1
Introduzione
Cambiamento dell’impresa e trasformazione del lavoro, e della relativa
disciplina, sono due aspetti che nella seconda metà del secolo passato sono andati di
pari passo.
Il XX secolo è stato principalmente caratterizzato dalla logica di produzione
integrata, conosciuta come “Fordismo”. In tale contesto produttivo, negli anni’ 60 la
risposta dal legislatore è stata quella di predisporre un forte sistema garantista, volto a
tutelare il lavoratore ed ostacolare una particolare forma di decentramento intravista in
ottica elusiva, ovvero quella della sola attività lavorativa. Infatti, con la l. 1369/1960 il
legislatore aveva affermato il “divieto di interposizione di manodopera”, vietando la
quasi totalità delle forme di utilizzazione e acquisizione indiretta e scaricando, mediante
l’imputazione del lavoratore all’effettivo utilizzatore, oneri e costi sul datore di lavoro
formale
1
.
Tuttavia, a causa di vari fattori, intorno agli anni ’70 il modello d’impresa
fordista ha cominciato a logorarsi in favore di un nuovo paradigma produttivo definito
“post-fordismo”, in cui la parola chiave è divenuta “flessibilità”. Questa nuova fase ha
gradualmente determinato lo smantellamento dell’impresa mediante la pratica
dell’outsourcing, passando così da un sistema produttivo integrato ad uno frazionato tra
numerose imprese. Di fronte ad un contesto produttivo trasformato, il legislatore ha
dovuto ripensare all’inquadramento dei fenomeni di decentramento, mutando la
configurazione normativa vigente e ripensando alle “classiche” forme di tutela dei
lavoratori.
Dopo una prima deroga al divieto d’interposizione avutasi con la l. 196/1997, la
quale ha per la prima volta legittimato il lavoro temporaneo mediante agenzia (cd.
“lavoro interinale”), le esigenze del contesto produttivo moderno hanno reso necessaria
una modificazione significativa della disciplina del ‘60. In tale ottica si è inserito il
d.lgs. 276 del 2003 (cd. Legge Biagi), la riforma del diritto del lavoro che ha legittimato
e regolamentato ampiamente le varie forme di decentramento già diffuse nella realtà
economica contemporanea, tenendo conto sia dell’interesse dei lavoratori che
1
In tal orientamento, il datore di lavoratore formale era reputato il soggetto che effettivamente godeva
della prestazione lavorativa. Il lavoratore illegittimamente utilizzato veniva così tutelato mediante il
proprio collegamento al soggetto “forte”, titolare dei mezzi di produzione
2
dell’esigenze delle imprese operanti in una economia globalizzata, ponendo così fine
alla disciplina garantista della l. n. 1369/1960.
Tuttavia, il fenomeno di decentramento e di utilizzazione indiretta di
manodopera, nonostante sia un fenomeno economico, ha inevitabilmente un impatto
sull’occupazione e sulle condizioni di lavoro dei lavoratori.
Attraverso una incessante ricerca di equilibrio tra riconoscimento del
decentramento e tutela dei lavoratori coinvolti, con il d.lgs. 276/2003 ed i successivi
interventi legislativi, le novità più rilevanti hanno riguardato proprio le tecniche di tutela
allestite dal legislatore. Egli ha abbandonato quel sistema sanzionatorio proprio della l.
1369/60, fondato sul collegamento del lavoratore all’effettivo utilizzatore, sostituendolo
con strumenti maggiormente efficaci nella tutela dei lavoratori coinvolti nel
decentramento.
In tale ottica, i due principali meccanismi di garanzia, ai quali verrà posta
attenzione nell’elaborato, sono due: il principio della parità di trattamento e la regola
della responsabilità solidale all’interno della somministrazione e dell’appalto (i due
strumenti più rilevanti di decentramento).
Il principio della parità di trattamento ha subito importanti mutamenti nel corso
dei ripetuti interventi legislativi che si sono succeduti negli anni. Già previsto dal
legislatore del ’60 con riferimento ai cd. “appalti interni” e dalla l. 196/97 relativamente
al “lavoro interinale temporaneo”, mediante il d.lgs. 276/2003 il legislatore ha apportato
un’importante e sostanziale modifica al campo applicativo. In particolare, tale regola
paritaria è stata superata per quanto riguarda gli appalti, rimanendo invece in vigore,
seppur mutata nella sostanza, esclusivamente per la somministrazione di manodopera.
