L'arbitrato obbligatorio secondo la Convenzione delle Nazioni Unite sul Diritto del Mare
Nella Parte prima del lavoro, si considerano le necessità che con la stipula di una nuova Convenzione sul Diritto del Mare si intendevano colmare. Quindi, ponendo l’accento sull’eccezionalità dei meccanismi per la soluzione delle controversie, integrati nell’UNCLOS, se ne paragona la ratio al principio di parità sotteso al diritto internazionale. In seguito si vagliano i compromessi che durante il lungo negoziato conducono le delegazioni a riservare la giurisdizione residuale per dirimere una disputa, qualora le altre modalità non possano essere applicate, al procedimento di arbitrato descritto nell’allegato VII della Convenzione. Dopo averne delineato brevemente le caratteristiche principali, si esaminano alcune critiche sorte relativamente alle procedure obbligatorie previste nella seconda sezione della XV parte dell’UNCLOS. Nella Parte seconda si porta l’esempio della controversia Arctic Sunrise che vede contrapposti il Regno dei Paesi Bassi alla Federazione Russa in un arbitrato obbligatorio. Dopo aver ricostruito i fatti alla base della disputa, si esaminano i passi intrapresi dalle autorità olandesi per iniziare il meccanismo e il ruolo svolto dall’ITLOS nel disporre le misure cautelari insieme ad alcune critiche sorte al riguardo. Ponendo l’attenzione sulle regole procedurali si evidenzia come, nonostante il rifiuto di Mosca a partecipare, l’arbitrato continui senza alcun impedimento o ritardo. Si valutano quindi le basi su cui poggia l’eccezione russa che nega la giurisdizione del Tribunale e si pone l’accento sul ragionamento con cui il Collegio arbitrale le demolisce, confermando la propria piena competenza a decidere in materia. Si considera infine la scelta delle autorità russe di non partecipare al procedimento arbitrale e le conclusioni che i giudici traggono nel merito del caso. La Parte terza analizza l’iniziativa delle Filippine che ricorrendo ad un arbitrato obbligatorio secondo quanto descritto dall’allegato VII, mirano ad ottenere dai giudici delle pronunce ufficiali sulle azioni condotte dalla Repubblica Popolare Cinese (di seguito PRC o Cina) nel Mare Cinese del Sud (di seguito SCS). Si parte analizzando le rivendicazioni della Cina che si basano sulla Nine-dash-line, - la curva tratteggiata che comprende le aree pretese - e quanto questo fondamento sia compatibile con la Convenzione. Ci si focalizza quindi sulle richieste di Manila ai giudici. Si esaminano poi le basi del rifiuto cinese e come la questione preliminare posta alla giurisdizione del Tribunale venga gestita dai giudici e infine chiarita nella pronuncia sulla giurisdizione del foro. Nelle conclusioni, tornando a considerare gli obiettivi che con la stipula dell’UNCLOS la comunità internazionale si proponeva, si cerca di dare un parere di quanto questi possano considerarsi effettivamente raggiunti. Infine, alla luce dei casi descritti nella seconda e terza parte si valuta l’importanza dell’arbitrato obbligatorio disposto dalla Convenzione. Benché la sua sentenza sia obbligatoria, con tutti gli effetti che ne derivano come contromisure in caso di non osservanza, non ci può essere esecuzione forzata, ovvero gli Stati non possano essere forzati ad adempiere alla sentenza.
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Informazioni tesi
Autore: | Nicola Berto |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Dipartimento di Scienze Politiche, Giuridiche e Studi Internazionali |
Corso: | Politica Internazionale e Diplomazia |
Relatore: | Alessandra Pietrobon |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 155 |
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