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Figure ambivalenti nel romanzo Oblomov. Alcuni studi recenti

Oblomov e ''gli altri''

Alcuni studiosi hanno analizzato il modo in cui Oblomov percepisce il mondo esterno, i cosiddetti "altri". Nel romanzo non vengono semplicemente descritti i rapporti che il protagonista ha con le persone che lo circondano, ma viene data la visione che l'eroe ha degli altri attraverso le sue parole, il suo comportamento e le sue azioni. Attraverso questo termine di confronto con gli altri il protagonista cerca di definire sé stesso. La sfilata di visitatori che si reca all’interno dell’appartamento presenta gli altri che, dal punto di vista di Oblomov, stanno sprecando la loro vita in sciocchezze e, in relazione a tutti loro, egli stesso appare come un altro, pieno di dignità e integrità, un uomo che si dedica al libero lavoro della mente, dell'anima e dell'immaginazione.88 Questo discorso sugli "altri", coloro che vivono in modo diverso, viene sollevato dallo stesso Oblomov nel corso del suo primo litigio con Zachar, che inizia con la ricerca della lettera spedita dallo starosta, il capovillaggio. Nel momento in cui viene a sapere dei problemi della sua tenuta e in seguito del trasloco, inizia una accesa discussione con il servo. Il litigio tra i due inizia quando il padrone, stufo della sporcizia che ha invaso la sua casa, chiede spiegazioni al servo:

“Com’è che dagli altri non ci sono né tarme, né cimici? [...] -Perché mai dagli altri è pulito? - ribatté Oblomov. Guarda un po’ di fronte, dall’accordatore: è un piacere guardare, eppure ha solamente una cameriera.89

Tutte queste domande che Il’ja Il’ič pone al suo servo sono l’inizio di una lunga discussione tra i due. È proprio l’episodio in cui il servo si azzarda a paragonare il padrone agli “altri”, che fa scatenare l’ira di quest’ultimo.

“-Perché mi hai proposto di traslocare? Bastano le forze umane a sopportare tutto questo? -Io pensavo che gli altri non sono peggiori di noi eppure traslocano, così anche noi possiamo...-disse Zachar. -Cosa? Cosa? - domandò di scatto Il’ja Il’ič, alzandosi stupito dalla poltrona. –Cosa hai detto? [...] -Ecco cosa sei arrivato a dire! D'ora in poi saprò che io per te sono la stessa cosa di un “altro”!”90

Il servo, senza rendersene conto, ferisce i sentimenti del padrone, sebbene le sue intenzioni fossero assai diverse. Zachar ha voluto semplicemente trovare delle motivazioni a favore dell’inevitabile trasloco. Tutto questo dà inizio ad un lungo dialogo basato sulla spiegazione del concetto dell’altro da parte di Oblomov, che fa uso di domande retoriche e una moltitudine di esclamazioni, per dimostrare la differenza tra lui e “gli altri”:

“Vuoi che ti dica cos'è? Zachar si rigirò come un orso nella tana, e il suo sospiro risonò in tutta la stanza. Un altro, quello che tu intendi, è uno straccione matricolato, un essere rozzo e incolto, vive nella sporcizia e nella povertà, in solaio: magari dorme su un mucchio di stracci in qualche cortile... Lui sì che può cambiar casa. Ecco, un Ljagaevskij metterà il bastoncino sotto il braccio, avvolgerà due camicie in un fazzoletto e via... Dove vai? – Faccio trasloco, risponde. Ecco cosa è un altro! E io per te sono un altro? Eh?”91

Questo paragone qualifica Oblomov come essere superiore, poiché ciò che ha detto implica il fatto che egli non voglia paragonare sé stesso ad altri individui. Per far capire a Zachar chi sono veramente gli altri, fa un altro esempio durante la discussione.

“Che cos'è un “altro”? - proseguì Oblomov- Un altro è un tale che si pulisce le scarpe da solo, si veste con le sue mani, anche se qualche volta ha l'aria di un signore, ma in verità non lo è, e non ha idea cosa vuol dire un servo, va a comprarsi la roba di persona perché non ha chi mandare; la legna nella stufa la muove lui, certe volte anche spolvera.”92

Sentendosi molto offeso, Oblomov tende a vittimizzarsi davanti al servo, elencando tutte le cose positive che avrebbe fatto per lui, se non avesse affermato quelle cose.

“Ma come hai avuto l’ardire! -proseguì Il’ja Il’ič. -E io che nel mio piano gli avevo assegnato una cosa indipendente, un orto, una quota del mio frumento, gli avevo assegnato uno stipendio. [...] Mentre lui è ancora insoddisfatto, mi mette tra gli ‘altri’! Ecco la ricompensa! Onora proprio bene il padrone!”93

Quando la discussione con il servo è giunta alla fine, Oblomov inizia a meditare e riflettere sull’accaduto, cercando delle risposte dentro di sé.

