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descrivono le quattro tipologie d’asta esistenti e le relative strategie d’ottimo,
con una distinzione tra valutazioni indipendenti e valutazioni comuni. Si
discutono l’equivalence theorem ed il ranking theorem, per poi concludere
introducendo diverse variabili all’analisi standard, che appare un po’ astratta
dato che non tiene conto di importanti fenomeni che accadono nelle aste dei
giorni nostri;
• infine si parla della realtà idrica italiana, di come si possa definire il mercato
e quali siano gli strumenti per valutare il potere di mercato, del
funzionamento delle aste e della procedura per parteciparvi. A concludere si
individuano i differenti assetti proprietari e le diverse tipologie di contratti
adottati per regolare il rapporto tra aggiudicatore-gestore.
Con questo lavoro si comprende che una risorsa come l’acqua avrà sempre
un'allocazione inefficiente, e questo a causa di vari motivi:
• la struttura dei diritti di proprietà;
• la fissazione di prezzi non efficienti da parte dei governi;
• prezzi praticati dalle amministrazioni che non variano con l'ammontare
consumato (il prezzo marginale dell'acqua è zero!);
• un uso agricolo generalmente sussidiato con prezzi ben al di sotto dei costi
marginali di raccolta e offerta dall'acqua.
Inoltre, con il passare del tempo, si sono inevitabilmente generate distorsioni tra
impieghi alternativi e sovrautilizzo della risorsa.
Quanto accadrà nei prossimi anni rivestirà quindi un’importanza cruciale e,
secondi chi scrive, la via da seguire dovrà rispettare due principi:
• l’uso efficiente, con una tariffa che recupera tutti i costi e che varia a seconda
del consumo;
• l'uso sostenibile, considerando i costi come costi “sociali” (costi privati e
costi esterni) e che si paghi secondo il danno e la scarsità provocati.
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La legge Galli del 1994 ha introdotto l’Italia su questa strada: il numero di
gestioni esistenti è fortemente calato, ma sono mancati alcuni elementi di contorno alla
riforma, rendendola così poco efficace. Manca un'autorità di regolamentazione ben
separata dalla gestione del servizio e con poteri chiari e definiti; in secondo luogo,
occorre un'attività di monitoraggio altrettanto chiara nel suo affidamento.
I macchinosi calcoli tariffari previsti (metodo tariffario normalizzato) non
sembrano proprio orientati a giudicare i risultati di gestione, quanto piuttosto alla
conoscenza e al confronto dei costi reali e all'ingerenza nella gestione. Manca una vera
filosofia della regolazione, mentre emerge tanto dirigismo burocratico.
Secondo il parere di chi scrive, ed anche quello di altri autori, il metodo
normalizzato dovrà essere decisamente rivisto, se non abbandonato: dovrà prevalere la
filosofia “price-cap” e non “cost-plus”, con variabili dedicate alla qualità del servizio,
essendo questo il suo aspetto più debole (il tasso di dispersione si aggira intorno al 39%
quando paesi come Francia, Spagna, Regno Unito hanno valori pari circa al 20-25%).
Il gestore avrebbe così interesse a controllare lo stato della rete, poiché
riducendo i costi vedrebbe aumentare gli introiti.
Altro aspetto su cui intervenire riguarda gli incentivi al coinvolgimento dei
capitali privati nel settore, che ha bisogno di investimenti, soprattutto nei comparti
fognatura e depurazione, in uno stato a dir poco imbarazzante nel sud del paese.
E’ inoltre opportuno istituire un’autorità indipendente di settore, che parta
dall’esperienza dell’ente Co.Vi.R.I , e agisca in raccordo con gli enti locali. Distribuire
le funzioni di regolazione su più livelli territoriali, acquisendo maggiori informazioni,
con la concentrazione di professionalità specializzate a livello nazionale. In questo
modo si riducono anche i rischi di cattura delle autorità di regolazione, sia da parte delle
imprese, sia da parte del potere politico.
