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La S.N.A.I. come strumento territoriale per l'integrazione delle politiche di sviluppo e rilancio delle aree interne

La SNAI pone in atto quelle azioni di politiche attive per rallentare la marginalizzazione territoriale ed il declino demografico attuando nuove progettualità per le aree interne mediante la promozione della coesione territoriale, riducendo le disparità in relazione all'efficienza dei servizi offerti ai cittadini ottimizzandone le prestazioni, e garantendo l'equità fornendo una quantità omogenea di benessere economico e sociale ai residenti delle aree interne, senza trascurare l'economicità della funzione amministrativa. Le aree interne coincidono solitamente con i "piccoli comuni" e sono caratterizzate da un forte tasso di spopolamento ed abbandono, emigrazione giovanile verso i centri economici più grandi, disgregazione del tessuto produttivo locale, abbandono del settore agricolo, generando così un'inevitabile perdita di capitale umano che, di riflesso, determina l'indebolimento delle relazioni territoriali e il relativo sviluppo socio-economico. Le aree interne sono un ambito carente di servizi primari/di base alla persona (sanità, istruzione, mobilità/infrastrutture) ma ricchi di risorse culturali (borghi, archeologici, musei, ecc.) ed ambientali (sistemi agricoli, forestali, paesaggi naturali, ecc.) che, se valorizzate, rappresentano fonti di ricchezza e opportunità per il rilancio di tali aree (specie in ambito turistico, agricolo e culturale).
Tra le caratteristiche fondanti per entrarne a fare parte, c'è il prerequisito dell'associazionismo intercomunale. Il prerequisito associativo previsto dalla SNAI può essere assolto o mediante convenzioni, consorzi e comunità montane o unione dei comuni per l'esercizio di almeno due funzioni fondamentali o anche specifici servizi di tali funzioni (es. servizi turistici, sviluppo economico, servizi informatici e digitali), strumentali al raggiungimento dei risultati di lungo periodo degli interventi collegati alla Snai.
Proprio nei centri minori – che coincidono con quei comuni di piccole dimensioni – è forte la necessità di dover superare le problematicità derivanti dall'eccessiva frammentazione di quelle amministrazioni locali, divenendo obiettivo primario l'adozione di strategie amministrative finalizzate all'ottimizzazione e alla razionalizzazione delle spese e delle risorse umane, per conseguire una maggiore efficienza dei servizi offerti dagli Enti.
La maggior parte dei comuni minori, ricadenti all'interno di aree aventi dimensioni più o meno ampie, per pregresse situazioni, sono stati oggetto di un lungo processo di marginalizzazione, che ne ha determinato una considerevole emorragia demografica ed occupazionale, con conseguente riduzione dell'uso del capitale territoriale ed impoverimento del territorio agricolo. Il risultato si concretizza in una decrescita socio-economica ed inevitabile riduzione nell'offerta e/o accesso ai servizi fondamentali a discapito della popolazione residente.
I modelli associativi di sviluppo locale sono strumenti utilizzati per promuovere l'espansione economica e sociale di un territorio attraverso la collaborazione e l'associazionismo tra diversi attori locali (enti pubblici, imprese, organizzazioni della società civile, cittadini).
Il T.U. delle leggi sull'ordinamento degli Enti Locali, n. 267/2000, in ambito di modelli associativi per la gestione dei servizi essenziali prevede le convenzioni, i consorzi, le comunità montane, le comunità collinari, le aree vaste, i gruppi e reti di comuni, le unioni di comuni, le fusioni di comuni. La normativa di dettaglio relativa alle funzioni fondamentali dei comuni da esercitarsi in forma associata, è quella di cui al D.L. 31/05/2010, nr. 78.
L'esercizio associato di funzioni e servizi da parte dei comuni (Art. 33 TUEL) si identifica nelle principali forme associative previste dall'ordinamento, ossia le convenzioni (art. 30 TUEL), nelle unioni dei comuni (art. 32 TUEL), nelle comunità montane (Legge n. 1102/1971) e consorzi (art. 31 TUEL). La Legge n. 56/2014 ha ribadito la facoltà per i comuni fino a 5.000 abitanti di avvalersi di forme associative.
L'esperienza SNAI nelle Marche (cap. III): Area dell'Appennino basso pesarese ed anconetano.
Anche nella Regione Marche era fortemente sentita l'esigenza di invertire la tendenza allo spopolamento delle a.i., incidendo sul settore agricolo, sul turismo sostenibile e sulla valorizzazione delle aree periferiche mediante uno sviluppo intensivo (benessere dei residenti) ed estensivo (ottimizzazione del capitale territoriale) con investimenti sulla tutela della ricchezza del territorio e delle comunità locali.
All'interno della Regione Marche sono state individuate 3 aree SNAI: Appennino basso pesarese ed anconetano, Alto maceratese, Piceno. La tesi ha preso in esame la prima, essendo quella più prossima alla propria residenza.

