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Dislessia: tra difficoltà, strategie e risorse

Sono partita dalla definizione di dislessia ovvero un disturbo specifico dell’apprendimento definito con la sigla F81 nella classificazione internazionale ICD-10 dell’organizzazione mondiale della sanità e compresi nel Diagnostic and Statistical Manual of mental disorder. La dislessia è indicata con l’acronimo DSA che comprende disturbi come disgrafia, disortografia e discalculia, questi campi possono presentarsi insieme o singolarmente. I disturbi dell’apprendimento sono sempre più frequenti, secondo alcune ricerche la percentuale di DSAI è intorno al 4-5 % della popolazione mondiale.
I disturbi specifici dell’apprendimento hanno avuto una importante evoluzione sia dal punto di vista legislativo ma anche dal punto di vista degli strumenti e delle misure compensative. Questo disturbo negli ultimi vent’anni ha avuto una evoluzione molto importante nell’ambito della ricerca, arrivando a diagnosticarlo molto più precocemente rispetto agli anni passati. Secondo gli studi longitudinali l’intervento precoce ha un ruolo favorevole per la determinazione dell’evoluzione dei disturbi specifici dell’apprendimento, con la finalità di limitare l’insuccesso scolastico. Una diagnosi precoce offre dei vantaggi quali un lavoro tempestivo e mirato, prevenire l’insuccesso scolastico e si può evitare eventi negativi in quanto il bambino o il ragazzo possono colpevolizzarsi inutilmente.
Per diagnosticare la dislessia gli specialisti coinvolti sono il neuropsichiatra infantile, il logopedista e lo psicologo con ruolo centrale nell’analisi diagnostica ma anche in ambito riabilitativo. Il criterio principale per la valutazione della dislessia è quello della discrepanza ovvero una differenza significativa che deve essere trovata fra la prestazione attese e quelle di un individuo ,basandosi su dati che già esistono. E per poter stilare la diagnosi bisogna avere il prove standardardizzate ovvero prove per le quali siamo disposti i dati per un confronto.Per analizzare i criteri diagnostici viene utilizzato il DSM Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali, nato nel 1952, diffuso dal 1980.
Ma naturalmente solo l’aiuto dei familiari non basta, spesso perché la famiglia non possiede le competenze di base per fornire il giusto supporto compensativo, infatti molto importante è il ruolo degli insegnati e della scuola, che dovranno avere da prima gli strumenti per individuare tale disturbo, così da poter indirizzare l’alunno ad un percorso che arrivi a una diagnosi, e successivamente dovranno rendersi disponibili ad aiutare il soggetto a capire come utilizzare gli strumenti messi a sua disposizione.
Nel mio elaborato, ho sottolineato come grazie alla legge 170/2010 si siano fatti molti passi avanti, non solo per la tutela della dislessia in età evolutiva, ma anche nella tutela al passaggio delle persone dislessiche all’eta adulta. Sono sempre di più gli studenti dislessici che intendono proseguire i propri studi anche all’università, e sono sempre più le università che adoperano strategie per l’inclusività. L’università di Perugia ha molti strumenti e aderisce a un progetto nato nel 2020: il progetto VRAILEXIA che cerca di creare una rete europea di attività per sviluppare degli innovativi strumenti di supporto, basato sull'intelligenza artificiale. Questo progetto insieme ad altri strumenti compensativi sono messi a disposizione di chi ha più difficoltà per consentire pari opportunità di successo durante tutta la loro esperienza di apprendimento.
L’obiettivo finale della presente tesi è quella di capire a fondo che cos'è questo disturbo e comprendere che attraverso una analisi precoce, si può individuare un piano di sostegno e supporto adatto al paziente, portandolo ad avere più consapevolezza di sé, dei suoi limiti, facendogli imparare ad utilizzare gli strumenti che lo porteranno a raggiungere risultati sempre maggiori, inoltre la consapevolezza sociale di questo disturbo è molto importante in quanto può portare alla diffusione di servizi evitando che queste persone si sentano isolate o inadeguate.

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4 Premessa: La scelta di questo elaborato è nata da una mia esperienza personale, essendo io stessa dislessica. Mi è stata diagnosticata la dislessia a metà del mio percorso delle scuole medie; quindi, in età avanzata rispetto a quando dovrebbe essere individuata e rispetto ad oggi dove si hanno molti più strumenti e conoscenze per la diagnosi e soprattutto si ha molta più consapevolezza di questo disturbo. La mia non è stata un’esperienza totalmente positiva, in quanto per anni mi sono sentita dire di non impegnarmi abbastanza, vedevo che i miei sforzi non venivano ripagati né a livello di voti scolastici, ma non erano nemmeno presi in considerazione dai professori. Durante il mio percorso alle scuole medie frequentavo una struttura che mi affiancava per aiutarmi con i compiti e con lo studio, ed è stata l’educatrice che mi seguiva ad accorgersi che le ore di studio e i miei sforzi non erano ricompensati, così segnalò questo suo dubbio ai miei genitori che non sapendo di cosa si trattasse, si affidarono a lei per trovare insieme una psicologa specializzata in disturbi specifici dell’apprendimento. All’interno dell’istituzione scolastica sia durante i cinque anni di elementari sia durante i tre anni di medie, nessuno mi aveva consigliato un percorso per capire se effettivamente ci fosse una diagnosi di dislessia, solamente la professoressa di tecnologia in seconda media, aveva notato che assegnandomi una tavola di tecnica, non sapevo gestire lo spazio. Prima di arrivare ad una diagnosi sono passati alcuni mesi, dove mi recavo dalla psicologa per fare batterie di test sia di lettura e scrittura, ma anche di ascolto e matematica, e alla fine di questo percorso la diagnosi era di dislessia, discalculia e disortografia. Io non presi bene questa diagnosi in quanto mi fu presentata scritta con parole difficili di cui non sapevo il significato, l’unica cosa che mi era stata detta dalla mia psicologa era che questo disturbo non mi rendeva meno intelligente degli altri, semplicemente dovevo avere i miei tempi e i miei strumenti compensativi. Questo però non mi sembrava essere rispettato nella realtà scolastica, alle medie ma soprattutto negli anni delle superiori, mi sembrava che questa diagnosi fosse solo un limite, dopo di essa non era cambiato il giudizio dei professori che andavano avanti a vedermi come una persona che non dava il cento per cento, e che non si impegnava abbastanza e questo naturalmente creava in me molto sconforto e non mi dava la giusta motivazione per andare avanti nello studio. Alla fine di tre anni di scuola secondaria i professori mi dissero che il liceo non era la scelta più giusta, e una volta arrivata al liceo mi ripetevano sempre che era una scuola troppo difficile per quelli che erano i miei problemi e che con le mie difficoltà, non avrei mai concluso quei cinque anni, tanto è che mi lascai convincere di non essere all’altezza e persi un anno. Fortunatamente l’estate mi fu molto di aiuto e mi permise di non abbandonare il percorso che avevo intrapreso. Purtroppo, non mi era stato spiegato in modo dettagliato quali fossero le misure compensative giuste per me e che io potevo usare, spesso c’erano opinioni contrastanti tra quello che diceva la psicologa e quello che effettivamente i professori mettevano in atto e questo creò i miei dubbi su quali fossero le cose giuste. Fortunatamente attualmente i professori seguono corsi di aggiornamento e si sono affiancati di più a questa realtà, individuando subito gli

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scuola
università
dislessia
dsa
disturbo dell’apprendimento
progetto vrailexia

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