Barbagallo, riflettendo sul piano metodologico dell'approccio con il quale indagare la strategia
della tensione, e ancor più in generale, la storia italiana nel decennio 1968-1978, sceglie di sposare
la tesi dello storico Franco De Felice, quella del “Doppio Stato”, presentata nella rivista “Studi
storici” nel 1989, dove si ritiene che il Doppio stato nasca dal passaggio dallo stato liberale a quello
sociale, in un mutato rapporto tra potere e politica, dove il circuito non istituzionalizzato superi
quello istituzionalizzato nel potere, costringendo la politica a scendere a patti.
“L’emergenza di una ridistribuzione degli equilibri sociali e la modificazione delle
istituzioni politiche sono molto intrecciate: politica e potere tendono a divaricarsi”.
Pertanto il passaggio dallo stato di diritto a quello sociale, con la centralità del mercato sovrapposta
e sostituita a quella dello Stato stesso, finisce per trasformare la politica in un forzato scambio tra
consenso e risorse.
La particolare situazione italiana, di unitario anti-fascismo alla fondazione della Repubblica, ha
dovuto fare i conti con la situazione internazionale di bipolarismo (NATO e Patto di Varsavia).
Pertanto un’apertura al mercato internazionale, secondo De Felice e Barbagallo, avrebbe costretto i
propositi politici unitari a farsi parte di un alterato concetto patriottico coincidente, più che altro,
con un atlantismo dichiarato. De Felice sostiene il concetto di “Doppia lealtà” disponendo come:
“Doppia lealtà significhi lealtà tanto al proprio paese quanto al proprio schieramento, i
gruppi dirigenti si costituiscono incorporando questa duplicità di aspetti; la funzione
dirigente consiste nel garantire la complementarietà e la funzionalità tra interno-esterno.
Le scelte politiche e militari sono espressione di tale doppia-lealtà e non il loro
fondamento: la rendono operativa, la consolidano e strutturano, non la precedono”.2
Secondo De Felice, quando per la prima volta si pose il dilemma della discontinuità politica,
ovvero il paventato compromesso storico (in sinergia con una mutata situazione dello scacchiere
internazionale), la classe dirigente italiana produsse per “gemmazione” gli organismi del Doppio
Stato. Il piano Solo del 1964 e soprattutto il convegno all’Istituto Pollio del 1965, sarebbero stati
non solo l’inizio teorico della strategia della tensione secondo De Felice (e anche secondo il
presidente della Commissione parlamentare di inchiesta sulle stragi Giovanni Pellegrino), ma
l’inizio di un vero e proprio fenomeno strutturale, se vogliamo quindi reazionario, della classe
dirigente stessa: il Doppio Stato appunto. Dall’assedio reciproco tra DC e PCI, che manterrà un
peso specifico di grande valore sulla scena politica per tutto il decennio dei ’70, si avranno con le
stragi di Stato i tentativi di accentrare il potere nelle mani dei gruppi dirigenti, mediante
2 F. Barbagallo, L'Italia contemporanea, storiografia e metodi di ricerca, Roma, Carocci, 2002, pag. 172.
2
l’istituzione di governi più autoritari, con golpe veri o presunti. Alla fine degli anni '70, secondo De
Felice, furono in pochi nella classe politica italiana ad avere la sensibilità di rinnovare nella classe
dirigente un sentimento di discontinuità, nell’affrontare una situazione economica e politica
radicalmente mutata dal 1969, proponendo una “terza fase” politica, successiva al boom economico
e al reflusso del decennio appena concluso. Una seria e credibile inclusione del PCI nelle scelte
politiche italiane, favorite dalle nette prese di posizione di Berlinguer circa le scelte del suo partito,
da un punto di vista militare (non avversione alla Nato), politico ed economico. Il principale
ispiratore di tale rinnovamento fu Aldo Moro, e la sua uccisione avrebbe rappresentato la “Sconfitta
della democrazia”.3
Lo storico Paul Ginsborg, debitore quanto Barbagallo delle idee di De Felice, è stato molto citato
in questo lavoro, che si focalizza soprattutto sull'anno 1974 (definito all'unisono da tutte le fonti di
questo lavoro, come “L'anno di svolta”, il perché sarà esplicato successivamente) poiché nel tomo
“Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi, società e politica, 1943-1988” (Einaudi 1989 Torino),
convenendo con De Felice sulla necessità di un'analisi attenta dei mutamenti sociali ed economici
della storia italiana, connessi ad un mutamento della strategia della politica (fino a sfociare nella
strategia della tensione), raffigura un quadro completo di una società italiana tratteggiata dal basso,
raccogliendo l'esortazione di Barbagallo (e prima ancora di Gramsci) ad una storiografia che
finalmente superi l'approccio ancora hegeliano, mediato da Croce, alla storia intesa come superiore
alla fattualità, al tangibile, ai processi umani, che invece spesso trascendono una filosofia della
storia che non ne tiene conto.
