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Gli accertamenti fiscali basati sugli studi di settore

Il presente elaborato ha inizio con l’illustrazione di come la riforma tributaria del 1971 ha condizionato il sistema fiscale attualmente vigente in Italia. Al processo di riforma fu assegnato l’onere di semplificare, razionalizzare e rendere sostanzialmente applicabile il sistema tributario italiano che veniva descritto come insostenibile dal punto di visto economico. Prima della riforma, i sistemi di tassazione erano in larga misura fondati su criteri estimativi della misurazione delle imposte dovute. A seguito della riforma fu sancita l’estensione a tutte le imprese del criterio di determinazione del reddito sulla base della contabilità, comportando l’assoggettamento della maggior parte dei contribuenti a complessi obblighi contabili. La contabilità diventò, dopo gli anni settanta, lo strumento principale per la rilevazione del reddito prodotto e rigido strumento di protezione da accertamenti di natura sintetica, palesando gli effetti generati dalle scelte del legislatore anche sul fronte degli accertamenti fiscali. Adempimenti imposti anche a soggetti sprovvisti di una qualunque forma di organizzazione di carattere amministrativo la cui contabilità rappresentava nient’altro che una sovrastruttura. Si assistette al proliferarsi del numero di accertamenti contabili necessari alla verifica delle dichiarazioni di tutte quelle imprese di piccole dimensioni che, pur assumendo condotte di natura evasiva, presentavano scritture contabili tenute in modo formalmente regolare. Da qui partirà l’analisi presente nel primo capitolo di questo elaborato, illustrando i numerosi tentativi posti in essere dal legislatore per tentare di porre rimedio agli errori di lettura del sistema imprenditoriale italiano. Verranno analizzati, senza pretesa di esaustività, tutti gli strumenti messi in campo a partire dai primi anni ’80 fino ai più recenti studi di settore e, segnatamente, l’accertamento c.d. Visentini, l’accertamento mediante coefficienti presuntivi di ricavi o compensi, la c.d. minimum tax e l’accertamento in base a parametri. Non entreremo nello specifico di ogni singolo strumento, ma, come detto, cercheremo di evidenziarne le caratteristiche e le motivazioni che hanno spinto il legislatore a introdurli. Solo a questo punto potremo offrire al lettore un’ampia analisi degli studi di settore, partendo dalle motivazioni che hanno spinto il legislatore ad affidarsi a forme di predeterminazione del reddito dopo aver conferito alla contabilità un ruolo centrale all’interno del sistema di determinazione del reddito d’impresa.

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11 INTRODUZIONE Il presente elaborato ha inizio con l’illustrazione di come la riforma tributaria del 1971 ha condizionato il sistema fiscale attualmente vigente in Italia. Al processo di riforma fu assegnato l’onere di semplificare, razionalizzare e rendere sostanzialmente applicabile il sistema tributario italiano che veniva descritto come insostenibile dal punto di visto economico. Prima della riforma, i sistemi di tassazione erano in larga misura fondati su criteri estimativi della misurazione delle imposte dovute. A seguito della riforma fu sancita l’estensione a tutte le imprese del criterio di determinazione del reddito sulla base della contabilità, comportando l’assoggettamento della maggior parte dei contribuenti a complessi obblighi contabili. La contabilità diventò, dopo gli anni settanta, lo strumento principale per la rilevazione del reddito prodotto e rigido strumento di protezione da accertamenti di natura sintetica, palesando gli effetti generati dalle scelte del legislatore anche sul fronte degli accertamenti fiscali. Adempimenti imposti anche a soggetti sprovvisti di una qualunque forma di organizzazione di carattere amministrativo la cui contabilità rappresentava nient’altro che una sovrastruttura. Si assistette al proliferarsi del numero di accertamenti contabili necessari alla verifica delle dichiarazioni di tutte quelle imprese di piccole dimensioni che, pur assumendo condotte di natura evasiva, presentavano scritture contabili tenute in modo formalmente regolare. Da qui partirà l’analisi presente nel primo capitolo di questo elaborato, illustrando i numerosi tentativi posti in essere dal legislatore per tentare di porre rimedio agli errori di lettura del sistema imprenditoriale italiano. Verranno analizzati, senza pretesa di esaustività, tutti gli strumenti messi in campo a partire dai primi anni ’80 fino ai più recenti studi di settore e, segnatamente, l’accertamento c.d. Visentini, l’accertamento mediante coefficienti presuntivi di ricavi o compensi, la c.d. minimum tax e l’accertamento in base a parametri. Non entreremo nello specifico di ogni singolo strumento, ma, come detto, cercheremo di evidenziarne le caratteristiche e le motivazioni che hanno spinto il legislatore a introdurli. Solo a questo punto potremo offrire al lettore un’ampia analisi degli studi di settore, partendo dalle motivazioni che hanno spinto il legislatore ad affidarsi a forme di predeterminazione del reddito dopo aver conferito alla contabilità un ruolo centrale all’interno del sistema di determinazione del reddito d’impresa.

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