La generazione di mezzo. Seconde generazioni alle prese con la quotidianità
Seconde generazioni
La cosiddetta seconda generazione è un insieme eterogeneo di giovani di origine straniera: in questa definizione infatti rientrano casi molto diversi, come i bambini nati e cresciuti nella società ospitante ma anche i ragazzi cresciuti nel loro paese d'origine e trasferitisi in quello di immigrazione quando già erano adolescenti.
In Italia sono presenti quasi un milione di minori stranieri e rappresentano più di un quarto del totale degli immigrati e quasi il 10% dei minori, sia autoctoni che stranieri.
La loro presenza è fondamentale perché indica un cambiamento nel flusso migratorio: che la presenza straniera nel nostro Paese infatti sempre più frequentemente passa da temporanea a stabile; inoltre è l'elemento che mette in discussione i concetti di nazionalità e cittadinanza e che esplicita «la crisi irreversibile di una società idealmente omogenea per lingua, per razza, per religione». [Giovannetti, Nicotra, 2012; p 24]
Tipologie e caratteristiche
Ci sono diversi modi per distinguere le fasce della seconda generazione, il più conosciuto è quello proposto da Rumbaut, che distingue tra:
• Generazione 1.25: giovani emigrati tra i 13 e i 17 anni; la loro esperienza è simile a quella della prima generazione di immigrati, la cui socializzazione e scolarizzazione si è svolta nel paese d'origine.
• Generazione 1.5: ragazzi arrivati tra i 6 e i 12 anni; la loro scolarizzazione è cominciata nel paese d'origine, ma viene completata in quello d'immigrazione.
• Generazione 1.75: bambini emigrati tra gli 0 e i 5 anni; non hanno quasi memoria del paese d'origine e hanno compiuto la loro socializzazione interamente nel paese d'adozione.
• Generazione 2.0: giovani che sono nati nel paese d'accoglienza da entrambi i genitori stranieri.
Questo modello sottolinea l'importanza dell'età di arrivo nel nuovo paese per l'inserimento e l'integrazione. E' chiaro infatti che chi si trova nel paese d'adozione da più tempo, o vi è addirittura nato, ha avuto maggiori possibilità di relazionarsi con il contesto e di apprenderne rapidamente la lingua.
L’identità è quindi un concetto chiave per questi giovani in bilico tra due modi diversi, con lingue ed usanze diverse. Tutte le seconde generazioni infatti, sebbene le 2.0 siano avvantaggiate, hanno da una parte la famiglia, portatrice dei valori, della religione e della lingua del Paese d'origine e dall'altra la società di arrivo, caratterizzata da elementi spesso completamente differenti. Essi quindi arrivano a chiedersi: chi sono? [Orioles, 2015;]
Problemi di identità
Si conferma la crescita dei nuovi cittadini italiani, già osservata negli anni precedenti.
Nel 2015 infatti sono circa 178 mila, il 37% in più rispetto al 2014.
Tra di essi sono presenti le acquisizioni di cittadinanza per matrimonio, la trasmissione automatica al minore convivente da parte del genitore straniero divenuto italiano, e i diciottenni residenti in Italia fin dalla nascita.
E' interessante però notare come il 37% dei nuovi italiani abbia meno di 18 anni d'età.
Essere italiani o vivere in Italia da molto tempo non porta automaticamente a sentirsi italiani.
Vediamo qualche dato:
• In generale tra i giovani della seconda generazione
◦ il 38% si sente italiano
◦ il 33% si sente straniero
◦ il 29% non sa come rispondere.
• L'indecisione, la sospensione d'identità riguarda oltre un ragazzo su quattro
◦ la cifra aumenta nel caso di coloro che sono arrivati in Italia tra i 6 e i 10 anni (31,2%)
• I ragazzi provenienti dall'Asia e dall'America latina sono quelli che hanno le maggiori percentuali di coloro che affermano di considerarsi stranieri (raggiungono il 42,1% nel casodella Cina e il 39,5% dell'Ecuador).
