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I confini tra parallelismo consapevole e pratica concordata

La problematica affrontata in questo lavoro riguarda quei cartelli che sembrano nascere e sopravvivere senza che le imprese facciano alcunché di illegale. Ci si riferisce al cosiddetto fenomeno del parallelismo consapevole dei comportamenti: cioè le imprese che teoricamente dovrebbero essere concorrenti su un mercato si trovano ad attuare politiche che potrebbero dirsi comuni e così facendo riescono a raggiungere un risultato sovra concorrenziale, simile a quello ottenuto da un monopolista. Le imprese giungono, però, a questo risultato senza che le stesse abbiano necessità di comunicare tra loro, di scambiarsi informazioni o di stringere un qualche tipo di accordo anche informale. I partecipanti ad un mercato, in tale situazioni, si limitano ad effettuare scelte indipendenti e razionali, nella sola consapevolezza che le loro azioni sono interdipendenti a quelle compiute dai concorrenti. Tale interdipendenza porta le imprese a mantenere comportamenti collusivi nella speranza che anche gli altri imprenditori prendano decisioni che vanno in tal verso. Se questo avviene, da un lato le imprese potranno godere di extra profitti, dall’altro si osserverà una diminuzione del benessere economico complessivo.
Quali indicazioni possiamo, quindi, trarre dalla teoria economica e dalla giurisprudenza per valutare il fenomeno del parallelismo dei comportamenti? In quali casi possiamo usare la fattispecie dell’intesa per punire tali comportamenti che sembrano violare un meccanismo concorrenziale? E fino a che punto, perciò, possiamo spingere la fattispecie della pratica concordata per punire i cartelli tra imprese? Ovviamente è difficile dare una risposta certa a questi interrogativi specie se si pensa che proprio nei casi in cui le imprese colludono tacitamente o in casi di oligopoli ristretti ( che sono quelli che provocano i maggiori danni al sistema economico) è impossibile, o estremamente difficile, trovare indizi chiari di concertazione. Il problema sarà, perciò, quello di tentare di capire fino a che punto gli strumenti forniti dall’economia possono essere usati come prova di un comportamento illegale.

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6 INTRODUZIONE L’obiettivo del diritto della concorrenza è il controllo del potere di mercato, la manifestazione più evidente di tale potere la si osserva nei profitti sovra concorrenziali che riescono a guadagnare i monopolisti e i cartelli tra imprese. In tali situazioni la forza economica delle imprese rischia di danneggiare la società diminuendo il benessere collettivo: questa convinzione ha permesso la nascita e lo sviluppo del diritto antitrust. In questo lavoro ci concentreremo sulla disciplina delle intese, lo strumento in mano all’antitrust per punire i cartelli tra imprese concorrenti. I danni economici che possono derivare dall’implementazione di cartelli collusivi, come vedremo, sono enormi, tanto che spesso il problema sembra sottovalutato se si guarda all’effettivo detrimento che questi causano al sistema economico. Appare, quindi, come una necessità l’impedire che le imprese possano accordarsi per spartirsi il mercato o per praticare prezzi estremamente elevati. La problematica affrontata in questo lavoro riguarda quei cartelli che sembrano nascere e sopravvivere senza che le imprese facciano alcunché di illegale. Ci si riferisce al cosiddetto fenomeno del parallelismo consapevole dei comportamenti: cioè le imprese che teoricamente dovrebbero essere concorrenti su un mercato si trovano ad attuare politiche che potrebbero dirsi comuni e così facendo riescono a raggiungere un risultato sovra concorrenziale, simile a quello ottenuto da un monopolista. Le imprese giungono, però, a questo risultato senza che le stesse abbiano necessità di comunicare tra loro, di scambiarsi informazioni o di stringere un qualche tipo di accordo anche informale. I partecipanti ad un mercato, in tale situazioni, si limitano ad effettuare scelte indipendenti e razionali, nella sola consapevolezza che le loro azioni sono interdipendenti a quelle compiute dai concorrenti. Tale interdipendenza porta le imprese a mantenere comportamenti collusivi nella speranza che anche gli altri imprenditori prendano decisioni che vanno in tal verso. Se questo avviene, da un lato le imprese potranno godere di extra profitti, dall’altro si osserverà una diminuzione del benessere economico complessivo.

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Informazioni tesi

  Autore: Fabio Scotton
  Tipo: Laurea II ciclo (magistrale o specialistica)
  Anno: 2006-07
  Università: Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano
  Facoltà: Economia
  Corso: Scienze dell'economia
  Relatore: Federico  Ghezzi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 204

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Parole chiave

antitrust
collusione tacita
concorrenza
intesa
oligopolio
parallelismo consapevole
pratica concordata
tacit collusion

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