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Pierleoni Andrea – Tesi Diritto degli enti locali A.A. 2021_2022 VI Introduzione La questione delle aree interne è un nodo cruciale già presente nelle agende politiche degli anni cinquanta. Oggi si stima che i territori delle aree interne rappresentano, come di fatto, il 60% della superficie nazionale, dove risiede il 25% della popolazione, precisamente all’interno di 14.000 comuni, per cui è palese e sempre più impellente la necessità di intervenire negli ambiti delle aree interne. Fabrizio Barca 1 , negli anni scorsi, ha pubblicato un interessante documento 2 , che illustra la strada dei nuovi progetti per le aree interne, attraverso lo studio di una politica per la coesione territoriale, il cui obiettivo è quello di ridurre le disparità regionali intorno a due concetti fondamentali: efficienza, che sta a significare il massimo sfruttamento delle risorse, ed equità, che a sua volta si attiene al voler fornire una quantità omogenea di benessere economico e sociale, a vantaggio di tutta la società. L’intento fondamentale è quello di ricavare, grazie a questi due concetti purtroppo, i limiti, ma anche le potenzialità che le aree interne presentano; tutto questo grazie anche al nuovo tipo di agricoltura multifunzionale, descritta dalla nuova politica agricola comunitaria, che ruota intorno agli elementi della qualità, dovuta alla diversificazione e alla preservazione dell’ambiente. Carlo Trigilia 3 definisce un’area interna come un ambito carente di servizi primari alla persona, specialmente sanitari, istruttivi e infrastrutturali. Tuttavia, evidenzia anche una caratteristica positiva, ossia quella delle risorse culturali e ambientali 1 Fabrizio Barca è un economista e politico italiano. Presidente dei Comitato per le politiche territoriali dell’OCSE dal 1999 al 2006, ha ricoperto la carica di Ministro per la coesione territoriale del governo Monti, dal 16 novembre 2011 al 28 aprile 2013. 2 Barca F., Strategia Nazionale Aree Interne – Comitato Tecnico Aree Interne, in sito web dell’Agenzia per la Coesione Territoriale, su https://www.agenziacoesione.gov.it/strategia-nazionale-aree-interne/il- comitato-tecnico-aree-interne-eventi/ (ultima consultazione 10/12/2022). 3 Carlo Trigilia è un sociologo italiano Ha ricoperto la carica di Ministro per la coesione territoriale nel Governo Letta dal 28 aprile 2013 al 22 febbraio 2014.

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Informazioni tesi

  Autore: Andrea Pierleoni
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2021-22
  Università: Università degli Studi di Cassino
  Facoltà: Dipartimento di Economia e Giurisprudenza
  Corso: L14
  Relatore: Luigi Famiglietti
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 131

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Parole chiave

risorse umane
associazionismo intercomunale
snai strategia nazionale aree interne
rilancio aree interne
sviluppo strumenti
coesione territoriale regione
modelli associativi forma associata
convenzioni consorzi comunità montane unioni
salute istruzione mobilità
gestione associata enti locali

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