Infine la misurazione della qualità e il benchmarking devono diventare gli
strumenti operativi più importanti nella regolazione dei servizi pubblici. Si tratta di
documentare i risultati raggiunti, predisporre a livello nazionale un sistema omogeneo e
articolato di rendicontazione, effettuare riscontri sulla soddisfazione degli utenti,
premiare i gestori a seconda degli obiettivi di qualità raggiunti.
Speranze che si realizzeranno sicuramente, se ognuno capirà l’importanza dell’acqua.
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CAPITOLO I - Inquadramento istituzionale
In questo capitolo si discute della normativa esistente nel settore idrico che, a
partire dal 1994, ha subito numerose, forse troppe modifiche; innegabile, comunque,
che abbia contribuito a combattere l’eccessiva frammentazione della gestione di questo
importante servizio pubblico.
Per molti anni ha dominato il modello municipale che prevedeva l'affidamento ai
comuni ma, in seguito all'emergere di inefficienze, corruzioni ed una generale sfiducia,
alcuni paesi come l'Italia hanno deciso di puntare alla concorrenza per il mercato.
Attraverso una gara si sceglie un gestore il quale avrà il monopolio del servizio per un
certo numero di anni, in cui dovrà garantire una serie di investimenti, il raggiungimento
di determinati obiettivi di servizio e soprattutto adeguate regole tariffarie.
L'impossibilità di avere una concorrenza nel mercato, come accade ad esempio nel
settore della telefonia mobile, è dovuta alla presenza di vincoli tecnologici (la rete
distributiva, le fognature) con costi fissi decisamente elevati che rendono inefficiente, e
non razionale, la presenza di più gestori.
All’estero si sottolinea l’esperienza anglosassone in cui si è cercato di
promuovere la concorrenza nel mercato, consentendo a nuovi operatori di
approvvigionare grandi utenze utilizzando le reti esistenti e dietro pagamento di un
canone d'accesso: ma se indaghiamo le utenze civili si incontra nuovamente
l’impraticabilità a causa delle economie di scala e di scopo.
Le speranze attuali sono rivolte ad un sistema di leggi futuro in grado di attirare
il più possibile gli operatori potenziali, in modo da avere un contesto concorrenziale
maggiormente competitivo.
Il secondo paragrafo contiene un’analisi della legislazione relativa ai requisiti
previsti per i soggetti che decidano di partecipare ad una gara ad evidenza pubblica.
Infine, nel terzo paragrafo, alcune informazioni riguardanti il Co.Vi.R.I , organo
di vigilanza del settore.
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1.1 - Normativa esistente
Le attività di gestione dei servizi idrici in Italia sono attualmente disciplinate
dagli artt. 141 ss. del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152 (Codice Ambientale),
successivamente modificato dal decreto datato 8 novembre 2006, n.284.
E’ stata così abrogata la legge 5 gennaio 1994, n.36 (di seguito legge Galli),
mantenendo nondimeno una sostanziale continuità di contenuti con la stessa.
Per questo motivo il paragrafo seguente affronterà un’analisi della legge Galli,
che rappresenta l’ossatura della normativa esistente.
La legge Galli, e successivamente la legge 448/2001 art. 35 (Finanziaria 2002),
hanno segnato un momento decisivo nel processo di riorganizzazione del settore idrico
in Italia, caratterizzato da una estesa frammentazione a livello nazionale (le imprese e
gli enti che a vario titolo vi operavano erano oltre 8000). Questa frammentazione
impediva l’affermarsi di una gestione efficiente di tipo industriale e determinava una
disomogeneità degli standard qualitativi del servizio.
I principi ispiratori del testo normativo possono essere così riassunti:
• tutte le acque, superficiali e non, sono pubbliche e costituiscono una risorsa da
salvaguardare e utilizzare secondo criteri di solidarietà;
• l'uso delle risorse deve essere razionale, per tutelare i diritti delle generazioni
future a fruire di un patrimonio ambientale integro;
• l'uso dell'acqua per il consumo umano è prioritario rispetto a tutti gli altri
impieghi del medesimo corpo idrico;
• il bilancio idrico deve essere in equilibrio, garantendo un rapporto sostenibile tra
disponibilità delle risorse e fabbisogno delle stesse.
