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Il sistema delle tutele e il regime di responsabilità nei rapporti interpositori

L’obiettivo di questo elaborato è quello di ripercorrere l’evoluzione delle forme di tutela dei lavoratori coinvolti nell’appalto e nella somministrazione di manodopera, con specifico riferimento al principio della parità di trattamento e, principalmente, alla regola della responsabilità solidale. Inoltre, verranno evidenziate le principali critiche e problematiche sottostanti le varie riforme, cercando in questi interventi di individuare elementi che ci facciano comprendere la loro capacità di porre in essere una pervasiva tutela dei lavoratori coinvolti.
Cambiamento dell’impresa e trasformazione del lavoro, e della relativa disciplina, sono due aspetti che nella seconda metà del secolo passato sono andati di pari passo.
Il XX secolo è stato principalmente caratterizzato dalla logica di produzione integrata, conosciuta come “Fordismo”. In tale contesto produttivo, negli anni’ 60 la risposta dal legislatore è stata quella di predisporre un forte sistema garantista, volto a tutelare il lavoratore ed ostacolare una particolare forma di decentramento intravista in ottica elusiva, ovvero quella della sola attività lavorativa. Infatti, con la l. 1369/1960 il legislatore aveva affermato il “divieto di interposizione di manodopera”, vietando la quasi totalità delle forme di utilizzazione e acquisizione indiretta e scaricando, mediante l’imputazione del lavoratore all’effettivo utilizzatore, oneri e costi sul datore di lavoro formale.
Tuttavia, a causa di vari fattori, intorno agli anni ’70 il modello d’impresa fordista ha cominciato a logorarsi in favore di un nuovo paradigma produttivo definito “post-fordismo”, in cui la parola chiave è divenuta “flessibilità”. Questa nuova fase ha gradualmente determinato lo smantellamento dell’impresa mediante la pratica dell’outsourcing, passando così da un sistema produttivo integrato ad uno frazionato tra numerose imprese. Di fronte ad un contesto produttivo trasformato, il legislatore ha dovuto ripensare all’inquadramento dei fenomeni di decentramento, mutando la configurazione normativa vigente e ripensando alle “classiche” forme di tutela dei lavoratori.

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1 Introduzione Cambiamento dell’impresa e trasformazione del lavoro, e della relativa disciplina, sono due aspetti che nella seconda metà del secolo passato sono andati di pari passo. Il XX secolo è stato principalmente caratterizzato dalla logica di produzione integrata, conosciuta come “Fordismo”. In tale contesto produttivo, negli anni’ 60 la risposta dal legislatore è stata quella di predisporre un forte sistema garantista, volto a tutelare il lavoratore ed ostacolare una particolare forma di decentramento intravista in ottica elusiva, ovvero quella della sola attività lavorativa. Infatti, con la l. 1369/1960 il legislatore aveva affermato il “divieto di interposizione di manodopera”, vietando la quasi totalità delle forme di utilizzazione e acquisizione indiretta e scaricando, mediante l’imputazione del lavoratore all’effettivo utilizzatore, oneri e costi sul datore di lavoro formale 1 . Tuttavia, a causa di vari fattori, intorno agli anni ’70 il modello d’impresa fordista ha cominciato a logorarsi in favore di un nuovo paradigma produttivo definito “post-fordismo”, in cui la parola chiave è divenuta “flessibilità”. Questa nuova fase ha gradualmente determinato lo smantellamento dell’impresa mediante la pratica dell’outsourcing, passando così da un sistema produttivo integrato ad uno frazionato tra numerose imprese. Di fronte ad un contesto produttivo trasformato, il legislatore ha dovuto ripensare all’inquadramento dei fenomeni di decentramento, mutando la configurazione normativa vigente e ripensando alle “classiche” forme di tutela dei lavoratori. Dopo una prima deroga al divieto d’interposizione avutasi con la l. 196/1997, la quale ha per la prima volta legittimato il lavoro temporaneo mediante agenzia (cd. “lavoro interinale”), le esigenze del contesto produttivo moderno hanno reso necessaria una modificazione significativa della disciplina del ‘60. In tale ottica si è inserito il d.lgs. 276 del 2003 (cd. Legge Biagi), la riforma del diritto del lavoro che ha legittimato e regolamentato ampiamente le varie forme di decentramento già diffuse nella realtà economica contemporanea, tenendo conto sia dell’interesse dei lavoratori che 1 In tal orientamento, il datore di lavoratore formale era reputato il soggetto che effettivamente godeva della prestazione lavorativa. Il lavoratore illegittimamente utilizzato veniva così tutelato mediante il proprio collegamento al soggetto “forte”, titolare dei mezzi di produzione

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