Nuovi miti razionalizzanti dell’attività produttiva e paternalismo Olivetti
Paternalismo industriale
A partire dagli anni Ottanta il paternalismo è divenuto una delle categorie concettuali più discusse in termini interdisciplinari. Ha suscitato l'interesse di psicologi sociali, sociologi, economisti che hanno definito il paternalismo industriale come: "un insieme strutturato di mezzi materiali, ideologici e politici, utilizzati per formare e rinnovare la manodopera necessaria al funzionamento di un processo di lavoro determinato, in una regione data" e come una "serie di pratiche, sia materiali che simboliche, sviluppate dagli imprenditori per attrarre, organizzare, provvedere, disciplinare, formare e, attraverso la famiglia, riprodurre la forza lavoro."
Un'ulteriore definizione si è resa necessaria per potere estendere il concetto di paternalismo industriale dalle fabbriche tessili protagoniste della prima fase dell'industrializzazione, nelle quali il datore di lavoro è fisicamente presente nell'azienda, alle grandi industrie metallurgiche nelle quali la presenza di gerarchie intermedie e la spersonalizzazione del "padrone" pongono una nuova visione del concetto. In questa logica il paternalismo industriale diviene una strategia manageriale.
Nelle grandi aziende esso si articola in una serie di strategie utilizzate per creare relazioni gerarchiche accettate ovvero uno strumento fondamentale per la costruzione e per la contrattazione del consenso all'interno dei luoghi di lavoro.
Si parla di paternalismo in quanto emerge in questo quadro la metafora del "padre" visto come pilastro fondamentale ed insostituibile per legittimare il sistema gerarchico della fabbrica, tanto da proporsi come un aspetto vitale per tentare una ricostruzione della storia del lavoro e per lo studio delle relazioni industriali e sociali all'interno delle aziende.
Alla luce del paternalismo, dell'immagine del "padrone-padre" e della "azienda-famiglia" è possibile cogliere la complessità e spesso l'ambivalenza che caratterizza il rapporto tra imprenditori e lavoratori, descrivere con minore approssimazione le culture e le identità dei soggetti protagonisti del mondo di fabbrica ed inoltre è possibile interpretare il paternalismo come una delle forme delle politiche sociali delle imprese evidenziandone il "compromesso" tra obiettivi eterogenei, collettivi ed interessi diversi.
In quest'ottica la politica paternalistica assume un ruolo fondamentale in quanto, assumendo modelli derivanti dalla struttura familiare, richiama legami in cui la componente affettiva si coniuga ad una concezione di interesse comune e ad una accettazione di un sistema gerarchico percepito come "naturale". Tuttavia essa non può però essere imposta unilateralmente e pretesa dalle sfere datoriali e manageriali bensì deve essere ottenuta riscuotendo un grado di apprezzamento dalla controparte operaia e, di conseguenza, deve essere scelta.
In questo senso, è proprio il concetto di reciprocità tra datori di lavoro e lavoratori inteso come possibilità di negoziazione ad assumere un ruolo determinante. Solo partendo da questa premessa è possibile utilizzare il concetto di paternalismo industriale come relazione tra le parti "reciprocamente accettata", come rapporto che, anche quando la forza contrattuale risulta debole, contiene sempre un elemento di scelta da parte dei lavoratori.
Si crea così una vera e propria forma di "contrattazione informale" alla quale gli imprenditori sono interessati e spinti dalla necessità di poter disporre di manodopera stabile e disciplinata e i lavoratori dall'esigenza di ottenere forme di integrazione al salario e sicurezza di lavoro.
Con l'ampliarsi delle dimensioni degli impianti industriali, la separazione fisica tra capitale e responsabilità aziendale, l'estensione delle figure intermedie e del ruolo degli ingegneri, portano ad una costruzione gerarchica della fabbrica molto più complessa rendendo inutilizzabile il tradizionale rapporto personale tra imprenditore e lavoratore. L'autorità del "padrone" non è più "naturale", "faccia a faccia", ma "deve essere legittimata da una competenza tecnico-produttiva utile ai fini dichiarati dell'azienda, la metafora del padre diviene meno efficace, o addirittura rischiosa se utilizzata troppo apertamente".
In questo senso è importante approfondire il concetto analizzando gli studi condotti da Gerard Noiriel, il quale identifica in questo momento la nascita di un paternalismo industriale contrapposto ad un periodo precedente caratterizzato invece da una forma di ciò che lui definisce "patronage": "il nuovo paternalismo industriale mira a fare del lavoratore dipendente un produttore e quindi aspira ad un controllo totale sulla vita dell'operaio".
Controllo profondamente radicato e che percorre diverse vie, dalle abitazioni alle scuole, dai servizi assistenziali a quelli per il tempo libero controllo che: "si manifesta come aspirazione ad un'egemonia culturale dell'autorità imprenditoriale"
Punto fondamentale di questa analisi è la rottura definitiva con la società agraria tradizionale a causa della quale l'impresa ricopre per la prima volta un "ruolo assoluto" nella vita degli operai: "…è solo dall'azienda che la forza lavoro può attendersi tutto quanto le necessita ed è all'azienda che tutto si chiede e alla quale, di conseguenza, è più facile sentire di appartenere…"
Concludendo, un paternalismo così connotato è una strategia che necessita ancora più fortemente ed in modo organizzato il coinvolgimento dei lavoratori in particolare di quelli che ricoprono le funzioni più importanti per l'organizzazione produttiva: gli operai qualificati e specializzati.
L'elemento della contrattazione e della negoziazione si fa così sempre più evidente, perde gradualmente molti dei suoi aspetti di informalità per assumere la forma di veri e propri accordi aziendali, si distacca dagli elementi più marcati di unilateralità padronale e rifonda il concetto di autorità imprenditoriale sulla base di un'alleanza solidale per la produzione. [...]
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Nuovi miti razionalizzanti dell’attività produttiva e paternalismo Olivetti
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Informazioni tesi
Autore: | Simone Bonasio |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Torino |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Gestione e consulenza del lavoro |
Relatore: | Domenico Carbone |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 64 |
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