ICT, cambiamenti organizzativi e crescita economica
Il tema del progresso tecnologico legato alla crescita ha da sempre suscitato l’interesse degli economisti. Già da alcuni passaggi dei più importanti economisti classici, partendo da Smith, arrivando a Mill e passando per Ricardo, traspare l’importanza di concetti quali il progresso tecnico e la produttività del lavoro.
Di notevole rilievo fu l’apporto che invece arrivò da Josef Alois Schumpeter, il quale iniziò a mettere in risalto l’importanza del capitale umano che influisce sulla crescita grazie alla creazione di innovazioni.
Nell’approccio schumpteriano dunque, la crescita economica è vista come risultante di una sequenza aleatoria di innovazioni che, una volta introdotte nel mercato, rendono obsolete le vecchie tecnologie e prodotti, attraverso un meccanismo detto di “distruzione creativa”.
I primi modelli, riconducibili ad Harrod, Domar e Kaldor, rispondono ad una visione Keynesiana incentrata su un equilibrio di sottoccupazione e che mostrano la quasi cronica instabilità dei sistemi economici.
Alla metà degli anni 50’ però, l’economista americano Robert Solow sviluppa un modello che dimostra come il risparmio (che determina l’accumulazione del capitale), la crescita della popolazione (che incide sulla forza lavoro) ed i miglioramenti tecnologici sono i fattori che influenzano la crescita di un sistema economico.
I miglioramenti tecnologici però, vengono visti come un elemento esterno in grado di superare l’equilibrio stazionario del sistema economico: è questo il significato della “esogenità” del progresso tecnologico e della sua importanza nel determinare la crescita.
Questi aspetti sottolineano la necessità di elaborare modelli in cui il progresso tecnologico viene “endogenizzato”, al fine di concepire una teoria che prenda in considerazione questi aspetti. Numerose sono le soluzioni che possono essere perseguite al fine di raggiungere tali obiettivi; esse possono essere ricondotte a tre filoni di ricerca.
Una prima soluzione è quella di attribuire consistente rilevanza al ruolo svolto dal capitale, in particolare quello umano (Lucas).
Il suddetto filone di ricerca può essere poi perfezionato con l’aggiunta dei contributi relativi all’idea del learning by doing che pongono in primo piano il processo di apprendimento legato al capitale umano (Arrow).
Il terzo filone che possiamo definire endogeno “in senso stretto”, mira ad elaborare teorie in cui il processo tecnologico assume natura endogena in quanto frutto di specifiche attività di ricerca e sviluppo (Romer, Grossman e Helpman, Aghion e Howitt).
I primi studi relativi al contributo dell’ICT sulla crescita economica furono condotti a livelli macro tra la fine degli anni ’80 e gli inizi degli anni ’90 e mostrarono essenzialmente uno scarso o a volte inesistente apporto ai fattori determinanti la crescita.
Successivamente però, alcuni studi mostrarono come questa tendenza iniziasse ad invertirsi; nel contempo però calava la domanda per i prodotti IT. Questo paradosso, portava da un lato ad un dibattito sul reale effetto dell’ICT e, dall’altro, stimolava economisti e ricercatori a nuove analisi, metodi di ricerca più raffinati, ancor più ampi database.
Questo shock storico ha impiegato però qualche anno prime che se ne prendesse coscienza e che soprattutto venisse evidenziato nelle statistiche (fenomeno conosciuto come Paradosso della Produttività). La più celebre definizione di tale paradosso viene da Solow (1987): “Si vedono computer ovunque tranne che nelle statistiche sulla produttività”.
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Informazioni tesi
Autore: | Sergio Izzi |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2007-08 |
Università: | Università degli Studi di Foggia |
Facoltà: | Economia |
Corso: | Scienze dell'economia |
Relatore: | Piergiuseppe Morone |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 145 |
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