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Il processo penale alle persone giuridiche nel d. lgs. 8 giugno 2001, n. 231

Dando attuazione all'art. 11, comma 1 lett. q) legge n. 300 del 2000, il d.lgs. n. 231 del 2001 ha introdotto una nuova disciplina in tema di responsabilità amministrativa degli enti, società o associazioni, anche prive di personalità giuridica. Delineato il quadro normativo comunitario in cui si inserisce il testo normativo, è accennata la tematica della natura della responsabilità degli enti. Sono, poi, illustrati i caratteri generali sostanziali del d. lgs. 231/2001; sono affrontati più nel dettaglio, invece, i profili della responsabilità degli enti sul versante processuale. L’analisi delinea la nuova normativa che, nell’accertare la responsabilità delle imprese per illeciti amministrativi dipendenti da reato, osserva le norme richiamate al Capo III del decreto stesso, nonchè le disposizioni del codice di procedura penale e del decreto legislativo n. 271 del 1989, in quanto compatibili.

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1. La lotta internazionale alla corruzione Il decreto legislativo 8 giugno del 2001, n. 231, è il risultato di un lungo iter legislativo che ha visto l’Italia partecipe del quadro internazionale alla lotta contro la criminalità d’impresa. Con una riforma, ritenuta «ormai improcrastinabile» 1 , il nostro sistema penale ha subito una notevole modernizzazione, andando a recepire un concetto, quale la responsabilità delle persone giuridiche, contrario al brocardo «societas delinquere non potest» che, da sempre, aveva caratterizzato il diritto penale italiano. L’innovazione è innegabile: prima dell’entrata in vigore della l. 300/2000, il soggetto attivo di un reato poteva essere esclusivamente una persona fisica, in quanto un vero e proprio sbarramento all’estensione della responsabilità in capo agli enti, pur dotati di personalità giuridica, era rappresentato dal principio costituzionale, di cui all’art. 27, «la responsabilità penale è personale» 2 . La conferma di un’ assenza di responsabilità penale in capo alle persone giuridiche trovava conferma nell’art. 197 c.p., il quale prevede a carico degli enti, e in relazione ai reati commessi da soggetti che ne abbiano la rappresentanza, solo un’obbligazione di garanzia, volta al pagamento di una somma di denaro a titolo di multa, in caso di insolvibilità del condannato, e solo nel caso in cui il reato sia stato commesso nell’interesse della persona giuridica. L’insufficienza di tale disciplina è sempre stata evidente, ma per comprendere le motivazioni alla base di un cambiamento così radicale del nostro sistema, bisogna, tratteggiare la situazione internazionale, alla cui luce la “rivoluzione copernicana” 3 ha mosso i primi passi. 1 Relazione allo schema di decreto legislativo recante: disciplina delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica (approvato dal Consiglio dei Ministri nella seduta dell’11 aprile 2001), sub I, 1. 2 Per approfondimenti sul punto e vari orientamenti dottrinali v. infra cap. I, par. 2.1, in nota. 3 In questi termini ne parla MANNA, La c.d. responsabilità amministrativa delle persone giuridiche: il punto di vista del penalista, in Cass. pen., 2003, 1101.

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