Creazione di valore nel settore del lusso: il caso Gucci
Negli anni recenti, il cambiamento del contesto politico-istituzionale nonché l’acuirsi della competizione internazionale e la globalizzazione dei mercati, hanno fatto emergere la necessità di rivedere criticamente i modelli e le teorie sino ad oggi elaborate per la gestione delle imprese, i quali hanno dimostrato di non saper mantenere nel tempo la validità strutturale che li aveva precedentemente contraddistinti. L’attuale contesto in cui si trovano ad operare le aziende impone perciò di assumere la creazione del valore come obiettivo fondamentale dell’attività d’impresa.
Nel mondo economico e finanziario quando si parla di “valore”, solitamente si fa riferimento allo shareholder value (SHV: valore per l’azionista) o ad altre analoghe misure delle performance basate sul valore. In altre parole le tecniche con cui le società possono essere analizzate, riorganizzate e poi dirette per obbedire all’imperativo della creazione di valore.
Nella sua struttura l’approccio SHV è quindi semplice: una società crea valore per l’investitore quando il ricavo dell’investimento supera il suo costo.
Si crea perciò valore per l’azionista quando il rendimento del capitale investito è:
• superiore al suo costo.
• superiore al tasso d’inflazione
• superiore agli investimenti prive di rischio
• superiore alla remunerazione del rischio di mercato.
Si è passati cosi, dai calcoli della remunerazione basati sull’utile, ad una valutazione più sofisticata basata sui rischi, aspettative di crescita e remunerazione cash del capitale investito.
Se perciò nel nuovo mercato globale, la creazione di valore è divenuto l’obiettivo primario di ogni impresa, anche le imprese del settore moda hanno cambiato il loro modello gestionale, operando tra l’altro in un settore dove il ciclo di vita dei prodotti è breve e si ha perciò la necessità di anticipare e capire le esigenze dei consumatori. La domanda infatti è diventata più sofisticata e frammentata e richiede oggi prodotti e servizi caratterizzati da elevata varietà e variabilità, capaci di soddisfare bisogni sempre più specifici e complessi. È proprio nell’esclusività e rarità del prodotto che le aziende di moda nel settore del lusso puntano per creare valore.
Fra gli elementi responsabili della diffusione del lusso c’è sicuramente il fenomeno che viene definito come “democratizzazione del lusso”: in altre parole, una serie di beni che fino a non molto tempo fa erano posseduti e/o consumati da una ristretta cerchia di persone sono adesso accessibili ad un pubblico più ampio: “il mercato attuale dei beni di lusso non è più caratterizzato da una ricchezza straordinaria. Il mercato dei beni di lusso è composto da persone come noi, chiunque ne fa parte compresi gli individui che vivono nei prefabbricati, nelle case popolari di periferia, fino alle ville di lusso”.
Oltre alla progressiva diffusione del lusso a tutti gli strati sociali, un altro fattore che ha contribuito alla crescente richiesta di beni di questo tipo può essere in parte individuabile nella struttura sociale delle società moderne occidentali, in cui sono sempre più presenti nuclei familiari definiti come “nido vuoto”, ovvero famiglie composte da due adulti che lavorano e che, non avendo figli, hanno un reddito discrezionale molto più elevato e possono quindi spendere per beni di lusso ad uso esclusivamente personale come “automobili di lusso, gioielli, abbigliamento, prodotti di bellezza, accessori sportivi” e per servizi di lusso come “centri benessere, trattamenti cosmetici e di bellezza e viaggi”. Il lusso, pertanto, nella società contemporanea, più che essere sinonimo di ricchezza diventa simbolo di qualità e contenuto valoriale. In un’epoca quindi in cui non si parla più di soddisfazione di bisogni, ma di realizzazione di desideri, gli oggetti vengono posseduti, acquistati e scambiati più per il loro valore simbolico che per il valore d’uso che perde sempre più di significato se confrontato con la capacità intrinseca del bene di comunicare ed informare; parallelamente, anche il valore di scambio non si riferisce più ad una
transazione di tipo economico ma si è trasformato in uno scambio sociale.
Per dimostrare quindi come l’approccio SHV sia realmente il migliore per le aziende che operano in questo settore è stato analizzato il caso Gucci.
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Informazioni tesi
Autore: | Francesca Matteucci |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Interfacoltà economia-lettere e filosofia |
Corso: | Scienze e tecnologie delle arti figurative, musica, spettacolo e moda |
Relatore: | Irene Misucci |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 93 |
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