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L'Amministrazione Coloniale Italiana in Addis Abeba 1936 - 1941

L’AMMINISTRAZIONE COLONIALE ITALIANA IN ADDIS ABEBA 1936 – 1941.

L'eredità:

La mancata discussione pubblica sulle responsabilità passate e sulle ambizioni imperiali, lascia l’Italia meno preparata degli altri paesi europei (che da tempo hanno condotto seri ripensamenti verso le loro responsabilità coloniali) a fronteggiare i nuovi ritorni di memoria dovuti principalmente ai crescenti flussi di migranti (provenienti anche dalle ex colonie), che dalla fine degli anni ottanta approdano in Europa come profughi e vittime di falliti processi di democratizzazione e industrializzazione. L’Italia è meno predisposta a fronteggiare questo problema in quanto i silenzi e le rimozioni hanno comportato una mancata decolonizzazione della memoria e del nostro rapportarci con l’alterità africana, che è purtroppo ancora permeato da atteggiamenti e cliches che ricordano quelli propagandati dal regime nel ventennio e che provocano una divisione ed una frattura nella società odierna.

Solamente imparando dai propri errori ed il primo passo per fare ciò è ammetterli, l’Italia potrà sperare di condividere un orizzonte comune con queste genti che inevitabilmente faranno parte della società di domani. Il vecchio detto "moglie e buoi dei paesi tuoi", perde col tempo sempre più mordente... la società europea del futuro sarà inequivocabilmente composita, multiculturale e cosmopolita.

Riassunto Sintetico:

Obiettivo di questa tesi è tentare di riflettere sulla nostra memoria coloniale, e cercare di evidenziare i tratti salienti della dominazione fascista in Africa Orientale, facendo particolare riferimento alla capitale etiopica, durante i cinque anni dell’Impero.
Il primo capitolo, riguardante la cronologia storica, descrive gli avvenimenti intercorsi dall’arrivo delle forze di Badoglio ad Addis Abeba, dopo la fuga di Haile Selassie, fino al ritorno del Negus cinque anni dopo.
Il secondo capitolo, intende mettere in luce la struttura amministrativa posta in atto dagli italiani al fine di governare la colonia.
Il terzo capitolo analizza la colonia e la società che viveva in essa: le aspettative, le opere pubbliche ed i piani per la capitale imperiale; si illustrano inoltre i progetti finalizzati allo sfruttamento del territorio, la colonizzazione rurale, e la vita dei coloni in Africa Orientale.
Il quarto capitolo è dedicato alle politiche razziali esperite dal regime fascista nelle proprie colonie. Esso argomenta circa le cause che spinsero le autorità fasciste ad implementare le leggi razziali e circa i motivi che indussero altresì un certo numero di italiani ad infrangerle. Viene illustrato e analizzato anche il fenomeno del “madamato”.
Il quinto capitolo, dopo un breve cenno sull’espansione amhara nel tardo XIX secolo, si occupa di mettere a fuoco i rapporti impostati dalle autorità coloniali italiane con le principali componenti autoctone, oromo, amhara e musulmani.
Il sesto capitolo apre una discussione sulle memorie collettive, sia italiane che etiopiche, e riflette sulla natura delle autoassoluzioni e sulle cause degli oblii riguardanti la nostra eredità coloniale.
Il settimo capitolo tratta dell’impiego militare degli aggressivi chimici, portato a termine durante la campagna di conquista e nel corso delle successive operazioni di polizia coloniale.
La tesi termina con considerazioni generali e riflessioni personali.

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Introduzione. Le motivazioni che mi hanno portato a sviluppare la tesi di laurea sul colonialismo italiano in Africa Orientale ed in particolare sulla amministrazione fascista in Addis Abeba, sono molteplici. Lasciando da parte il fatto che sono il padre di una bambina etiope; ho inteso approfondire il tema, e ricercare bibliografia sull’argomento, attratto principalmente dai silenzi afferenti le nostre responsabilità coloniali, in particolar modo quelle portate a compimento dal regime fascista, il quale pretendeva dominare, dipingendo come “primitiva” e “barbara”, una civiltà africana talmente antica da risalire a tempi biblici. Su tale questione, solo sporadicamente presa in esame dai media, ancora oggi si sentono tesi tra loro contrastanti e manca in aggiunta un serio dibattito tra le differenti componenti del tessuto sociale (Stato, classe politica, storici, mass media ed opinione pubblica), finalizzato ad approfondire la conoscenza storica della collettività e soprattutto dei giovani, circa il tema del colonialismo di impronta italica, il quale ha intrapreso negli anni trenta una politica aggressiva e razzista, ed ha soggiogato un’altro stato sovrano, che stava venendo traghettato da una mente illuminata (Haile Selassie), dal medioevo alla modernità. Questo fatto ha innescato inoltre meccanismi deleteri, i quali da una parte hanno delegittimato gli organismi allora preposti alla risoluzione pacifica delle contese internazionali, i quali si basavano sul principio dell’uguaglianza tra i popoli; e dall’altra parte hanno sancito l’impunità alle iniziative espansionistiche di dittatori senza scrupoli, portando il mondo fino al baratro del secondo conflitto mondiale. A mio avviso, una riflessione sulla nostra memoria coloniale, può fornire spunti per interpretare da una nuova prospettiva importanti problemi d’attualità; quali l’intolleranza verso l’immigrazione extracomunitaria, tematica che ha ereditato peculiarità xenofobe germogliate durante il periodo coloniale; oppure situazioni come la crisi irakena, dove un regime continua a mandare uomini a combattere una guerra che era stata dichiarata conclusa e vinta, proprio come successe all’Italia nel 1936. 2

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