Per di più, gli interventi successivi al 2003 hanno ulteriormente modificato tale
strumento di tutela dei lavoratori somministrati.
Invece, con il d.lgs. 276/2003 il principio della responsabilità solidale è divenuto
lo strumento comune a tutte le forme di decentramento, mediante il quale il legislatore
ha mirato a corresponsabilizzare gli imprenditori beneficiari del processo di
outsourcing, passando così da un sistema di responsabilità accentrate ad uno di
coopartecipazione. Largamente disciplinato dal d.lgs. 276/2003 e modificato dai
successivi interventi legislativi, questo strumento è divenuto la tutela principale dei
lavoratori coinvolti nelle situazioni di decentramento produttivo d’impresa.
Per quanto concerne la somministrazione di manodopera, ampiamente
disciplinata con il d.lgs. 276/2003 e successivamente liberalizzata con il d.lgs. 81/2015,
3
a fronte delle situazioni negative che avrebbero potuto discendere verso i lavoratori
somministrati, il legislatore con l’intervento del 2003 ha affiancato la regola della
responsabilità solidale al principio della parità di trattamento, garantendo un equilibrio
tra libertà economica e tutela dei lavoratori. La regola solidale, nonostante per un certo
verso sia stata mutata con i vari interventi legislativi, ha mantenuto una certa costanza
negli anni, diventando una ordinaria forma di tutela per i lavoratori somministrati.
Anche per quanto concerne l’istituto dell’appalto, se da una parte il legislatore è
intervenuto negli anni in favore di una sua liberalizzazione e ampliamento, da un'altra
ha predisposto un penetrante sistema di tutela dei lavoratori coinvolti nel processo.
Abbandonando il principio della parità di trattamento con il d.lgs. 276/2003, la regola
della responsabilità solidale contenuta nell’art. 29, co. 2, d.lgs. 276/2003, si è accinta a
diventare il meccanismo principale di tutela dei lavoratori nell’appalto, volta a limitare
situazioni distorsive e responsabilizzare i partner commerciali.
A causa delle incertezze sia applicative sia di efficacia nella tutela dei lavoratori
coinvolti nell’appalto, tale forma di garanzia ha modificato profondamente i suoi confini
negli anni. Infatti, l’art. 29, co. 2, d.lgs. 276/2003 è divenuta una delle norme più
tormentate negli ultimi due decenni, sottoposta ripetutamente ad interventi riformatori:
l’art. 6, co. 1, d.lgs. 251/2004; l’art. 1, co. 911, l. 296/2006; l’art. 21, co. 1, d.l. 5/2012
(convertito in l. 35/2012); l’art. 4, co. 31, l. 92/2012; l’art. 28, co. 2, d.lgs. 175/2014;
conclusivamente, l’art. 2, co. 1, d.l. 25/2017 (convertito, senza modificazioni, in l.
49/2017). Si è trattato di provvedimenti volti a ristrutturare la regola della responsabilità
solidale nell’appalto, con riferimento all’insieme dei crediti in oggetto della garanzia, ai
soggetti destinatari (attivi e passivi), alla derogabilità ad opera della contrattazione
collettiva ed al regime processuale.
E’ quindi evidente che, nel contesto produttivo moderno, la responsabilità
solidale sia il punto di riferimento essenziale per la tutela del lavoratore impiegato nei
fenomeni di outsourcing, seppur non esente da critiche e incertezze.
L’obiettivo di questo elaborato è quello di ripercorrere l’evoluzione delle forme
di tutela dei lavoratori coinvolti nell’appalto e nella somministrazione di manodopera,
con specifico riferimento al principio della parità di trattamento e, principalmente, alla
regola della responsabilità solidale. Inoltre, verranno evidenziate le principali critiche e
problematiche sottostanti le varie riforme, cercando in questi interventi di individuare
elementi che ci facciano comprendere la loro capacità di porre in essere una pervasiva
tutela dei lavoratori coinvolti.
4
Capitolo 1. Evoluzione normativa del “sistema di tutele” nei processi di
decentramento produttivo
1.1 Definizione di decentramento e utilizzazione indiretta del lavoro
Nell’economia contemporanea, la progressiva espansione del fenomeno del
decentramento (o outsourcing) dell’attività imprenditoriale ha richiesto un’appropriata
disciplina, sia con l’intento di regolare accuratamente il fenomeno in questione, sia per
l’esigenza di tutelare i relativi lavoratori sottoposti.
