La crisi asiatica: alcuni modelli interpretativi
Il terremoto finanziario che si scatenò durante l'estate del 1997 nel Sud-est asiatico cominciò ''ufficialmente'' il 2 luglio con la decisione da parte della Banca Centrale thailandese di lasciar fluttuare liberamente il baht.
Esistono due principali interpretazioni teoriche riguardo la crisi asiatica.
Secondo una di queste la crisi fu causata dalla intrinseca instabilità del mercato internazionale dei capitali, il quale è fortemente soggetto alle cosiddette crisi autorealizzantisi.
La condizione necessaria affinché si possa creare la possibilità di una crisi, è lo stato di illiquidità del Paese debitore. Un Paese si definisce illiquido nel momento in cui è in grado di pagare i propri debiti nel lungo periodo, ma non la parte del debito e/o il suo servizio nel breve periodo. In questo caso basterebbe che il Paese prendesse a prestito la somma necessaria per rimborsare il debito nel breve periodo. Ma il mercato potrebbe non essere in grado o essere riluttante a concedere nuovi prestiti, creando esso stesso il panico che voleva evitare.
I motivi per i quali il mercato non concede prestiti possono essere due: un problema di azione collettiva fra i creditori e l'asimmetria informativa sempre fra questi.
Secondo l'altra interpretazione teorica, la radice della crisi sta nell'azzardo morale da parte sia degli operatori nazionali che esteri, i quali si aspettavano che il governo intervenisse attraverso salvataggi a favore di imprese e banche in caso di crisi. Questa aspettativa causava un eccesso di investimenti insieme ad una cattiva qualità di questi. Le eventuali perdite derivanti da questi progetti di investimenti, venivano finanziate attraverso l'indebitamento estero (sempre a causa dell'aspettativa di salvataggio) e ciò causava persistenti deficit del conto corrente. Mentre non è necessario che il deficit governativo sia alto prima della crisi, l'eventuale rifiuto dei creditori esteri di fornire ulteriori fondi costringe il governo ad intervenire per garantire il debito estero contratto. Ma per garantire la solvibilità, il governo è costretto ad utilizzare le riserve che servono per la difesa del tasso di cambio, con il pericolo che queste crollino al di sotto del livello minimo indispensabile per la difesa del cambio. Inoltre l'immissione di riserve nel sistema crea aspettative inflazionistiche, rendendo ancor meno credibile la difesa del tasso di cambio e anticipando una crisi finanziaria.
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Informazioni tesi
Autore: | Gennaro Codispoti |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1998-99 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Pompeo Della Posta |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 208 |
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