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Fotogiornalismo: costruire e manipolare le immagini

Una breve storia della fotografia, dai primi esperimenti fino al digitale e al web 2.0 per la condivisione di immagini. La tesi è divisa in tre parti: nella prima ricostruisco le principali tappe della fotografia e la nascita del fotogiornalismo. Nella seconda parte tratto il tema della costruzione di un'immagine: come utilizzando la luce, diversi obiettivi o diverse inquadrature possiamo modificare di molto un' immagine e di conseguenza la realtà a nostro piacimento. Nella terza parte invece tratto l'argomento della manipolazione dell'immagine, la quale può avvenire costruendo una scena ad hoc per raccontare un evento o attraverso il fotoritocco o il fotomontaggio.

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Sin dalle sue origini la fotografia è stata materia di discussione, innalzata ad arte ma anche profondamente criticata, da chi la considerava un ripiegamento per chi non era abile nel disegno e nella pittura. Eppure questo processo, questo tipo di scrittura con la luce, ha avuto nel corso dei secoli un successo sempre maggiore. Le emozioni che un'immagine è in grado di trasmettere a chi la guarda è qualcosa di unico, di irripetibile: poter fermare il tempo, per un attimo, e prolungarlo per sempre rimane ancora oggi (era dell'immagine), qualcosa che affascina. Il lavoro da me svolto vuole porre l'accento su come la fotografia sia un mezzo di comunicazione, che, con vari accorgimenti, più o meno discutibili, può dimostrarsi di grande persuasione. Ho considerato fondamentale fare un piccolo resoconto storiografico su fotografia e fotogiornalismo: il primo capitolo, infatti, ripercorre brevemente la storia della fotografia, dal Rinascimento, periodo in cui si diffuse l'utilizzo della camera oscura, scatola che attraverso un piccolo foro, permetteva l'ingresso della luce, la quale riproduceva l'immagine sulla parete opposta, garantendo ai pittori dell'epoca la massima precisione prospettica. Nel 1700 poi si affiancherà per la prima volta la fotografia ad un processo chimico, ma non si riuscì a fissare e rendere permanenti le immagini ottenute. Bisognerà attendere ancora un secolo, quando nel 1829 Niépce iniziò la sua collaborazione con Daguerre. Quest'ultimo nel 1839 rese pubblica la sua invenzione, che chiamò Dagherrotipo, e si prese gran parte dei meriti: Nièpce, infatti, non vide mai un risultato, poiché morì nel 1833. Negli stessi anni l'inglese Talbot riuscì a trovare un metodo per ottenere più copie dalla stessa immagine, inventando il negativo/positivo, principio della comune pellicola fotografica. Ormai i processi erano noti, si cercò quindi di perfezionarli, con materiali sempre più sensibili alla luce, per poter abbassare i tempi di esposizione. Vennero introdotte le lastre umide al collodio, che offrivano buona qualità, ma erano decisamente scomode, e andavano sviluppate sul posto, comportando un ingombro non indifferente per il fotografo. È proprio attorno a questo che George Eastman ragionò per innovare la fotografia, e renderla un procedimento alla portata di tutti, anche dei bambini: nel 1880 fondò la Kodak, e nel 1888 introdusse nel mercato la prima macchina fotografica "per tutti"; lo slogan recitava: "voi premete il bottone. Noi facciamo il resto". In effetti bastava 7 INTRODUZIONE

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