Data la natura specifica di ogni singola strage di Stato (nel caso di questo lavoro, dell'Italicus) e
la loro dovuta collocazione in un contesto, ben si adatta uno studio che tiene conto dei processi
umani (dei mutamenti sociali, dell'intrusione della crisi economica nelle scelte del singolo, ecc.) in
ordine ad un'analisi dal basso di una situazione storica e politica difficilmente osservabile dall'alto,
ovvero dai documenti delle scelte politiche e diplomatiche, mancando riscontri oggettivi e
circostanziati (per la scarsità di fonti dirette a causa dell'apposizione dei segreti di Stato, della
reticenza dei leaders politici di allora, o ancora per i dossier solamente interni alla magistratura,
come sottolineato da Di Michele) a riprova della teoria della “Doppia lealtà” della classe dirigente,
e all'ipotetica consequenzialità delle azioni politiche e militari alla situazione sociale in mutamento.
Quando Ginsborg rileva come:
“Tra il 1962 e il 1968 i governi di centro-sinistra erano falliti nel rispondere alle
molteplici esigenze di un'Italia in rapido cambiamento. Essi avevano fatto insieme
3 F. Barbagallo, L'Italia contemporanea, storiografia e metodi di ricerca, pagg. 176-192.
3
troppo e troppo poco, nel senso che avevano parlato ininterrottamente di riforme ma
lasciando poi deluse quasi tutte le aspettative. Dal 1968 l'inerzia dei vertici fu sostituita
dall'attività della base”,4
propone una chiave di lettura concreta alla teoria della “Doppia Lealtà al Doppio Stato” di Franco
De Felice, e mutuata da Barbagallo.
La mancanza di riforme nel periodo antecedente al secondo biennio rosso, il 1968-1969 (così fu
definito da Ginsborg in rapporto al primo del 1919-20), nello specifico della società italiana, è stata
considerata alla base della reazione di parte degli apparati statali, tanto dallo storico Eric J.
Hobsbawm, quanto dallo studioso della politica Pietro Scoppola. Il primo, nel volume dedicato al
XX secolo “Il Secolo Breve 1917-1989” (Rizzoli 1997 Milano), ha ravvisato nel profondo
coinvolgimento del mondo operaio nella contestazione, con “L'autunno caldo” del 1969, concluso
simbolicamente dalla strage di Piazza Fontana del 12 dicembre 1969, un evento importantissimo,
nonché emblema di una vera “Rivoluzione culturale” e tratto distintivo della contestazione in Italia,
desiderosa di riforme economiche e politiche. Il secondo, per l'analisi della crisi politica italiana
immediatamente dopo il 1968 e alla avvenuta mancanza di riforme, confluita nel volume “La
Repubblica dei partiti: evoluzione e crisi di un sistema politico; 1945-1996” (Il Mulino 1997
Bologna): prendendo spunto dalla frase del politologo statunitense Samuel Tarrow,
“Nel periodo tra gli anni '60 e l'inizio dei '70 la democrazia italiana non solo è
sopravvissuta alle sue crisi, ma è emersa come una democrazia capitalista, matura
benché altamente conflittuale” ( da “Democrazia e disordine. Movimenti di protesta e
politica in Italia. 1965-1975” Laterza 1990 Bari),
rimarca la sua possibile concordanza per quanto concerne il profilo economico italiano, meno per
quello politico, dove il riformismo si sarebbe fermato nel 1970 solamente alla suddivisione in
Regioni dello Stato italiano e all'approvazione dello Statuto dei lavoratori; mentre il mancato
ripensamento dei rapporti produttivi secondo degli schemi “moderni” (dato il superamento del
modello fordista-keneysiano di industrializzazione, fondato sulla grande impresa e l’intervento
statale in economia)5 , nonché la mancata riforma universitaria di Gui, secondo Scoppola
consegnarono la fine del decennio dei '60, e i primi anni del decennio successivo, alla
contestazione. Per quanto riguarda la destra, secondo Scoppola e Ginsborg con l'istituzione delle
regioni e la colorazione politica delle stesse, dopo la vittoria del PCI nell'Italia centrale, apparve
ancora più possibile alla destra, la possibilità di sbandierare la minaccia di un'insurrezione
