Utilizzo delle terapie di gruppo nelle dipendenze: esperienze in comunità terapeutica
L'utilizzo di sostanze od altri comportamenti a fini ricreativi o ritualistici, comunitari o religiosi, ha da sempre accompagnato la vita dell'uomo. Sono fenomeni che nella nostra psiche hanno spesso avuto l'effetto di togliere forza ad immaginari patologizzanti, oppure a significare l'ingresso dei giovani nel mondo degli adulti. La dipendenza invece, pur essendo entro una certa quota fondamentale per i processi d' interazione, oltre una certa soglia risulta come patologica; in quanto non si configura più come “debito” nei confronti dell'Altro che ci fa percepire le nostre mancanze, ma il suo esatto contrario. La dipendenza patologica predilige rapporti con oggetti e non con soggetti. È perversa, confonde, manipola, cancella la differenza di sesso e di età. Non può pensare, non ha immagini. Non conosce il tempo ma solo l'adesso del desiderio privo di scopo e significatività. Le angosce profonde, a volte impensabili e insopportabili, possono portare l'individuo a rifugiarsi all'ombra della dipendenza. Purtroppo la vera Ombra è preclusa a questo individuo che non può scendere in basso, verso Ade, che si nega in questo modo l'opera alchemica. Il tossicodipendente, quando incontra per la prima volta la sua sostanza vive un flash, un “innamoramento” che non avrà più eguali. Vivrà da quel momento rincorrendo di nuovo quella sensazione, così come rincorre nostalgicamente il ventre materno, concretizzandolo in comportamenti e acting-out mortiferi. La dipendenza patologica porta l'individuo a non ascoltare i propri desideri e sogni più profondi, così come qualcuno, nell'infanzia del dipendente, non ha rispettato e riconosciuto le sue caratteristiche e bisogni specifici. La tossicodipendenza è il risultato di un infelice incontro tra fattori personali, relazionali e ambientali; tutti sono necessari ma nessuno è sufficiente da solo per spiegare il fenomeno. Se il dipendente non incontrasse mai la droga (nel caso del GAP il gioco d'azzardo) non diventerebbe tossicodipendente (o gambler). Tenere a mente questo dato ci è utile per politiche di prevenzione verso conseguenze specifiche relative a questa tipologia di dipendenze, contenendo così i costi pubblici. Oggi giorno ci troviamo a parlare di nuove dipendenze, perché questo sintomo vuole comunicarci qualcosa sul nostro presente, come l'isterismo vittoriano voleva esprimere il rapporto con la sessualità dell'Ottocento. La psiche storicizza, rende memorabili i movimenti dell'Anima. Le nuove dipendenze enfatizzano i tratti del consumismo, nel tentativo di raggiungere uno status superiore a quello dei comuni mortali, per esibirlo ed essere ammirati. Il vuoto nichilistico ha preso il posto del munus che lega i membri della comunità degli uomini, che si perdono dentro un'anomia dilagante. Siamo tutti uguali, ma non nei diritti, ma nel “sapore”; una perdita di sapidità e d'identità. Per questo le nuove dipendenze: per rispondere al bisogno attuale di esserci-nel-mondo presente. Una strada per intraprendere un nuovo cammino è quello di recuperare l'appartenenza, ad un gruppo. È necessario creare territori e contenuti condivisi, pensabili e raccontabili. Ma che fare quando ormai una dipendenza è già instaurata? Una risposta è offerta dagli approcci che implicano una gruppalità, per esempio le comunità terapeutiche. La comunità terapeutica residenziale offre supporto completo attorno alla vita dell'utente, una presa il carico a 360°.La comunità non si limita a fornire risposte assistenziali e deresponsabilizzante, ma stimola la responsabilizzazione degli utenti stessi e un lungo e impervio percorso di crescita. Entrando in comunità terapeutica, accetta una nuova legge diversa da quella della droga e una dimensione spazio-temporale che differisce da quella della strada. Dal momento dell'accettazione di far parte del gruppo comunità il dipendente crea in sé stesso una matrice generatrice necessaria al reciproco riconoscimento tra il proprio sé e la società, divenendo fonte di una comunicazione vera tra gli individui, stabilendo così un setting terapeutico efficace nel suo coinvolgimento lungo la strada del cambiamento. Lo spazio terapeutico in comunità è anche uno spazio di vita. La comunità terapeutica aiuta il dipendente a focalizzare le sue motivazioni e a sviluppare la capacità di impegno. La comunità ha un passato ed un presente, ha una dimensione storica proprio come il sistema famiglia e la psiche. La dimensione familiare del gruppo non è determinata dalla presenza di figure e simboli del genitore mancato o del gruppo dei fratelli, ma dal fatto che la comunità terapeutica è una cornice all'interno della quale si struttura un processo evolutivo simile a quello che va dall'infanzia all'età adulta, in comunità; le immagini interne si arricchiscono e si può presentificare il futuro. Uno degli apporti delle comunità terapeutiche è quello di considerare il cambiamento come una crescita più che come la guarigione da una malattia.
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Informazioni tesi
Autore: | Giada Bellucci |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2016-17 |
Università: | Università degli Studi dell'Aquila |
Facoltà: | dipartimento di scienze cliniche applicate e biotecnologiche |
Corso: | psicologia applicata clinica e della salute |
Relatore: | Angela Paris |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 98 |
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