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La concorrenza per il mercato: il caso del sistema idrico italiano

CAPITOLO I - Inquadramento istituzionale
In questo capitolo si discute della normativa esistente nel settore idrico che, a partire dal 1994, ha subito numerose, forse troppe modifiche; innegabile, comunque, che abbia contribuito a combattere l’eccessiva frammentazione della gestione di questo importante servizio pubblico.
Per molti anni ha dominato il modello municipale che prevedeva l'affidamento ai comuni ma, in seguito all'emergere di inefficienze, corruzioni ed una generale sfiducia, alcuni paesi come l'Italia hanno deciso di puntare alla concorrenza per il mercato. Attraverso una gara si sceglie un gestore il quale avrà il monopolio del servizio per un certo numero di anni, in cui dovrà garantire una serie di investimenti, il raggiungimento di determinati obiettivi di servizio e soprattutto adeguate regole tariffarie. L'impossibilità di avere una concorrenza nel mercato, come accade ad esempio nel settore della telefonia mobile, è dovuta alla presenza di vincoli tecnologici (la rete distributiva, le fognature) con costi fissi decisamente elevati che rendono inefficiente, e non razionale, la presenza di più gestori.
All’estero si sottolinea l’esperienza anglosassone in cui si è cercato di promuovere la concorrenza nel mercato, consentendo a nuovi operatori di approvvigionare grandi utenze utilizzando le reti esistenti e dietro pagamento di un canone d'accesso: ma se indaghiamo le utenze civili si incontra nuovamente l’impraticabilità a causa delle economie di scala e di scopo.
Le speranze attuali sono rivolte ad un sistema di leggi futuro in grado di attirare il più possibile gli operatori potenziali, in modo da avere un contesto concorrenziale maggiormente competitivo.
Il secondo paragrafo contiene un’analisi della legislazione relativa ai requisiti previsti per i soggetti che decidano di partecipare ad una gara ad evidenza pubblica.
Infine, nel terzo paragrafo, alcune informazioni riguardanti il Co.Vi.R.I , organo di vigilanza del settore.

1.1 - Normativa esistente
Le attività di gestione dei servizi idrici in Italia sono attualmente disciplinate dagli artt. 141 ss. del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152 (Codice Ambientale), successivamente modificato dal decreto datato 8 novembre 2006, n.284.
E’ stata così abrogata la legge 5 gennaio 1994, n.36 (di seguito legge Galli), mantenendo nondimeno una sostanziale continuità di contenuti con la stessa.
Per questo motivo il paragrafo seguente affronterà un’analisi della legge Galli, che rappresenta l’ossatura della normativa esistente.
La legge Galli, e successivamente la legge 448/2001 art. 35 (Finanziaria 2002), hanno segnato un momento decisivo nel processo di riorganizzazione del settore idrico in Italia, caratterizzato da una estesa frammentazione a livello nazionale (le imprese e gli enti che a vario titolo vi operavano erano oltre 8000). Questa frammentazione impediva l’affermarsi di una gestione efficiente di tipo industriale e determinava una disomogeneità degli standard qualitativi del servizio.

I principi ispiratori del testo normativo possono essere così riassunti:

• tutte le acque, superficiali e non, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da salvaguardare e utilizzare secondo criteri di solidarietà;
• l'uso delle risorse deve essere razionale, per tutelare i diritti delle generazioni future a fruire di un patrimonio ambientale integro;
• l'uso dell'acqua per il consumo umano è prioritario rispetto a tutti gli altri impieghi del medesimo corpo idrico;
• il bilancio idrico deve essere in equilibrio, garantendo un rapporto sostenibile tra disponibilità delle risorse e fabbisogno delle stesse.

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5 INTRODUZIONE L'anno internazionale dell'acqua, il 2003, è passato ormai da tempo e non ha lasciato evidenti tracce di miglioramento nell’allocazione globale di questa risorsa scarsa ed insostituibile. Eppure uno studio del demografo Joel Cohen ha sostenuto che l'elemento che limiterà l'aumento della popolazione sarà proprio l’acqua, e ha calcolato in 10 miliardi il numero massimo di abitanti che può sostenere. Anche senza dover accettare alla lettera questi calcoli, la crisi appare alquanto ragionevole e condivisibile, e contrasta con la sostanziale indifferenza o noncuranza che in questi ultimi anni ha caratterizzato tutti i paesi, incluso il nostro. Da sempre il settore dell'acqua, bene indispensabile alla vita, fa decisamente meno notizia rispetto ad altri settori come l'energia elettrica e le telecomunicazioni. Adam Smith si chiedeva quale fosse l'origine del paradosso del valore, ovvero come fosse possibile che pur essendo l'acqua il bene più utile in assoluto, essa non potesse essere scambiata con nessun altro, mentre un diamante, difficilmente classificabile come utile, potesse essere agevolmente scambiato con molti altri. Solo dopo molti anni la scuola di Cambridge, con Marshall, arrivò ad enunciare il legame tra valore e utilità marginale di un bene. Il lavoro che segue cerca di inquadrare al meglio il sistema idrico italiano. Si articola in quattro parti: • la prima è dedicata all’analisi della normativa esistente, dall’anno 1994 sino ad oggi, ed all’organo di vigilanza, il Co.Vi.R.I; • il secondo capitolo affronta importanti tematiche “politiche”: il regime di monopolio a livello generale, il monopolio naturale, il legame esistente tra regolazione e concorrenza (per il mercato e nel mercato), la realtà delle multiutility; • la terza parte ha una connotazione decisamente teorica ed è molto articolata, anche perché la letteratura esistente in materia di aste è davvero abbondante e interessa ancora oggi molti studiosi: si parte dagli studi degli anni ’70, si

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