Con il termine decentramento, detto altresì “outsourcing” o esternalizzazione,
s’intende attribuire a fornitori esterni alla compagine aziendale un’attività (o mansioni/
prestazioni di lavoro) precedentemente svolta all’interno dell’impresa. Boin definisce
outsourcing “il processo attraverso il quale le aziende assegnano stabilmente a fornitori
esterni […], per un periodo contrattualmente definito, la gestione operativa di una o più
funzioni in precedenza svolte all’interno”
2
. Ancora, “Modalità di organizzazione esterna
dei servizi [e della produzione] per la cui attuazione è necessario formalizzare, tra
l’impresa che esternalizza (outsourcee) ed una società già operante in quel settore
specifico (outsourcer), una serie di contratti associativi e/o di scambio che impegnano le
parti in investimenti contigui ed in forme di collaborazione sul piano della progettazione
e/o della produzione dei servizi oggetto dello scambio stesso”
3
. Infine, Boisseau
definisce outsourcing “l’assegnazione stabile ad un fornitore esterno delle gestione
operativa di una o più funzioni aziendali con responsabilità totale sui risultati”
4
.
Dalle definizioni date dai vari autori, affiora che il fenomeno in questione si
fonda su una relazione articolata tra fornitore e cliente, sorretta da un fondamentale
rapporto di fiducia e collaborazione, necessario a dar attuazione ad un contratto che
richiede un coinvolgimento del fornitore nelle strategie di lungo termine del cliente.
Emerge quindi che la fiducia riveste una funzione fondamentale in quanto il fornitore
svolge l’importante ruolo di “partner”. Inoltre, la scelta di esternalizzare compete
2
BOIN A., SAVOLDELLI S., MERLINO G. (1998), Outsourcing: uno strumento operativo o una
moda?, in Sistemi & impresa, n.1, Gennaio-febbraio pp. 49-54.
3
GIACOMAZZI R. (1998), Una medicina da assumere con cautela, in L’impresa, n.6, p. 43.
4
BOISSEAU A. (1990), Outsourcing Companies facing scrutiny on financial incentives, Housten
Chronicle, p.12.
5
all’imprenditore, il quale dovrà aver riguardo alla convenienza, oneri e responsabilità
addizionali connessi a tale circostanza.
Il fenomeno dell’outsourcing non presenta netti confini tali da definire un quadro
giuridico chiaro e definito, piuttosto questo si compone di molteplici direzioni
operative. È ravvisabile che, nella maggior parte delle situazioni, l’esternalizzazione si
compone di due fasi: in una prima, l’attività viene ceduta a fornitori esterni e poi, in una
seconda, attraverso contratti specifici viene riacquisita all’interno dell’impresa
(insourcing). Si ha quindi una progressiva sostituzione della produzione interna
mediante l’acquisto all’esterno di prodotti, usando i soliti fattori produttivi impiegati
precedentemente dall’impresa committente
5
. Non di rado però, la modifica
organizzativa assume la forma di una delocalizzazione interna, ovvero attraverso la
cessione di una parte delle attività a fornitori esterni che però permangono all’interno
del perimetro dell’impresa e cui il committente continua ad utilizzare come in
precedenza, se pur in funzione di contratti di fornitura. Inoltre, è altrettanto frequente
che fasi del processo produttivo non siano attribuiti a singoli fornitori esterni
all’impresa, ma piuttosto ad una vastità di imprese
6
, rendendo più distanti rischi,
rilevanti decisioni, costi e lavoratori dal centro decisionale effettivo.
Le relazioni tra imprese partner incidono sulle dinamiche organizzative, sia
esterne che interne
7
. Un aspetto risiede nel fatto che l’outsourcing può creare una forte
integrazione organizzativa. Infatti, la “contractual integration” genera una situazione in
cui l’impresa fornitrice, che svolge la sua attività in modo stabile e continuativo, diviene
parte integrante della rete di valore del committente
8
e fondamentale per plasmare le
esigenze di quest’ultimo
9
. Però, come possiamo scorgere, tutti gli eventi, situazioni e
scelte economico-produttive dell’outsourcee possono avere una ripercussione sul
fornitore e sui suoi dipendenti, sia in senso positivo che negativo. Inoltre, il datore di
lavoro formale (o outsourcer) si trova in una posizione di subordinazione economica nei
confronti dell’outsourcee, e l’interesse di quest’ultimo ad una corretta esecuzione del
5
DE LUCA TAMAJO R. (2007), Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva
comparata: scenari e strumenti, RIDL, I, p. 9.
