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Gli interpelli tributari nell'ordinamento italiano

Nell’ordinamento tributario italiano, di recente, è stata introdotta una serie di istituti giuridici volti a snellire il contenzioso - si pensi alla conciliazione giudiziale - prevenire le liti tributarie - si pensi all’accertamento con adesione - e a chiarire le regole del rapporto tributario, come l’interpello, nelle sue varie modalità.
Attraverso l’interpello, infatti, è consentito al contribuente di rivolgere all’Amministrazione finanziaria un parere sull’interpretazione di una norma giuridica al fine di conoscere la valutazione della stessa su un certo comportamento dell’istante.
Spetta, poi, a quest’ultimo decidere se conformarsi a quella valutazione o disattenderla: il parere, infatti, non è vincolante (per il contribuente) e nel caso in cui volesse prescinderne si verificherà (solo) una inversione dell’onere della prova: per cui non incomberà più sulla Amministrazione la prova delle ragioni della maggiore pretesa erariale, ma spetterà al contribuente provare la correttezza fiscale del proprio operato.
L’interpello presenta caratteristiche diverse in base alla tipologia dei quesiti proposti, ai soggetti che lo formulano, alle modalità di presentazione e alle conseguenze che derivano dalle risposte e/o dal silenzio dell’Organo di volta in volta investito del parere.
Scopo del presente lavoro è, da un lato, quello di evidenziare il ruolo di centralità dell’istituto all’interno dello Statuto dei diritti del contribuente ponendo in risalto i punti di maggior innovazione rispetto al passato caratterizzato da una minore certezza e trasparenza dei rapporti tra Fisco e contribuente; in secondo luogo, vengono analizzate le singole discipline delle diverse tipologie di interpello, i punti di maggior criticità delle stesse e le differenze.
Il lavoro viene concluso con osservazioni finali ed ipotesi di riforma.

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Parole chiave

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amministrazione finanziaria
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cfc
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società comodo
legge 212/2000

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