4 P. Ginsborg, Storia d'Italia dal dopoguerra ad oggi, società e politica 1943-1988, Torino, Einaudi, 1989, pag. 404.
5 F. Barbagallo, L'Italia contemporanea, storiografia e metodi di ricerca, pag. 74.
4
comunista in Italia, “di un tradimento”, di una popolazione in prospettiva più fedele al comunismo
(e dunque all'URSS) che allo Stato.6 Con la crisi economica e politica del 1973, e quell'inizio di
reflusso che Hobsbawm chiamò fine “dell'età dell'oro”, e i due brevissimi governi Andreotti e
Rumor tra 1972 e 1974 si arrivò all'anno terribile del 1974, quando un'escalation senza precedenti
della violenza, delle stragi, dei tentativi di golpe, rivelò l'apogeo della Strategia della tensione
(solamente la strage di piazza della Loggia a Brescia il 28 maggio e quella dell'Italicus, sommate,
provocarono 20 morti e più di 150 feriti).
Ancor prima della strage di Piazza Fontana, come già rilevato da De Felice, il convegno di Roma
sulla “guerra rivoluzionaria”, che si tenne dal 3 al 5 maggio 1965 all'hotel Parco dei Principi, può
essere considerato uno spartiacque tra la marginale valenza politica della destra radicale e la
sinergia di intenti ( e probabilmente anche di azioni) tra una parte dei vertici militari dell'epoca e i
teorici della “guerra rivoluzionaria”, ovvero i neo-fascisti. Il convegno organizzato dall'Istituto
“Alberto Pollio” per gli affari militari, fu finanziato dal SIFAR (l'antenato dell'odierno SISMI), e
organizzato dal colonnello Rocca, responsabile di una sezione interna al SIFAR , l'ufficio REI, vale
a dire il Reparto Enucleandi Interni. All'incontro parteciparono poche decine di persone ripartite tra
militari e civili, con una delegazione di venti universitari, tra i quali spiccavano già Delle Chiaie
(fondatore di Avanguardia Nazionale) e Mario Merlino, indagato e prosciolto per la strage di Piazza
Fontana. In tale convegno, il fulcro centrale della discussione, era rappresentato dalla convinzione
che una guerra mondiale contro il comunismo fosse già in atto, strisciante, e che bisognava
combatterla con armi altrettanto non convenzionali. Le crescenti tensioni sociali in atto in Italia,
successive al boom economico, alla migrazione interna, al primo vero accenno di secolarizzazione
di massa, erano tutti fattori che i relatori di Roma consideravano, quando decisero di giocare
d'anticipo e di convocare il convegno, puntando anche sull'impressione che i colonnelli greci
stavano suscitando in quel periodo premendo sui loro deboli governi (ben tre nel 1965), al fine di
prefigurare un nuovo ordine nell'Europa meridionale, contando sull'appoggio dell'autoritarismo di
stampo para-fascista, ben presente già in Spagna, Portogallo e Turchia.
Le relazioni di vari intellettuali di destra come De Biase, Accame e Pisanò si sommarono a quelle
di personaggi controversi come Pino Rauti e Guido Giannettini, dei quali si darà conto in seguito in
maniera approfondita. Le relazioni vertevano: sulla natura rivoluzionaria della guerra civile italiana
(1943-45), sul riconoscimento della penetrazione comunista in Italia, sulle modalità di risposta ad
essa, e su di uno sguardo ad una soluzione concreta del problema, mediante un modello quale
6 P. Scoppola, La Repubblica dei partiti: evoluzione e crisi di un sistema politico; 1945-1996 , Bologna, Il Mulino,
1997, pagg. 381-390.
5
poteva essere ad esempio, l'opposizione ferma dei colonnelli greci alla sinistra. Da annotare una
curiosità: Pino Rauti, più volte accusato di avere intrattenuto rapporti (o perlomeno la sua creatura
politica Ordine Nuovo) con la Loggia massonica P2, tenne una relazione al fianco di Giorgio
Pisanò, senatore missino e componente della commissione parlamentare di inchiesta sulla loggia P2,
la cosiddetta “Commissione Anselmi”, tra il 1981 e il 19857. Divergente da Rauti anche la biografia
di Giano Accame, fuoriuscito dal MSI nel 1968, stimato anche da sinistra ( come rileva il
giornalista Sabelli Fioretti, in un'intervista per il settimanale Sette del Corriere della Sera8) per
avere allacciato alla destra (ovviamente parlamentare), ed alla sua cultura, il filo-sionismo ed avere
dunque sostenuto l'appoggio ideologico prima ancora che politico, ad Israele.
