Sistemi Locali Del Lavoro della Toscana. Applicazione dell'analisi SHIFT and SHARE ai dati del valore aggiunto e dell'occupazione degli anni 1996-2002
Il sistema produttivo italiano del secondo dopo guerra è stato dominato da costellazioni di piccole e medie imprese (P.M.I) che insieme alla grande impresa sono stati motori produttivi dell’economia italiana. Questo apparato produttivo, fino a fine ’90, è stato fondamentale per la competitività dell’Italia e dei suoi sistemi produttivi. Infatti, a tutti noi, sono noti i successi realizzati dai sistemi del tessile (come Prato), del cuoio e pelletteria, del turismo, del “made in italy ecc… L’apparato produttivo della manifattura italiana si caratterizza per la concentrazione di piccole e medie imprese che hanno le loro radici culturali nel luogo in cui sono insediate. La concentrazione in un luogo circoscritto di numerose piccole imprese tende a soddisfare le esigenze di specializzazione di filiera (riduzione dei costi di transazione ecc..), crea un ambiente in cui la competizione e la cooperazione sono intense.
Lo sviluppo tecnologico (specie le tecnologie dell’’informazione), il processo di globalizzazione e regionalizzazione (cioè l’integrazione politica economica di paesi confinanti) hanno, in questi ultimi anni, avuto un impatto notevole e senza precedenti sulle strutture delle economie territoriali. Nelle economie aperte e avanzate si è assistito a rapidi e profondi cambiamenti nei settori economici e nei sistemi economici territoriali . Dunque i sistemi locali, allo stesso titolo delle imprese, devono adattarsi e addirittura avere un atteggiamento proattivo nei confronti dell’ambiente che si evolve. I sistemi locali, come le imprese, devono avere strategie proprie e devono essere costantemente monitorati. Ecco che per introdurre innovazioni su base territoriale diventano indispensabili ai politici, agli studiosi ed agli operatori economici, strumenti per descrivere, stimare, interpretare ed eventualmente prevedere i fattori che hanno influenzato l’andamento di fenomeni economici (occupazione, reddito, ecc…). Esistono molte tecniche per raggiungere lo scopo appena accennato fra cui la dynamic shift-share.
L’intento del nostro studio è di analizzare tramite la dynamic shift-share di Haynes and Dinc (1997) i cambiamenti nell’occupazione e nel valore aggiunto in Toscana tra 1996 e 2002. Le unità territoriali scelte nell’analisi sono i sistemi locali del lavoro (SLL). Questo perchè l’analisi di tipo ha ricevuto riconoscimenti come base per implementare le politiche di sviluppo sia a livello nazionale che a livello internazionale . La shift and share è una tecnica di scomposizione della variazione, in un determinato periodo, di un fenomeno in componente tendenziale, componente strutturale e componente residua. La dynamic shift and share, a differenza della shift and share statica, tiene conto degli effetti composti durante il periodo considerato, costituito da più intervalli di tempo.
Il metodo di Haynes and Dinc è stato scelto non solo perché è dinamico, cioè tiene conto dei cambiamenti infraperiodici; altresì perché, andando oltre il modello tradizionale che individua i contributi strutturali e locali, propone un modello per valutare gli impatti dell’output, della produttività del lavoro e della produttività dei fattori extra-lavoro (capitale, infrastrutture materie prime, tecnologie, ecc…).
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Informazioni tesi
Autore: | Sylvain Chamberlain Taguedong |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2004-05 |
Università: | Università degli Studi di Firenze |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia Aziendale |
Relatore: | Laura Grassini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 127 |
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