Ipotesi ambientali sull’evoluzione umana e le influenze dei cambiamenti climatici: analisi dei siti in grotta sudafricani di Sterkfontein e Swartkrans
Sudafrica: i siti in grotta e le loro testimonianze
Il complesso di siti sudafricani oggi denominato “Culla dell’umanità” e protetto dall’Unesco come patrimonio culturale dell’umanità, rappresenta insieme ai siti dell’Africa orientale, nei territori della Tanzania, del Kenya, dell’Etiopia, il centro focale degli studi sulla nascita ed evoluzione della famiglia degli ominidi.
Le scoperte di grotte e caverne, spesso crollate o sigillate dal deposito di concrezioni calcaree alternate a strati di conglomerati (Breccia), si sono succedute durante il corso di tutto il XX secolo dalla prima clamorosa scoperta, effettuata casualmente in una cava di calcare presso Taung in Sudafrica, nel 1924.
Qui emersero, concrezionati nella roccia fatta brillare per essere estratta, i resti di esseri molti simili a delle scimmie i quali furono subito spediti a un giovane professore appenna trentaduenne, Raymond Dart, che non esitò nel vedervi rappresentati i primi reperti di quell’antenato primordiale che, come ipotizzato dallo stesso Charles Darwin, aveva abitato il continente africano in tempi remoti per poi evolversi sino a giungere alla nostra specie attuale (Broglio, 2003).
La differenza rispetto ai siti che sono stati individuati nell’Africa Orientale, che presentano stratificazioni formatesi per accumulo di sedimenti lacustri o per fenomeni vulcanici legati all’intensa attività tettonica di questa regione del continente, è che nei siti del Sudafrica non è possibile utilizzare metodi di datazione quali il potassio-argon o l’argon-argon, ottimi per le rocce ignee poiché determinano il momento di degassamento totale, legato al primo raffreddamento (Herries, 2008).
Fino alla metà del secolo scorso e oltre, l’unico apporto alla cronologia era offerto dalla biocronologia, che forniva una datazione relativa attraverso lo studio dei resti faunistici contenuti all’interno degli strati geologici . In seguito alla scoperta del metodo legato al decadimento dell’isotopo 14C da parte del professor Libby negli anni 50 del novecento, altri metodi di datazione geocronometrica ebbero impulso; tra questi si annoverano il disequilibrio radioattivo della famiglia dell’uranio , il K/Ar, l’Ar/Ar, l’ESR (electron spin resonance) ed altri.
Inoltre, la creazione di sequenze paleomagnetiche dove sono rappresentate le inversioni principali del campo magnetico terrestre, datate con altri metodi indipendenti, ha permesso di studiare e comprendere in maniera più chiara siti con stratificazioni complesse quali quelli sudafricani. Datando i depositi con questi nuovi metodi, è stato possibile correlare in maniera più immediata e valida le ricerche sui numerosi siti africani recanti nelle loro stratificazioni tracce dell’evoluzione umana (Herries, 2008). Lo studio delle origini del genere Homo e Paranthropus e delle loro relazioni filetiche con le specie australopitecine rimane uno dei campi di ricerca fondamentali nella paleoantropologia. I siti Plio-Pleistocenici dell’Africa meridionale sono importantissimi per la loro ricchezza in termini quantitativi di resti fossili di questi ominini, con 64 fossili craniodentali appartenenti al genere Homo (Curnoe, 2008), almeno 500 esemplari scoperti appartenenti al genere Paranthropus (De Ruiter, 2006), e per il fatto che sono stati ritrovati insieme nel record archeologico di ben 5 siti: Sterkfontein, Swartkrans, Kromdraai, Drimolen e Gondolin.
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Informazioni tesi
Autore: | Maurizio Porcu |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Pisa |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Scienze dei beni culturali |
Relatore: | Giovanni Boschian |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 55 |
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