, il dio del mare, i giochi istmici; infine a giugno e luglio
nel secondo e terzo anno di ogni Olimpiade a Nemea, in Argolide, i giochi nemei in onore di Zeus. Per
ulteriori informazioni si rimanda al sito www.cronologia.it/sport/crono9a.htm.
6
Una testimonianza di ciò la si trova addirittura nell’Odissea, uno dei due capolavori del poeta Omero
(vissuto probabilmente tra il IX e l’VIII secolo A.C). In particolare, nel canto sesto dell’opera il poeta
dopo aver affermato che la Nausicaa e le sue compagne “una palla godean trattar per gioco”, descrive
quello che si può definire il primo goal mancato della storia: “Nausicaa in man tolse la palla, e ad una /
delle compagne la scagliò: la palla / desviossi dal segno cui voleva, / e nel profondo vortice cadè”
(Omero, Odissea; traduzione di Pindemonte, libro VI, verso 169 e seguenti, tratto dal sito internet:
www.babeleweb.net/default.asp?scheda=457). Per approfondimenti sul tema si veda Lionello Bianchi, Il
primo goal fu una vera odissea, su www.cronologia.it/sport/crono9a.htm.
7
Si confronti Calcio – La storia, su www.cronologia.it/sport
16
precedentemente stabiliti; in questo modo il calcio potrà essere nuovamente praticato
liberamente
8
, soprattutto nei colleges.
Nei primi decenni dell’Ottocento in diverse Università si accese una forte disputa su
quali dovessero essere le regole del gioco, soprattutto quelle che dovevano decidere se
giocare soltanto con i piedi o utilizzare anche le mani. Lo scontro portò a due correnti.
La prima, sponsorizzata dall’Università di Rugby impose nel suo regolamento l’uso sia
delle mani che dei piedi e permise il contatto anche violento con l’uomo; la seconda,
sostenuta da atenei più propensi all’eleganza e non all’irruenza, scelse di effettuare il
gioco soltanto con i piedi e così nacque il termine foot-ball, letteralmente “piede-palla”
9
.
Nelle maggiori Università ebbe molta più fortuna il regolamento del foot-ball. A
Cambridge nel 1846 nacque la prima squadra di calcio moderno, il Cambridge Club
Football. Nel 1855 sorse il team dell’università di Harrow, la quale impose ai propri
giocatori di indossare guanti bianchi per evitare che qualcuno toccasse la palla con le
mani.
La prima vera società calcistica del mondo può essere, invece, identificata nello
Sheffield Club, che venne fondato il 24 ottobre 1857
10
.
Il 26 ottobre del 1863 i rappresentanti di undici club e associazioni sportive londinesi,
riunitisi nella Taverna Massonica dei Liberi Muratori (Free mason’s tavern) nel
quartiere di Lincoln, diedero vita all’English Football Association, l’attuale F.A. (la
federcalcio inglese).
Nelle prime riunioni tecniche, aventi lo scopo di redigere un regolamento ufficiale del
football valido per tutti, ci furono accese discussioni su vari punti discordanti; finché si
8
Il successore di Giacomo I, il re Carlo I emise nel 1633 il Book of Sports, un’integrazione della
Declaration of Sports, con cui consentiva lo svolgimento delle attività sportive la Domenica dopo aver
prestato i servizi alla Chiesa. Ciò scatenò diverse polemiche ed opposizioni nel Regno soprattutto da parte
dei Puritani che ritenevano inconcepibile svolgere un’attività sportiva nel giorno del Signore.
Questa circostanza non è sorprendente, se si considera che anche negli ultimi decenni ci sono stati atleti
inglesi che non gareggiavano di domenica. Un caso eclatante è rappresentato da Jonathan Edwards,
l’ancora oggi primatista mondiale del salto triplo, il quale all’inizio della sua carriera rinunciò addirittura
a partecipare alla finale dei campionati mondiali (Tokyo 1991) perché programmata nel giorno del
Signore. Successivamente Edwards, figlio del pastore battista di Gateshead, decise di gareggiare anche di
domenica e proprio in questo giorno superò per la prima volta il muro dei 18 metri.
