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L'Italicus (4 agosto 1974), note di lettura per una strage dimenticata

L'ITALICUS (4 agosto 1974), NOTE DI LETTURA PER UNA STRAGE DIMENTICATA

La strage dell'Italicus è avvenuta il 4 agosto 1974, nel contesto storico di quello che fu definito il periodo della “Strategia della tensione”. Tale termine fu coniato, come spesso accade, da un medium: il quotidiano inglese Observer il 14 dicembre 1969, due giorni dopo la gravissima strage di piazza Fontana a Milano. Scopo di questo lavoro è, analizzando le tesi di insigni ricercatori e studiosi storici (soprattutto), semiologi, filosofi, studiosi di media, sociologi e giornalisti (Ferraresi, Ginsborg, Galli, Flamini, Cassata, Rochat ecc.), rivedere e rianalizzare la strage dell'Italicus contestualizzandola al periodo storico, politico, economico, sociale, e certamente, culturale.
Con questo lavoro si è intende farlo, analizzando come tale strage "di Stato" non meriti questo appellativo storicizzato soltanto perché ad oggi non ha un colpevole né un mandante accertato, ma piuttosto perché anche nel suo caso furono poste le premesse, mediante quei sistemi rilevati dagli studiosi presi in esame, affinché potesse rimanere impunita, rendendo difficoltoso e svilente il ruolo delle procure che indagarono sulla stessa. Si parla ovviamente di depistaggi volti a dimostrare la colpevolezza della sinistra extra-parlamentare; il lento emergere di responsabilità e connessioni tra estrema destra e servizi segreti deviati; gli interventi all'interno della magistratura per evitare un chiaro accertamento della verità. Volendo essere più precisi riguardo alla strategia della tensione, saranno analizzate nella tesi tanto la teoria del “Doppio Stato” dello storico Franco De Felice, quanto la teoria dell'intervento diretto ed interessato della CIA (prendendo in esame il contenuto del lavoro della cosiddetta “Commissione Rockefeller”) nelle vicende italiane, come ammesso dall'ex numero 2 del SID, Maletti, e riproposta dalla relazione della Commissione parlamentare di inchiesta sul terrorismo, le stragi e la mancata individuazione dei colpevoli.
Questa tesi dunque, oltre a dare nota del complesso iter giudiziario della strage, traccia una cornice entro la quale la strage va debitamente collocata, dimostrando come tale vile atto non sarebbe stato possibile in nessun altro contesto storico-politico.

Si analizzano a fondo la genesi, e la struttura dei gruppi eversivi, dimostrando come le tesi stragiste fossero bene inserite nei loro “programmi” politici, inscindibili da quel ruolo da manovalanza da compiere in un eventuale golpe.

Si studia il 1974, partendo dallo scenario storico italiano, arrivando a quello internazionale, al fine di capirne la definizione di “acme della stagione delle stragi”, data dalla Commissione parlamentare, e, per bocca del suo presidente on. Pellegrino, punto di svolta nel rapporto Stato-destra eversiva, simboleggiato proprio dalla strage in esame (in coabitazione con quella immediatamente precedente, la strage di Brescia del 28 maggio 1974).

Non si può prescindere dall'analisi dell'universo di valori, dell'ideologia, ai quali si ispirarono le organizzazioni eversive. Definendosi e strutturandosi in un modo non troppo difforme dalle brigate nere repubblichine, influenzate dalle teorie evoliane, le organizzazioni dell'estrema destra applicarono “sul campo” il mythos del guerriero al di là del bene e del male; traducendo in azioni idee raccapriccianti, ma assolutamente da riproporre, al fine di comprendere e di serbare memoria.

Infine ha meritato uno studio approfondito il rapporto controverso (e purtroppo ricco di spunti ed episodi), tra forze armate, servizi segreti e destra eversiva favorito (soprattutto in Toscana) dalla P2. Partendo dall'esiguità dei militanti dell'eversione di destra (e la loro conseguente impossibilità di agire senza coperture) e dalla mai avvenuta piena democratizzazione delle forze armate (ci si riferisce al periodo 1965-1974), si finisce per osservare l'importanza sostanziale dell'appoggio di settori della forze armate e dei servizi, ai gruppi neo-fascisti eversivi italiani, anche nel caso specifico della strage dell'Italicus. Altrettanta attenzione viene dedicata alla fondamentale presenza della P2 sullo sfondo della strage, e più in generale, della strategia della tensione.

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INTRODUZIONE I- Analisi delle fonti Thomas Mann nelle pagine iniziali di una saga, “Giuseppe e i suoi fratelli”, scrive: "Senza fondo è il pozzo del passato. Dovremmo forse per questo dirlo insondabile?" La tesi riguardante la strage del treno Italicus delle ore 1.24 del 4 agosto 1974, che provocò 12 morti e 44 feriti, nasce dall'esigenza di ribadire un concetto che, perlomeno in Italia, è sempre meno considerato “in sé” e sempre più lo è strumentalmente: quello di memoria, in rapporto alla storia recente. Secondo lo storico Andrea Di Michele nel saggio del 2008, edito da Garzanti, “Storia dell'Italia Repubblicana (1948-2008)”, la strategia della tensione sarebbe stata una risposta a quei mutamenti sociali e politici che minavano il ruolo di cerniera europea dell'Italia, nonché ne potevano pregiudicare il ruolo nello scacchiere europeo del Mediterraneo meridionale, ostaggio di regimi reazionari tra la fine dei '60 e la prima metà del 1974. Di Michele è altre sì convinto, come la matrice comune di quelle stragi, che furono denominate di Stato, sia desumibile da plurimi e convergenti punti di contatto: i depistaggi volti a dimostrare la colpevolezza della sinistra extra- parlamentare; il lento emergere di responsabilità e connessioni tra estrema destra e servizi segreti deviati; gli interventi all'interno della magistratura per evitare un chiaro accertamento della verità; le estenuanti vicende giudiziarie che non hanno portato a nulla, dopo continui stravolgimenti, annullamenti di processi, e loro spostamento di sede. per quanto riguarda tanto i tribunali quanto le procure deputate.1 Questo lavoro si propone di rileggere la storia della strage dell'Italicus, considerando la stessa come un evento non a sé stante, ma inserito pienamente nel contesto della strategia della tensione, riconsiderando la strage con quei caratteri ritenuti distintivi delle stragi di Stato. Appare anche utile ricordare, da premessa, la XII disposizione transitoria della Costituzione italiana, giustamente considerata come suprema garante della democraticità stessa dello Stato, in virtù di uno strenuo rifiuto del fascismo: “È vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista.” Appare inoltre utile per considerare come alcune connivenze, che saranno dimostrate nel proseguo di questo lavoro, siano a tutti gli effetti da considerare anti-costituzionali prima ancora che illegali. 1 A. Di Michele, Storia dell'Italia repubblicana (1948-2008), Milano, Garzanti, 2008, pagg. 208-209. 1

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