Gli interventi previsti sono:
• integrazione territoriale e industriale, attraverso l’introduzione degli Ambiti
Territoriali Ottimali (A.T.O.) . Ciascun A.T.O. risulta soggetto al controllo e alla
responsabilità istituzionale di un’apposita autorità d’ambito (di seguito
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A.A.T.O.), riunente in forma di consorzio o convenzione tutti gli enti locali
compresi nel territorio dell’A.T.O.;
• separazione tra le seguenti funzioni: programmazione, regolamentazione,
organizzazione e controllo del servizio idrico, che devono essere svolte dalle
autorità locali;
• gestione del servizio, affidata ad un operatore unico indipendente (introdotta
definitivamente con la legge 448/2001 art. 35 - Finanziaria 2002)
• proprietà delle infrastrutture in capo agli enti locali;
• copertura completa dei costi operativi e di investimento;
• obblighi di efficienza e produttività.
Le convinzioni economiche alla base di questa legge sono diverse:
• assegnare ad ogni gestore un territorio di riferimento sufficientemente ampio da
sfruttare le economie di scala;
• gestione industriale del servizio con una trasparente pianificazione e il rispetto di
vincoli di bilancio, con tariffe capaci di coprire non solo i costi correnti ma
anche quelli relativi agli investimenti;
• collocare nella stessa gestione i servizi di acquedotto, fognatura e depurazione,
per sfruttare le economie di scopo.
Relativamente a quest’ultimo punto, si può osservare che, data la complessità dei
servizi citati, con questa unificazione si è ristretto necessariamente il numero di soggetti
che possiedano le competenze per gestire un A.T.O..
Come da consuetudine nel nostro ordinamento sono emersi alcuni compromessi:
da un lato i comuni sarebbero dovuti scomparire di scena poiché l'impianto ottimale per
la gestione del sistema idrico andava oltre le dimensioni dell'ente locale, tant'è che l'idea
era di avere come protagoniste le regioni. Ma così non è stato, poiché il legislatore non
ha avuto la forza di estromettere i comuni, rispettandone la competenza in materia. Le
conseguenze non sono state positive, il disegno territoriale degli ambiti è risultato in
definitiva maggiormente influenzato dai confini amministrativi e non da quelli
idrografici, cui il legislatore attribuiva maggiore importanza; ha generato inoltre un
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rallentamento del processo di attuazione dell'intero disegno di riforma. Sono trascorsi
più di dieci anni e la situazione non è certo positiva.
Dall'altro lato, grazie ad un articolo della legge Galli, alcune società che in
prossimità dell'approvazione della riforma avevano rinnovato la concessione, non hanno
dovuto modificare la gestione, portando a inevitabili disfunzioni per alcuni A.T.O..
1.2 - Normativa relativa ai soggetti partecipanti alla gara
Sono ammessi alla gara solo soggetti organizzati in forma di società di capitali
che già gestiscono segmenti di servizi idrici a rete fissa e che integrino determinati
requisiti in termini di valori di popolazione servita e fatturato medio nell'ultimo biennio;
l'erogazione dei servizi è da svolgere in regime di concorrenza, con conferimento della
titolarità del servizio alla società vincitrice della gara con procedura ad evidenza
pubblica. E’ previsto un divieto di partecipazione per quelle società che, in Italia o
all'estero, gestiscano a qualunque titolo servizi pubblici locali in virtù di un affidamento
diretto, di una procedura, non ad evidenza pubblica, o a seguito dei relativi rinnovi.
Si è voluto così evitare che determinati soggetti godessero di una posizione di
vantaggio nella gara per l’assegnazione della gestione; è anche vero però che una
semplice separazione societaria e contabile avrebbe consentito la loro partecipazione,
aumentando le dimensioni e la qualità del confronto concorrenziale.