6
Si pensi per esempio agli strumenti del contratto di appalto e subappalto.
7
SPEZIALE V. (2006), Le esternalizzazioni dei processi produttivi dopo il d.lgs. n.276 del 2003:
proposte di riforma, RGL, I.
8
In questo caso i dipendenti dell’outsourcer operano in modo direttamente strumentale per soddisfare le
esigenze del committente.
9
Si veda: CORAZZA L. (2004), “Contractual integration” e rapporti di lavoro. Uno studio sulle
tecniche di tutela del lavoratore, Padova, Cedam; SPEZIALE V. (2006), Le esternalizzazioni dei processi
produttivi dopo il d.lgs. n.276 del 2003: proposte di riforma, cit.
6
lavoro genera una continua ingerenza sull’impresa e sull’organizzazione del lavoro del
datore. Quindi, una riduzione legale di poteri dell’outsourcee sui dipendenti
10
del
fornitore è equilibrata da un potere di natura contrattuale del cliente nei confronti
dell’outsourcer.
Il decentramento può concernere sia qualsiasi fase dell’attività produttiva sia il
lavoro. Difatti, i processi di decentramento possono riguardare anche il processo di
reclutamento della forza lavoro, rientrando nel concetto di insourcing: la
somministrazione del lavoro, distacco, lavoro temporaneo, ecc,, contribuiscono a
costruire un “mercato esterno del lavoro”, utilizzato a seconda delle diverse esigenze
aziendali e talvolta per re-internalizzare lavoratori precedentemente esternalizzati
11
.
Ecco che assumono importanza quelle figure giuridiche che realizzano “l’utilizzazione
indiretta del lavoro”, ovvero quando un soggetto dispone o beneficia del lavoro di
dipendenti assunti non da lui, ma da un altro soggetto che è il datore di lavoro
12
. Quindi
tra outsourcing e l’utilizzazione indiretta di lavoro sussiste un rapporto di mezzo al
fine
13
, e “le forme indirette di utilizzazione della manodopera [costituiscono] il ponte di
passaggio verso più articolati sistemi produttivi”
14
.
Tra le forme di utilizzazione indiretta di manodopera il legislatore ha previsto
l’appalto, il subappalto, la somministrazione di lavoro, il distacco. Inoltre,
nell’interpretazione di alcuni autori, la somministrazione non viene inquadrata come un
processo di esternalizzazione di natura industriale: i lavoratori in somministrazione
operano all’interno dell’impresa a fianco dei dipendenti diretti di questa, rendendo lo
strumento un meccanismo per re-internalizzare piuttosto che decentrare
15
. Come
abbiamo anche precedentemente sottolineato, quello che in questa forma giuridica viene
10
L’ordinamento prevede che il potere direttivo, disciplinare, di controllo e lo ius variandi non possa
esser esercitato nei confronti di quei soggetti che non sono propri dipendenti. Ciò con esclusione della
somministrazione, in cui il potere direttivo e organizzativo sono nelle mani dell’utilizzatore, mentre
quello disciplinare è riservato al somministratore. Sarà così l’utilizzatore a comunicare all’agenzia la
violazione commessa dal lavoratore e che formerà oggetto della contestazione (art. 7 della L. 300/1970).
11
DE LUCA TAMAJO R. (2007), Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva
comparata: scenari e strumenti, cit., p. 7.
12
CARINCI M. T. (2013), Utilizzazione e acquisizione indiretta del lavoro. Somministrazione e distacco,
appalto e subappalto, trasferimento d'azienda e di ramo, Giappichelli, p.1.
13
Ibidem, p.2.
14
Cfr. MAZZOTTA O. (1979), Rapporti interpositori e contratto di lavoro, Milano, Giuffrè, p.10.
15
BRIGNONE A. (2012), La responsabilità solidale nelle esternalizzazioni. La garanzia dei crediti
nell’appalto, nel trasferimento di azienda e nella somministrazione, Milano, Giuffrè, p. 14.