• Coloro che provengono da paesi europei (anche se non appartenente all'UE) hanno quote di coloro che si sentono italiani superiori al 40%, come nel caso del 45,8% dei giovani rumeni.
Un fattore di cui tenere conto quando si pensa a quale nazionalità le seconde generazioni si considerano più affini è l'attitudine delle diverse collettività: non è un caso infatti che la percentuale maggiore di giovani che si sentono stranieri si riscontri in quelle comunità, come quella cinese, che generalmente sono chiuse in loro stesse e non entrano spesso in contatto con gli italiani; ciò può essere al tempo stesso causa e conseguenza della scarsa conoscenza della lingua (la media dei giovani nati in Italia che affermano di conoscere molto bene l'italiano è del 60%, mentre i ragazzi di origine cinese non oltrepassano il 29%).
Una riprova si trova nei giovani di origine marocchina, di cui il 35,8% si sente italiano (è la percentuale più elevata tra le seconde generazioni di origine noncomunitaria) e il 73% dichiara di parlare molto bene l'italiano: questi dati non sorprendono se si pensa che 8 su 10 frequentano i loro coetanei italiani.
I ragazzi provenienti da un Paese europeo appaiono invece avvantaggiati, probabilmente a causa dell'aspetto fisico e dalla cultura, che meno si differenzia da quelli italiani rispetto a coloro che provengono da Paesi non comunitari.
Oltre alla cittadinanza, anche l’età di arrivo in Italia ha una certa importanza:
◦ i giovani arrivati in Italia dopo i 10 anni si considerano prevalentemente stranieri (53% contro il 17% di chi si sente italiano);
◦ tra i ragazzi nati in Italia invece il 47,5% si sente italiano, mentre solo il 23,7% si percepisce straniero.
Generalmente quindi anche l'età di arrivo in Italia è di grande rilevanza per quanto riguarda la percezione della propria appartenenza: prima i giovani giungono nel nuovo Paese, più facilmente si sentiranno ad esso affini, poiché avranno più tempo per relazionarsi con la nuova società, i suoi valori e le sue usanze e, di conseguenza, li faranno propri più frequentemente. [Istat, Rapporto annuale 2016]
Bisogna tener conto che la costruzione dell'identità dei giovani migranti o di origine straniera, non è affatto un percorso scontato: sebbene infatti tutti gli adolescenti si trovino a dover esplorare la propria individualità, dovendo però al contempo ubbidire all'autorità dei genitori, per le seconde generazioni le difficoltà aumentano, poiché la loro famiglia ha spesso valori, credenze ed abitudiniin contrasto con quelle della società di accoglienza, alla quale si richiede loro di integrarsi.
Inoltre i giovani, nonostante essi cerchino di integrarsi all'interno della società, si ritrovano ad affrontare altri problemi, come la persistenza di atteggiamenti esterni che li giudicano in base alla loro etnia, che viene identificata con la lingua e la religione: sebbene i giovani non sempre conoscano la loro lingua d'origine o professino la religione della loro comunità, essi sono comunque coinvolti in casi di esclusione dal gruppo dominante.
Per questo motivo vengono spesso ritenuti la “generazione nel mezzo”, infatti all'interno delle loro personalità cercano di sintetizzare il meglio dei due mondi di cui fanno parte: il primo, quello di cui fa parte la famiglia e la comunità, è quello che li ha cresciuti, spesso basandosi su idee tradizionali; il secondo, ossia la società di accoglienza, che si manifesta tramite varie figure ed istituzioni come la scuola, li spinge a confrontarsi e a fare propri un insieme di valori radicalmente differenti, che spesso si basano sullo «sviluppo personale, sull'autonomia e sull'uguaglianza di genere». [Ricucci,2010;]
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La generazione di mezzo. Seconde generazioni alle prese con la quotidianità
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Informazioni tesi
Autore: | Martina Mazzucchelli |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2015-16 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Lettere |
Relatore: | Francesca Forno |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 169 |
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