Tucidide e Platone - La crisi della città tra storia e filosofia della politica

L'ambiente in cui si formò Tucidide era l'Atene del periodo d'oro di Pericle e dell'insegnamento dei sofisti, una città che stava elaborando un nuovo concetto di individualità. Una città che stava sperimentando un modo totalmente differente di vivere politicamente le istituzioni: con l'introduzione della mistoforia, infatti, la politica divenne un lavoro remunerato e ambito, fondato su di una preparazione retorico- dialettica di cui i sofisti erano gli insegnanti più ambiti. Una nuova concezione di polis, dunque, in cui, sebbene permanessero le difficoltà tipiche di ogni città stato greca nel concedere la piena cittadinanza, l'apertura di un'enorme quantità di vie commerciali e la fondazione di moltissime colonie, unite ad una spregiudicata e arrembante politica estera, avevano contribuito a rivoluzionare la visione del mondo al di fuori delle mura cittadine. Atene andò a colmare il vuoto di potere lasciato dai Persiani in seguito alle guerre vittoriose di inizio secolo, costruendo, in particolare sotto la guida di Pericle, un vero e proprio impero commerciale, in cui le città alleate erano tenute a versare forti tributi economici, che contribuivano sempre maggiormente a ingrandire il tesoro della Lega, conservato nell'acropoli della città. Questo enorme afflusso di ricchezze stimolò un fermento artistico- letterario incredibile, e Atene divenne, nell'arco di pochi anni, una città splendida, attirandosi, contemporaneamente, gli odi della gran parte delle città greche (comprese le alleate, costrette dalla disparità di forze a restare “sotto protezione” ateniese, ma colme di rancore per la perdita della libertà di autodeterminazione politica). Il risultato più evidente e sconvolgente di questa epoca aurea di ricchezza e potenza ateniese fu, come detto, un cambiamento di visione del ruolo del singolo all'interno della polis. Fino all'epoca precedente, infatti, l'individuo non era che un “mattone” di dimensione e peso più o meno uniforme che andava a costruire, assieme a migliaia di altri, quella sorta di muro invalicabile che era il concetto greco di cittadinanza, un limite insuperabile per gli stranieri.