7
realizzato non è tanto un decentramento della produzione, bensì della “funzione di
reclutamento del personale”
16
Per contro, senza starci troppo a dilungare, dobbiamo ricordare che vi sono
imprese che tutt’oggi scelgono di svolgere all’interno tutte le fasi del processo
produttivo. Una prima motivazione risiede nella volontà di mantenere il controllo su
tutta la filiera produttiva, al fine di garantire la qualità del prodotto. Difatti, spesso le
imprese hanno registrato conseguenze negative nel decentramento di alcune fasi
produttive, nonostante abbiano mantenuto il controllo diretto su tali fasi. Inoltre,
ripensamenti sono derivati da comportamenti opportunisti del fornitore,
dall’inadempimento degli obblighi propri dell’outsourcer, dalla perdita del know-how
dell’outsourcee, dalla bassa propensione all’innovazione e al miglioramento da parte del
fornitore, nonché dall’attenzione al contesto sociale e motivazioni etiche
17
.
Inoltre, quel che emerge dall’attuale mercato globalizzato, è una distinzione tra
piccola e grande impresa. La struttura organizzativa della prima è prevalentemente
orientata sul modello verticale tipico del modello Fordista ( di cui accenneremo tra
poco), in cui tende a svolgere l’intero processo produttivo; differentemente, nella grande
impresa, l’attività è caratterizzata dalla segmentazione delle fasi del processo
produttivo, facendo sostanzialmente emergere l’immagine de labirinto
18
.
1.2 I mutamenti dei processi produttivi: dal Fordismo al post- Fordismo
Il XX secolo è stato principalmente caratterizzato dalla logica di produzione
conosciuta come Fordismo. Tale sistema poggiò le basi sul taylorismo, fulcro della
“teoria dell’organizzazione scientifica del lavoro”. Taylor, con lo scopo di rispondere
alle esigenze dei grandi gruppi industriali americani
19
, predispose in modo teorico un
sistema basato sulla parcellizzazione del lavoro degli operai, nonché incentrato sulla
suddivisione dei loro compiti in mansioni semplici, standardizzate ed eseguite in tempi
16
DE LUCA TAMAJO R. (2007), Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva
comparata: scenari e strumenti, cit., p. 7.
17
BRIGNONE A. (2012), La responsabilità solidale nelle esternalizzazioni. La garanzia dei crediti
nell’appalto, nel trasferimento di azienda e nella somministrazione, cit., p. 10.
18
Ibidem, p. 4; PERULLI A. (2007), Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva
comparata: problemi e prospettive, RIDL, I, pp. 31 ss.
19
L’esigenza prevalente riguardava l’ottimizzazione del ciclo produttivo, un’utilizzazione più razionale
della forza lavoro (soprattutto non qualificata) e una riduzione degli sprechi.
8
prestabiliti. Abbattimenti degli sprechi, efficienza e ottimizzazione erano gli obiettivi
fondamentali.
Il nuovo sistema di produzione sviluppato da Henry Ford (c.d. Fordismo), era
incentrato su alcuni pilastri fondamentali: azienda di grandi dimensioni con produzione
di massa ed utilizzo della catena di montaggio, integrazione verticale della produzione,
consumo di massa, sfruttamento delle economie di scala, utilizzo delle tecnologie nella
produzione. Uno degli obiettivi di Henry Ford era quello di ridurre i costi della
produzione: il Fordismo era il mezzo per raggiungere il fine.
In Europa questo modello di produzione venne introdotto tra le due Guerre, ma
il suo successo si ebbe solo successivamente alla Seconda Guerra Mondiale.
Tuttavia, intorno a gli anni ’70, la logica produttiva fordista ha subito un
cambiamento, a causa della mutevolezza ambientale e del mercato
20
, dell’introduzione
delle innovazioni
21
, della necessità di stare al passo dei tempi, della conflittualità sociale
degli anni ‘70. Inoltre, a causa della saturazione della domanda dei beni durevoli, è
venuto meno l’assunto fordista di base che sanciva la possibilità di aumento indefinito
del volume di produzione. Accanto a ciò, la produzione di massa tipica fordista era
entrata in crisi con l’introduzione sul mercato di nuovi prodotti tecnologici e con la
crescente domanda di prodotti diversificati.
Inoltre, la crisi degli anni ‘70 ha fatto venir a galla i principali limiti del
fordismo: strutture eccessivamente rigide, lentezza decisionale, risorse talvolta
eccedenti, necessità di competere globalmente, una condivisa esigenza di strutture più
elastiche e flessibili al fine di soddisfare le esigenze sempre più mutevoli del cliente
22
.