La misura, però, non fu ratificata come primato del mondo, perché favorita da un vento alle spalle oltre il
limite consentito. Per approfondimenti sulla Declaration of Sports si consulti la pagina web:
http://history.hanover.edu/early/CHARLESI.html.
9
Le due correnti scelsero un nome diverso anche per designare l'obiettivo della palla, cioè la “rete”. La
prima scelse come nome “meta” nome greco, la seconda “goal” che significa sempre la stessa cosa, meta,
tradotto in inglese (www.cronologia.it/sport).
10
“Sheffield F.C. the oldest football club in the world” è il titolo che campeggia nella home page del sito
del club inglese: www.sheffieldfc.com.
17
raggiunse l’accordo su: misura del campo (al massimo 120 metri di lunghezza e 90
metri di larghezza), misura e peso della palla (71 centimetri di circonferenza), numero
dei giocatori (11 per squadra), tempo di gioco (90 minuti divisi in due tempi), falli,
punizioni. Rimaneva l’annoso problema dell’uso delle mani; la soluzione fu quella di
punire “rigorosamente” questo tipo di fallo, e nello stesso tempo fu deciso che soltanto
un giocatore, il portiere, potesse utilizzare piedi e mani per parare la palla, ma
soltanto nella sua area (detta appunto poi area di rigore)
11
.
Dopo la definizione in maniera chiara delle regole, la prima competizione ufficiale del
calcio moderno risale al 20 luglio 1871, giorno in cui fu disputata la F.A. Challenge
Cup (l’odierna Coppa d'Inghilterra)
12
.
Lo sviluppo del nuovo gioco nel Regno Unito fu velocissimo tanto che nel giro di un
decennio sorsero anche le federazioni scozzese (1871), gallese (1875) e irlandese
(1880).
Il 2 giugno 1881 nacque, invece, l’I.F.A.B., l’International Football Association Board,
con il compito di unificare i regolamenti di gioco e provvedere alle opportune modifiche
e innovazioni
13
. Tale organo è tuttora in vigore ed è l’unico a decidere in tema di
regolamento del calcio.
Nel 1886 fu ufficialmente riconosciuto il professionismo sportivo; i calciatori vennero
infatti equiparati alle altre categorie di lavoratori e dovettero conseguentemente
percepire un compenso per l’opera prestata.
Due anni dopo, nel 1888, fu finalmente organizzato il primo campionato nazionale
inglese: ad imporsi è il team del Preston North End.
11
Cfr. Calcio – La storia, su www.cronologia.it
12
“The FA's influence increased significantly after a “Challenge Cup” was established in 1871. Within a
decade the original membership of 12 clubs had increased to 128. Wanderers, a team formed by ex-public
school and university players, won the first “Cup Final” 1-0 against Royal Engineers at Kennington
Oval. From 1923 to 2000 the match was played at Wembley and The FA Cup has become established as
one of England’s great sporting institutions. Its history and tradition, and especially the pageantry of the
Final, is familiar to millions at home and abroad”. Cfr. www.thefa.com.
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Despite the unification of the rules and the creation of The Football Association in 1863, disputes,
largely involving Sheffield clubs who had announced their own set of ideas in 1857, persisted into the late
1870s. However, the creation of the International Football Association Board finally put an end to all
arguments. Saturday holidays, the banning of blood sports, the sprouting railway system and a growing
working class, both moneyed and passionate about the game, all contributed to the rise in football’s
popularity. It meant a body to protect and preserve the rules had become a necessity. Made up of two
representatives from each of the four associations of the United Kingdom (the FAs of Wales and Ireland
had been founded in 1876 and 1880 respectively), the IFAB met for the first time on 2 June 1886 to guard
the Laws of the Game. Then, as today, a three-quarters majority was needed for a proposal to be passed.
Ibidem.