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I distretti industriali: un caso di successo dell'economia italiana

Nel presente lavoro è riportato uno studio approfondito sui distretti industriali italiani.
Alla fine del lavoro viene dimostrata la tesi iniziale che presenta i distretti industriali come un caso di successo dell’economia italiana.
Partendo da un’analisi teorica basata sulla Nuova geografia Economica (NEG), che rappresenta un ramo delle scienze economiche spaziali, esposta nel 1° Capitolo, si è poi passati nel 2° Capitolo ad inserire in tale contesto il fenomeno dei Distretti Industriali quale entità economica di agglomerazione di tipo marshalliano.
Il 3° Capitolo è costituito da un’ampia e dettagliata panoramica di 10 anni di evoluzione dei distretti italiani basata su una serie di studi (IPI Istat, Censis) tra cui il più recente è quello dell’IPI (L’esperienza Italiana dei Distretti italiani) che si è preso come riferimento principale in quanto a sua volta comparativo degli altri.
In Appendice è riportato anche un caso locale di distretto industriale di successo (Distretto Nocera - Gragnano).

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31. La Nuova Geografia Economica 1. Geografia economica e commercio internazionale La tradizionale teoria del commercio internazionale, fondata su una serie di contributi che vanno da Ricardo ad Ohlin, tendeva ad interpretare gli scambi fra economie come risultato della loro specializzazione produttiva. Tale specializzazione veniva spiegata o sulla base di loro differenti tecnologie o sulla base di diverse dotazioni di fattori, come ad esempio risorse naturali e popolazione, e dei conseguenti vantaggi relativi nella produzione di beni diversi. I mercati dei beni erano caratterizzati, di norma, da piena mobilità, mentre quelli dei fattori produttivi da mobilità nulla. Pur essendone riconosciuta l’importanza, nessun ruolo veniva attribuito ai costi di trasporto ed alla concentrazione delle imprese rispetto ai mercati. Come sottolinea Krugman 1 , la tendenza degli studiosi di economia internazionale a chiudere gli occhi davanti al fatto che i paesi occupano spazio ed esistono nello spazio, non è un buon presupposto per capire il funzionamento dell’economia internazionale stessa poiché si ignora quello che accade all’interno dei paesi: se s’intende spiegare le differenze tra i tassi nazionali di crescita, un buon punto di partenza sta nell’esaminare le differenze nella crescita regionale. Una delle tesi dell’economista americano è che l’economia internazionale dovrebbe essere un aspetto particolare della geografia economica. Se ci chiediamo qual è il carattere che della geografia dell’attività economica colpisce di più, la risposta più breve è sicuramente la concentrazione. Si pensi agli Stati Uniti, dove la maggior parte della popolazione di un paese vasto e fertile abita alcuni tratti delle due coste e la regione dei Grandi Laghi; in queste fasce si possono poi identificare un pugno di aree urbane densamente popolate in cui la concentrazione è ancora più alta; queste aree urbane sono a loro volta altamente specializzate, cosicché la produzione di molte industrie è notevolmente concentrata nello spazio. È possibile, perciò, affermare che tale concentrazione è la prova evidente dell’onnipresente influenza di qualche genere di rendimenti crescenti o economie di scala. Ed ecco il problema; per dire qualcosa sulla concentrazione è necessario abbandonare l’approccio basato sui rendimenti costanti e la concorrenza peretta, visto che considerando la possibilità di rendimenti crescenti, le grandi 1 KRUGMAN, “Geografia e commercio internazionale” Ed. Garzanti, 1995.

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Parole chiave

agglomerazione
clusters
distretti industriali
forze di agglomerazione
marshall
nuova geografia economica
rendimenti crescenti
istat
scienze economiche spaziali
censis
neg
nocera-gragnano
ipi
commercio internazionale

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