Volume fondamentale per questo lavoro, al fine di comprendere il dipanarsi delle trame fasciste,
lungo la strategia della tensione è Minacce alla democrazia, la destra radicale e la strategia della
tensione nel dopoguerra” (Feltrinelli 1995 Milano) del professore Franco Ferraresi, già consulente
della stessa Commissione parlamentare stragi. In tale studio si ripercorre con scientifico rigore, il
cammino ideologico e politico della destra radicale dalla dissoluzione dell'RSI al periodo di stampa
del libro, corrispondente alla metà degli anni'90. Grazie alla natura enciclopedica del lavoro di
Ferraresi, molte citazioni, rimandi e approfondimenti sono diventati strumento di ricerca per questa
tesi, basti pensare all'intero capitolo riguardante l'universo ideologico della destra radicale, il quale,
senza la riflessione di Ferraresi circa la necessità di ricondurre l'ideologia rivoluzionaria e stragista
della destra radicale, entro un margine ideologico e filosofico (comunque presente nonostante le
censure, spesso anche editoriali), non sarebbe mai stato possibile. A tal fine vengono citate le
posizioni di altri studiosi come Germinario, Jesi e Cassata, dei quali lo stesso Ferraresi si dichiara
debitore. Non meno importante, risulta la critica, che sarà riproposta in seguito, mossa dallo stesso
Ferraresi, al mondo accademico, reo di non aver insistito nella ricerca e nell'approfondimento
sull'universo ideologico e di conseguenza politico, della destra radicale. L'atteggiamento di
sufficienza con il quale storici, filosofi, semiologi, sociologi, studiosi della politica si sono
approcciati alla galassia della destra radicale, non ha di certo contribuito ad alzare il velo su di un
movimento che ha potuto riciclarsi e ricomparire, seppur sotto altre forme, nella politica odierna
(Forza Nuova, Fronte Nazionale, Fiamma Tricolore). Il ruolo definito da “manovalanza” della
destra radicale, ha pregiudicato ogni interesse, nonché ogni ricerca, producendo ad oggi una
sproporzione immane tra i lavori dedicati al terrorismo di sinistra e quelli dedicati a quello di destra.
Individuare un nesso tra la contestazione, il divenire storico della lotta di classe e il terrorismo rosso
è diventato materia di ricerca per molti studiosi, a differenza di quello che è accaduto per il
7 http://www.archivio900.it consultato il 17/01/09.
8 C. Sabelli Fioretti, Il Giano Monofronte,“Sette”, 26 febbraio 2004.
6
terrorismo di destra, in virtù di “Uno spirito del tempo” che comprendeva al suo interno i terroristi
neri, senza richiedere loro un percorso culturale ed umano, ma considerandoli tutt'al più pedine del
Capitale. (F. Ferraresi, Minacce alla democrazia, la destra radicale e la strategia della tensione
nel dopoguerra, pag. 25.)
L'analisi accurata del saggio “Piombo Rosso” (Baldini Castoldi Dalai Ed. 2004 Milano), di
Giorgio Galli dove le BR e tutta la galassia terroristica della sinistra radicale, vengono studiate
dall'inizio della strategia della tensione fino ai delitti Biagi e D'Antona e l'arresto di Nadia
“Desdemona” Lioce, non è stata fondamentale soltanto per una migliore lettura diacronica del
periodo storico in esame, ma anche, e soprattutto, per considerare se il ruolo delle BR resti da
considerare più nella prospettiva reazionaria e in antitesi alla strategia della tensione e a Piazza
Fontana, oppure erede diretto, “figlio” del '68, come larga parte parte del mondo politico e culturale
(persino di sinistra9) sostiene oggi. E di conseguenza ricondurne o meno, la nascita agli atti
dell'eversione nera.