I rapporti fra l’ente locale e il gestore sono regolati da un contratto di servizio
che prevede gli standard, le condizioni essenziali di erogazione, le forme di vigilanza e
le misure di salvaguardia in favore dell’ente locale.
L’art. 35 della finanziaria 2002, che riformava il Testo unico sugli enti locali,
pur avendo influenzato le scelte di alcune amministrazioni, non è mai divenuto efficace
in quanto, prima della scadenza del periodo transitorio ivi previsto, è stata novellato dal
D.L. 269/03. Con tale decreto sono state reintrodotte due forme di affidamento
alternative alla gara:
• l’affidamento a società mista, a condizione che il socio privato sia scelto
mediante una procedura ad evidenza pubblica rispettosa della normativa interna
ed europea;
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• l’affidamento diretto a società interamente pubblica (in-house), purché valgano
le condizioni individuate dalla Corte di giustizia per definire la produzione in
house di un servizio pubblico.
Secondo alcuni interventi successivi, le tre forme di affidamento non dovrebbero
essere collocate sullo stesso piano, in quanto l’ordinamento mostrerebbe comunque una
preferenza per le procedure che prevedono un qualche meccanismo concorrenziale.
Secondo fonti autorevoli la formula dell’in-house dovrebbe essere interpretata come una
forma di affidamento eccezionale, e dovrebbe perciò essere adeguatamente motivata
dagli enti che la adottassero. Inoltre essa è sicuramente soggetta al rispetto di vincoli
piuttosto stringenti, che non si fermano alla necessità di una stretta coincidenza fra enti
affidanti il servizio e enti proprietari di quote di capitale dell’impresa pubblica, ma
arrivano a richiedere l’esistenza del cosiddetto controllo analogo, secondo cui la società
dovrebbe essere priva di propria autonomia decisionale.
Nella realtà, però, gli enti locali non dimostrano di considerare l’affidamento
diretto ad una società interamente pubblica come una formula eccezionale, ed anzi, si
può dire che solo il riconoscimento della legittimità di un tale tipo di opzione ha
permesso di attenuare le resistenze al processo di riforma generale.
1.3 - L’organo di vigilanza: Co.Vi.R.I
Il Comitato per la Vigilanza sull'uso delle Risorse Idriche, organo indipendente
della Pubblica Amministrazione istituito dalla legge Galli, risponde direttamente al
Parlamento, cui riferisce annualmente circa lo stato del settore, relativamente al servizio
idrico integrato comprensivo dei servizi di acquedotto, fognatura e depurazione.
E’ composto da sette membri non rieleggibili con carica quinquennale e per
espletare i propri compiti si avvale di una segreteria tecnica, costituita nell'ambito della
Direzione Generale della Difesa del Suolo del Ministero dei Lavori Pubblici, nonché di
un Osservatorio dei Servizi Idrici, destinato a svolgere funzioni di raccolta ed
elaborazione di dati statistici e conoscitivi.
Tra i compiti più rilevanti affidati al Comitato vi è quello di garantire
l'osservanza dei principi della legge di riforma dei servizi idrici, con particolare
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riferimento all'efficienza, efficacia ed economicità del servizio, alla regolarità della
determinazione e dell’adeguamento delle tariffe, nonché alla tutela degli interessi degli
utenti. Al Comitato è attribuito, inoltre, il potere di proporre azioni davanti alle Autorità
competenti contro gli atti posti in essere in violazione della legge Galli, nonché di
esercitare l'azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e di risarcimento
dei danni, a tutela dei diritti dell'utente.
Con l’introduzione del Codice Ambientale che ha abrogato la legge Galli, il 10
febbraio 2006 il Co.Vi.R.I ha cambiato denominazione ed è diventato Autorità di
vigilanza sulle risorse idriche e i rifiuti (Avrir). Autorità attiva solo per un breve periodo
di tempo, poiché il già citato decreto dell’8 novembre 2006 n. 284 ha stabilito la
cancellazione dell’Avrir, a favore della ricostituzione del Comitato per la vigilanza
sull'uso delle risorse idriche.