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Calcio ed economia: scenario competitivo, finanza e strategie di crescita

Menzione di merito nell'ambito della IX edizione del premio di laurea "Artemio Franchi", organizzato dalla Lega Calcio, insieme con la Fondazione Franchi
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All’inizio degli anni ’90 è cominciata l’era del calcio-business. Milioni di euro provenienti dallo sfruttamento dei diritti televisivi, dagli sponsor e dal merchandising hanno sommerso le società professionistiche.
Le società si sono dovute adeguare col tempo alle esigenze del “Dio-Denaro”: nomi dei calciatori dietro le maglie, che hanno assunto forme e colori sempre più “fashion” e sempre meno “tradizionali”, spezzatino del campionato con partite disputate in giorni diversi, orari dei match sempre più impossibili , casi di calciatori acquistati in un’ottica più di merchandising che tecnico-tattica ecc…
I club calcistici si sono preoccupati di rispondere alle esigenze dei propri stakeholders, ma a volte, soprattutto quelli italiani, hanno trascurato lo stakeholder principale, senza il quale il calcio non esisterebbe: il tifoso. Quest’ultimo, privato dei suoi riti e tradizioni, delle sue bandiere e striscioni, dei suoi calciatori simbolo, è sempre più disorientato e intollerante al "Calcio Moderno”.
Come si è arrivati a questa situazione? Come il calcio è diventato un business? Di quali aspetti fondamentali bisogna tener conto nella gestione di una società di calcio? Con riferimento all’Italia, come sono gestite le società di serie A?
La nostra analisi consta di tre parti, per un totale di sei capitoli. La prima parte sarà dedicata all’analisi delle dinamiche competitive del settore e al modello di business adottato dalle società di calcio.
Nel primo capitolo, si evidenzierà in particolare il percorso evolutivo che ha condotto i club sportivi a diventare delle Spa business oriented. Si illustreranno le origini del gioco, il suo sviluppo in Italia, i suoi organi di governo, l’importanza che col tempo ha assunto l’aspetto economico, i principali provvedimenti legislativi che hanno interessato il settore.
Nel secondo capitolo, evidenzieremo le dinamiche tipiche del settore calcio e come le società devono muoversi all’interno del proprio ambito competitivo per raggiungere vantaggi competitivi e creare valore.
La seconda parte della tesi sarà dedicata alle strategie di corporate adottate dai club e all’aspetto finanziario legato alla quotazione in Borsa.
Nel terzo capitolo, infatti, sulla base della catena del valore di Porter si illustreranno i meccanismi di internazionalizzazione delle squadre di calcio, fenomeno in fase di sviluppo in Italia, e si studierà quali attività della catena hanno una maggiore attitudine ad essere internazionalizzate.
Nel quarto capitolo, si sottolineerà come le imprese calcistiche possano operare strategie di diversificazione, conseguendo nuove fonti di ricavo diverse dagli sponsor, dai botteghini e dai diritti tv e derivanti invece da attività di merchandising e gestione diretta dello stadio. Se si guarda alla situazione estera, la strada da percorrere per le società italiane in questa direzione è ancora molto lunga. Come benchmark, sarà presa la gestione del Machester United.
Il quinto capitolo affronterà le criticità derivanti dalla quotazione in Borsa dei titoli azionari emessi. Anche in questo caso si proporrà un confronto tra la realtà italiana e quella estera, ponendo particolare attenzione al contesto inglese. Si cercherà di capire se quotare i propri titoli sulle piazze finanziarie sia stata o meno un’azione positiva.
La terza ed ultima parte vuole essere quella più empirica.
Il sesto capitolo, il più corposo del lavoro dal punto di vista quantitativo, svilupperà infatti un’analisi economico-finanziaria delle società di calcio in Italia, mediante l’indagine dei dati di bilancio dei club calcistici.
Per concludere la trattazione, alla luce di tutti i dati raccolti, del trend degli ultimi anni e della situazione all’estero, l’ultimo capitolo conterrà nei paragrafi finali una “ricetta” personale, una serie di possibili soluzioni adottabili dal calcio italiano per venire fuori dalla sua cronica crisi economico-finanziaria sia dal lato “ricavi” che da quello “costi”, con un particolare focus sulla gestione dei vivai.
Al termine del lavoro, in appendice, sono state fatte delle interviste a chi vive giorno per giorno il mondo del calcio dal lato delle televisioni e della comunicazione. Sono stati intervistati il Dott. Andrea Zappia, Vice President Sky Sport, il Dott. Marco Pistoni, Responsabile Acquisti Diritti Tv Sky Sport, il Dott. Massimo Corcione, Direttore Testata Sport Time Sky ed il Dott. Marco Canigiani, Direttore Marketing & Communication SS Lazio.
Dopo queste interviste, rimane l'impressione che il salto dalla "teoria" alla "pratica" è lungo e faticoso....ma non impossibile...

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Vecchie battaglie, presidenti ed uomini veri. Meglio il calcio di ieri. (striscione apparso durante la partita Ascoli - Roma, stagione 2005-2006) PREVIEW “Il nr.1 è il portiere alto che guida la difesa; il nr.2 è il terzino destro marcatore che marca l’ala sinistra avversaria; il nr.3 è il terzino sinistro fluidificante; il nr.4 è il mediano che recupera palloni; il nr.5 è lo stopper, forte di testa e forte fisicamente che marca il centravanti avversario; il nr.6 è il libero intelligente ed elegante; il nr.7 è l’ala destra dribblomane; il nr.8 è la mezzala dai piedi buoni; il nr.9 è il centravanti cinico che la mette dentro; il nr.10 è il regista che ti dà la palla filtrante, che batte punizioni e rigori, che porta il più delle volte la fascia di capitano perché è il più forte tecnicamente ed è quello con maggiore personalità; il nr.11 è l’ala sinistra che si incrocia con il centravanti o che arriva sul fondo per il cross”. Questo ripetevo a cinque anni, col caschetto biondo e con i lupini in mano, dentro lo stadio Cino e Lillo Del Duca, “tempio” della mia squadra preferita, l’Ascoli Calcio 1898. Lo dicevo in modo quasi meccanico, come una filastrocca, al dott. Spina, amico di famiglia, che rimaneva esterrefatto della mia conoscenza della "materia”, nonostante la tenera età. L’organizzazione dei ruoli me l’aveva insegnata mio padre Mimì, appassionato di calcio, che mi portava ogni domenica a vedere la partita. Mio fratello Checco ancora non era nato: stava dentro la pancia di mamma Alba. Erano altri tempi ed era un altro calcio. Le partite si giocavano tutte la domenica alle 15.00 ed in famiglia c’era un programma da seguire: messa ore 11.30, pranzo a casa di nonna Florinda (piatto tipico: coniglio) o Liliana (piatto tipico: pollo con le patate) e poi tutti insieme allo stadio con la sciarpetta bianconera di lana addosso, quasi si volesse evitare che la propria passione prendesse un brutto raffreddore. Il provinciale giorno di festa era questo. La celebrazione tribale locale è l’essenza della piccola comunità, quel fare e rifare sempre le stesse cose a date ed ore certe. E’ come un rito e bisogna ripeterlo, anche stancamente, perché come diceva Oscar Wilde, “esserci spesso è una noia mortale, ma non esserci può rivelarsi un dramma”. Non c’erano tornelli, biglietti nominativi, divieti su striscioni, bandiere e fumogeni; niente pay-tv, pay-per-view, marketing, merchandising e quotazioni in borsa; i numeri

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