“Il 12 dicembre 1969 tutto cambiò.” Con questa frase Alberto Franceschini, fondatore delle BR con
Renato Curcio, nel libro-intervista “Che cosa sono le BR” edito da Rizzoli nel 2004 di G. Fasanella,
ha designato la strage di Piazza Fontana, costata 17 morti e 88 feriti, come atto ideale di nascita
delle Brigate Rosse. Secondo Franceschini, tutti i movimenti antagonisti percepirono una mutata
strategia da parte dello Stato, nel delegittimare la contestazione politica. Lo stesso tentativo di
instradare le indagini da subito con la pista rossa, e la successiva morte mai del tutto chiarita
dell'anarchico Pinelli (precipitato nel vuoto dalla finestra dell'ufficio del commissario Calabresi,
nella questura di Milano), sembrarono a Franceschini, e agli altri estremisti della contestazione, una
controprova di quanto stesse accadendo. Tale opinione è stata condivisa da Di Michele, secondo il
quale, il giudizio su un periodo esclusivamente ostaggio del terrorismo di sinistra figlio del '68,
sarebbe sbagliato perché il primo omicidio delle BR, le seconde (quelle successive all'arresto di
Curcio e Franceschini), avvenne nel 1975, ben 7 anni dopo il 1968. Inoltre nel periodo di acme della
strategia della tensione, 1969-74, le BR avevano avuto un peso trascurabile, rispetto alle uccisioni e
allo scacco dello Stato: probabilmente secondo Di Michele il peso differente che le BR hanno avuto
nei media è stato dovuto all'uccisione di Moro, che di certo ha lasciato una vasta impressione, oltre
che alla minore mancanza di fonti per l'eversione di destra, rispetto alla quale si vede costretto ad
utilizzare spesso locuzioni verbali come “buon grado di verosimiglianza”, “consapevolezza
dell'oscuro”, “lontano dall'essere chiarito”.
Lo stesso Scoppola, in “La Repubblica dei partiti: evoluzione e crisi di un sistema politico;
1945-1996”, sempre usando le tesi di Tarrow come punto di partenza, mostra come la parabola
9 E. Berselli, Adulti con riserva-come era allegra l'Italia prima del '68, Milano, Mondadori, 2007.
7
degli atti di violenza studentesca e operaia, raggiungeranno l'apice della curva del 1972, anno della
vittoria della DC, del rafforzamento significativo del MSI, della comparsa della Maggioranza
Silenziosa dei colletti bianchi (che nel giro di pochi anni sarà smantellata per un tentato golpe),
quando Bellocchio mette in scena il film “Sbatti il mostro in prima pagina”, che ben evidenzia la
valenza, anche mediatica, di uno spostamento a destra della agenda setting italiana. Secondo
Tarrow, la debolezza del sistema avrebbe finito per intrecciarsi con le contraddizioni presenti nel
movimento contestatore, creando effetti devastanti. Allo stesso tempo Scoppola considera, come tra
la curva di Tarrow e il 1978, la stagione degli omicidi rossi, lo shock del caso Moro, passino ben 6
anni, confutando dunque la tesi che il terrorismo di sinistra sia una deriva naturale del 1968 e
dell'autunno caldo: la connessione c'è, è innegabile, ma più che altro, secondo Scoppola, per
mancata risposta della classe politica ad una massa elettorale di sinistra che bramava riforme
immediate. La tiepida risposta politica avrebbe smosso quell'humus nel quale, comunque, si stavano
muovendo i futuri terroristi rossi.
Il volume “Piombo rosso”, oltre ad accogliere al suo interno una dettagliata storia di tutti i gruppi
rivoluzionari di sinistra (con un ovvia predominanza delle BR per il maggiore clamore e
l'importanza delle sue azioni, nonché la quantitativa maggioranza di esse), supera l'antitesi sulla
genesi ideologica delle Brigate Rosse, inserendole in una prospettiva storica (le prime BR, quelle
coeve al periodo storico analizzato in questo lavoro, dunque il 1969-1974), di continuità con la
Resistenza (ovviamente analizzando l'esperienza dalla visuale dei terroristi), così come Ferraresi ha
saputo fare con l'eversione nera, appoggiandosi alle testimonianze di un proto-terrorista di destra e
di un reduce dell'RSI, ovvero G. Salierno, “Autobiografia di un picchiatore fascista” (Einaudi
1976 Torino) e Carlo Mazzantini “A cercar la bella morte” (Mondadori 1986 Milano).
Non mancano altre citazioni tratte dallo stesso pensiero di Julius Evola, pensatore irrazionalista
della prima metà del XX secolo, al fine di determinarne un peso specifico nella formazione
dell'universo di valori della destra radicale e stragista, circa il quale il leader del Movimento
Politico Ordine Nuovo (il maggiore gruppo eversivo insieme ad Avanguardia Nazionale), Clemente
Graziani dirà:
“Il lavoro di Ordine Nuovo dal 1953 ad oggi è stato quello di trasferire sul piano
politico gli insegnamenti di J. Evola dal quale noi abbiamo mutuato tutta la nostra
impostazione dottrinale ed esistenziale.”
Gli stessi scritti dei terroristi di destra sono in questa tesi citati e analizzati al fine di non permettere
scivolose difese di ufficio, circa un'ipotetica non violenza dei gruppi della destra radicale, i quali
come si vedrà, in molti passi rivendicano una condivisione dello stragismo indiscriminato. Strategia
già teorizzata da Yves Guerin Serac, considerato una delle menti dell'attività eversiva durante
8