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Le strategie applicate dalla Fiat per uscire dalla crisi

Questa tesi parte da una rapida introduzione sulla storia fiat e, passando per l'analisi delle cause della sua crisi, va ad esaminare le strategie aziendali che l'anno portata ad un rilancio definito miracoloso.
Questo elaborato mi ha dato molte soddisfazioni, nonchè il massimo dei voti (non vè perciò dubbio sulla sua validità).
1.2 La cronologia della crisi

La crisi Fiat nacque “istituzionalmente” il 9 ottobre 2002, con la richiesta inoltrata al Governo dell’applicazione dello status di “società in crisi” e con la presentazione di un piano di risanamento che prevedeva la cassa integrazione straordinaria per oltre 8.000 dipendenti. Il 5 Dicembre 2002, dopo lunghe trattative, lo Stato rispose positivamente e quattro giorni dopo, la Fiat poté spedire le lettere di cassa integrazione a 8000 dipendenti.
Per la verità, l’inizio della crisi ha radici ben più lontane. Difatti la caduta di competitività e redditività della Fiat Auto e il suo inevitabile riflesso sui conti complessivi del gruppo incominciarono ad essere percepiti gia dal 1990, quando la casa italiana subì il sorpasso definitivo da parte della Volkswagen nella classifica dei produttori europei. Da quel momento al 2001, le quote di mercato della Fiat Auto sarebbero calate dal 52,8 al 34,7 per cento in Italia e dal 14,3 al 9,6 per cento in Europa. La situazione era quindi già critica ben prima del 9 ottobre 2002 e peggiorò ulteriormente nei mesi successivi.
Il fenomeno divenne evidente a cavallo del secolo. I preparativi e le celebrazioni del centenario della Fiat riuscirono solo in parte a mascherare la situazione di evidente difficoltà.
Il Corriere della Sera del 12 dicembre 1999 scriveva: “…Il settore auto è anche molto concorrenziale. E la concorrenza è destinata ad aumentare in Europa[…]Lo scenario non è roseo particolarmente per la Fiat che opera con pochi modelli, prevalentemente di fascia bassa. Con queste prospettive le fusioni diventano inevitabili per tagliare i costi; diversificare geograficamente le aree di vendita; acquisire marchi e nicchie di mercato; e raggiungere rapidamente le dimensioni necessarie per sostenere l'onere elevato dello sviluppo di nuovi prodotti […] Ma Fiat non è un'azienda come le altre: sarebbe indelicato parlare di “vendita”. Prepariamoci, dunque, a una più digeribile alleanza strategica” .
Sul Corriere del 3 Febbraio 2000, apparve un articolo in cui Giuseppe Volpato indicò in un’alleanza strategica l’unica via a disposizione di Fiat per poter crescere; il 13 marzo 2000 , nel Corriere della Sera, Giacomo Ferrari scriveva: “Per gli Agnelli, sarebbe stato meglio vendere tutto subito, liberando risorse da investire in altri settori. Così rimarranno vincolati alle fortune dell'auto ancora per diversi anni. L'indecisione può costare cara” ed Alessandro Penati, in un articolo del 9 giugno 2001, scriveva: “Fiat non è solo debiti e auto: è un vasto conglomerato, privo di stringente logica industriale; con diverse imprese redditizie, ma poco sinergiche, e quasi mai leader nei rispettivi settori. Il risanamento non dovrebbe affrontare solo la crisi di oggi, ma invertire il declino del gruppo. Si dovrebbero vendere le attività meno sinergiche, quelle con le peggiori prospettive, e quelle che la Borsa valuta con i multipli più bassi. E puntare alla leadership in pochi settori, ricorrendo a dismissioni e cartolarizzazioni per eliminare il debito. Invece, diversificazione e indebitamento hanno subito un'accelerazione dal 1999, sotto la nuova presidenza di Paolo Fresco”.
Ma da Corso Marconi venivano lanciate accuse di catastrofismo e pessimismo a chiunque osasse attaccare l’operato svolto. Neanche i risultati di bilancio relativi agli esercizi 2000 e 2001, che presentavano vistose perdite di esercizio, pari rispettivamente a 44 milioni e 549 milioni di euro e le pericolose cadute di quote di mercato, registrate in Europa e in Italia, bastarono a far comprendere la gravità della situazione e a spingere il top-management ad un riadattamento della propria gamma prodotti o ad un turnaround che, se non altro, avrebbero reso la situazione meno tragica.
Allo stato dei fatti, è quindi chiaro che la crisi del gigante torinese era facilmente prevedibile, se non addirittura annunciata.
Il 12 marzo 2000 la Fiat firmò un’alleanza con General Motors. Un accordo resosi indispensabile per la sopravvivenza del gruppo.

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1 CAPITOLO I LA CRISI FIAT 1.1 Dall’apice alla crisi La FIAT (Fabbrica Italiana Automobili Torino) fu fondata l’11 luglio 1899 per iniziativa di esponenti della borghesia e aristocrazia torinese, accomunati da una grande passione per l’automobile che, alla fine dell’Ottocento, cominciava ad apparire per le strade del capoluogo torinese con il modello “Welleyes”, realizzata dalle officine Cerano 1 . Da quel momento la società si espanse costantemente, fino a diventare la prima industria del Paese. Nella sua corsa verso l’egemonia del mercato automobilistico italiano, la Fiat ha attraversato anche periodi di crisi, ma si è sempre risollevata, riproponendosi più forte di prima sul mercato nazionale e mondiale. Emblematici in questo senso, sono gli eventi che ruotano attorno alla Fiat degli anni Settanta e Ottanta. Nel 1973 le molteplici perturbazioni provocate su scala mondiale dalla svalutazione del dollaro e dalle due crisi energetiche che misero in ginocchio il capitalismo mondiale e una sequenza pressoché ininterrotta di scioperi e di agitazioni operaie a tutti i livelli, portarono ad una diminuzione della produzione di 300mila unità e le quote di mercato in Italia persero fino a 10 punti percentuali. Agnelli nel ’74 durante la presidenza in Confindustria dichiarò “Torino è una città in condizioni molto critiche, i piazzali sono pieni di macchine invendute; il clima all’interno delle aziende è di totale disordine e per la prima volta nella storia della Fiat dovremmo ricorrere al credito bancario” 2 e così avvenne. L’ancora di salvezza fu rappresentata da Cesare Romiti, chiamato personalmente dal presidente Agnelli, per traghettare la Fiat fuori dalla crisi. La cura Romiti aveva come uno dei passaggi principali, una massiccia cassa-integrazione per 23.000 dipendenti. Nel settembre del 1980, in risposta ai tagli occupazionali previsti, i 1 Fonte: Ori Angiolo S, (1996). 2 Fonte: Quotidiano IlSole24Ore del 25 gennaio 2003, art.cit., di Bernacchi A.

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