Conseguentemente, il modello d’impresa finora dominante ha cominciato a
logorarsi, in favore di un nuovo paradigma produttivo chiamato “post-fordismo”.
Difatti, progressivamente si è passati da un modello di produzione di massa ad un
modello “customer oriented”, incentrato sulla diversificazione della produzione,
sull’innovazioni e tecnologie, sulla ricerca costante dell’incremento della redditività e
della riduzione dei tempi di produzione. “Flessibilità” è la parola chiave del nuovo
20
Tra gli anni ’70 ed ’80, gli shock petroliferi hanno innescato una profonda crisi mondiale, con una
riduzione dei tassi di crescita, instabilità dei mercati, forte inflazione e riduzione della domanda. Inoltre,
la crisi petrolifera mette in discussione l’idea della infinita disponibilità delle materie prime e del loro
prezzo decrescente derivante dall’aumento del volume di produzione.
21
L’introduzione delle tecnologie, soprattutto informatiche, ha reso possibile abbassare i costi di una
produzione flessibile, e quindi di beni non standardizzati.
22
DE LUCA TAMAJO R. (2007), Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva
comparata: scenari e strumenti, cit., pp. 3 ss.
9
paradigma, orientato prioritariamente, da un punto di vista economico, alla riduzione dei
costi.
L’avvio di questa nuova fase ha determinato lo smantellamento della
complessità aziendale fordista, sia da un punto di vista strutturale che organico,
attraverso la prassi dell’outsourcing. Le forme collaborative esterne sono diventate
essenziali per le aziende al fine di poter affrontare più efficacemente i cambiamenti
tecnologici, l’aumento della concorrenza estera e le spinte concorrenziali che erano
diventate sempre più aggressive
23
. Infatti, il post-fordismo è caratterizzato dal passaggio
da un sistema produttivo integrato (tipico del Fordismo) ad uno che vede il ciclo
produttivo frazionato tra numerose imprese al fine di realizzare il prodotto finale.
Questo nuovo modello organizzativo tende a concentrare le attività a cui è collegato un
differenziale competitivo ed esternalizzare invece quelle non strategiche, sia inerenti
alla produzione che la fornitura servizi vari
24
. Conseguentemente, la dimensione
aziendale cala, dando lavoro a imprese più piccole e stimolando la creazione di nuove
imprese.
L’impresa Fordista esplose, frammentandosi in molteplici strutture dotate di
variabile autonomia economica e funzionale
25
. L’immagine che più rispecchia il
fenomeno in questione è quella della “rete” o meglio ancora del “labirinto”
26
, che
segnano sostanzialmente il superamento del modello capitalistico novecentesco.
Come quindi emerge da vari studi, il fenomeno dell’outsourcing, nonostante
tragga le sue origini dal passato, è cresciuto esponenzialmente dopo la Seconda guerra
mondiale, e conseguentemente allo smantellamento dell’impresa fordista. Il suo primo
largo utilizzo è riconducibile al Giappone, in particolare nei grandi “keiretsu”,
raggruppamenti di imprese operanti in diversi settori dell’industria e del commercio,
connessi tra loro. Questa organizzazione d’impresa necessitava di uno stretto rapporto
tra cliente e fornitore. Inoltre, sempre negli anni alla Seconda Guerra Mondiale,
possiamo scorgerne un largo utilizzo nel nuovo modello gestionale Toyota, orientato
23
PROVASI R. (2004), Lo sviluppo dell’outsourcing strategico, disponibile al sito:
http://dx.doi.org/10.13132/2038-5498/2004.4.1-25. Paper presentato al VIII° Convegno Annuale AIDEA
Giovanni, Catanzaro 6-7 dicembre 2002.
24
GAROFALO D. (2018), Lavoro, impresa e trasformazioni organizzative, Relazione alle giornate di
studio Aidlass 2017, dattiloscritto disponibile al sito:
hiip://www.aidlass.it/wpcontent/uploads/2017/04/GAROFALO-RELAZIONE-AIDLASS-9-5-2017.pdf,
p. 4.
25
DE LUCA TAMAJO R. (2007), Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva
comparata: scenari e strumenti, cit., p. 6.
26
PERULLI A. (2007), Diritto del lavoro e decentramento produttivo in una prospettiva comparata:
problemi e prospettive, cit., p. 29.