L'economia dell'integrazione monetaria europea
Il processo di integrazione monetaria ha portato all’adozione dell’euro, cioè della moneta unica europea il 1° gennaio del 1999.
Prima argomentazione, oggetto del presente lavoro, sono gli effetti che derivano dall’eliminazione del frazionamento monetario nei rapporti economici, sociali e politici. Tra questi effetti i vantaggi derivanti dall’adozione della moneta unica sono: in primo luogo, l’eliminazione dei costi di conversione delle monete e l’incertezza di variazioni dei tassi di cambio; in secondo luogo, la maggiore certezza sul prezzo promuoverà economia di scala, ridurrà i costi di valutazione e gestione dei mezzi finanziari, aumenterà la specializzazione e il commercio e quindi il reddito reale.
Seconda argomentazione, saranno le implicazioni di politica economica dell’euro.
La circostanza che un mercato unico renda più simili gli apparati produttivi dei paesi membri e quindi che la moneta unica provochi una specializzazione più di tipo intraindustriale che di tipo interindustriale viene associata ad un aumento del grado di simmetria all’interno della Comunità, per cui uno shock settoriale dovrebbe colpire tutti i paesi allo stesso modo .
Così, aumentando con l’euro la correlazione tra le economie dei paesi membri, potrebbe aversi un intervento della Banca Centrale Europea, la cui politica monetaria, propagherebbe i suoi effetti uniformemente in tutti i paesi della Comunità.
In queste condizioni, l’intervento della Banca Centrale risulta determinante perchè il rapporto Delors e il Trattato di Maastricht identificano la stabilità dei prezzi come obiettivo principale della politica monetaria.
Così, pur trasferendo ad un organo comunitario le funzioni di politica monetaria, i governi nazionali manterranno la disponibilità delle politiche di bilancio, con diverse limitazioni:
- il Trattato di Maastricht prevede che in rapporto al Prodotto Interno Lordo (PIL) nazionale, il deficit fiscale e debito pubblico non potranno superare rispettivamente il 3% e 60%;
- per le politiche di tassazione, vi sono vincoli che dipendono dagli effetti che l’integrazione provocherà sulla mobilità di lavoro e capitale.
La moneta unica peserà, così, sostanzialmente sulla capacità dei governi nazionali di attuare politiche fiscali di stabilizzazione. Una sfida costante dei paesi comunitari sarà raggiungere in ogni istante un giusto equilibrio tra autonomia, disciplina e coordinamento degli interventi fiscali.
Infine, attraverso un confronto con l’economia americana, verificheremo gli effetti che l’integrazione dei mercati determina sulla specializzazione degli apparati produttivi statali e le differenze tra le due unioni monetarie in riguardo ai meccanismi di aggiustamento a seguito di shock asimmetrici.
L’Unione Europea presenta una minore mobilità del lavoro (a causa di barriere culturali linguistiche) che l’euro potrà solo in parte attenuare. Rispetto agli USA, quindi, l’U.E. è un’area valutaria meno ottimale nell’ottica di Mundell. Ricordando che la flessibilità del salario reale è maggiore negli USA, ci chiediamo quali aggiustamenti sono in alternativa disponibili in Europa.
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Informazioni tesi
Autore: | Roberto Visconti |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 1997-98 |
Università: | Università degli Studi di Napoli |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Economia e Commercio |
Relatore: | Riccardo Paternò |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 110 |
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