“Si mise a riflettere... “Che vorrà dire questo? Un “altro” invece avrebbe fatto tutto ciò?”, gli balenò alla mente. “Un altro, un altro... Cosa sarà mai quest’altro?” Si immerse nel confronto tra sé e “l’altro”. Iniziò a pensare, pensare: e ora in lui si stava formando un’idea dell’altro, diametralmente opposta a quella che aveva dato a Zachar.”94

Per un momento sembra quasi che Oblomov provi ammirazione per le altre persone:

“Dovette riconoscere che un altro sarebbe riuscito a scrivere tutte le lettere, in modo che le espressioni il quale e che non si scontrassero tra loro neanche una volta, un latro si sarebbe pure trasferito in un nuovo appartamento, avrebbe realizzato il piano e sarebbe andato in campagna...”95.

Nel saggio Razionalità ed emozione dello studioso Molinari, viene evidenziata l'ossessione di Oblomov riguardante il concetto dell’"altro". Il dialogo assurdo tra servo e padrone è enfatizzato dalle 26 ripetizioni della parola "altro" (drugoj). Il critico ci dice:

“Nel suo insieme il dialogo si fonda sopra un paradossale capovolgimento di parti: sebbene sia Oblomov a fare della parola “altro” un uso individuale e improprio, egli rimprovera un presunto uso individuale a Zachar e rivendica alla sua personale interpretazione il ruolo di significato fisso del termine. Assolutizzare gli “altri”, cioè sottrarre alla parola il senso di alternatività, equivale ad un abolirla ed escluderla. Gli “altri” sono una razza umana a cui Oblomov è paragonabile soltanto in contesti individuali. L’identificazione di “altri” con una particolare categoria umana è necessaria a far coincidere questa categoria con tutti i non-Oblomov o con tutto il non- oblomovismo. Il non-Oblomov non ha ancora quella funzione di fattore di consapevolezza che assumerà nella seconda parte, configurandosi come “contrapposto a Oblomov”.96

Molinari evidenzia come l'approccio di Oblomov nei confronti dell’"altro" sia caratterizzato da una serie di distorsioni e limitazioni. Innanzitutto, Oblomov tende a considerare l’“altro” come una minaccia o un elemento estraneo al suo mondo. Questo atteggiamento è evidente nel dialogo tra Oblomov e Zachar, dove Oblomov rimprovera l'uso individuale della parola “altro” da parte di Zachar, pur essendo lui stesso colpevole di una visione individualista del termine. In secondo luogo, Oblomov assolutizza l’“altro”, cioè, tende a negare la diversità e l'alternatività che l’“altro” rappresenta. Questo implica un'abolizione e un'esclusione dell’“altro” stesso, rinunciando a un confronto significativo e alla possibilità di una comprensione reciproca. Molinari sostiene che tale assolutizzazione degli “altri” rifletta un orgoglio di classe da parte di Oblomov, che si considera superiore rispetto a coloro che sono diversi da lui. Questo orgoglio deriva dalla sua posizione di aristocratico in decadenza, che cerca di trovare sicurezza e identità nel confronto con le classi sociali inferiori.97 Oblomov si considera dunque un eletto, geloso del proprio privilegio, e per questo si offende nel momento in cui Zachar lo paragona agli “altri”. Tuttavia, questa offesa è solo uno strumento di immunità e difesa. Oblomov cerca di proteggersi dal mondo esterno, è un nemico della banalità arrogante e aggressiva del diciannovesimo secolo; tuttavia, è altrettanto ovvio, come afferma Testa nel suo saggio, che Oblomov non condanni il suo secolo da una posizione di forza, poiché anch'egli è una vittima dei suoi tempi.98
Oblomov è un riflesso del suo tempo e della società in cui vive e sebbene egli cerchi di distaccarsi e di negare la banalità e l'arroganza del suo secolo, alla fine si rivela anch'egli una vittima delle circostanze e delle dinamiche sociali che lo circondano. Questo sottolinea l'interconnessione tra l'individuo e il contesto storico e sociale in cui si trova. Nella prima fase del romanzo, l’"altro", cioè i visitatori esterni, nonostante siano persone reali, non sono in grado di minare l'integrità del mondo oblomoviano. Nella seconda parte, sostiene il critico, questo concetto di "altro" diventa un fantasma così pervasivo da non poter essere semplicemente ignorato come gli ospiti nella parte precedente: l'oblomovismo si trova costretto ad evocare il fantasma per sua stessa iniziativa e a nominarlo un numero infinito di volte, rendendo così sempre più evidente e opprimente la sua presenza.99 A mio parere l’“altro” assume una duplice natura all'interno del romanzo di Oblomov. Da un lato, rappresenta una minaccia esterna al mondo tranquillo e statico di Oblomov, in quanto le interazioni con gli “altri” portano spesso a conflitti, cambiamenti e richieste di adattamento che lui preferisce evitare. Dall'altro lato, l’“altro” assume anche una dimensione simbolica, rappresentando tutto ciò che Oblomov stesso non è e che percepisce come corrotto. Oblomov interpreta il termine “altro” cercando di imporvi il proprio significato, ma ciò porta solo ad un ulteriore isolamento e malinteso tra il protagonista stesso e Zachar. Questo esasperato uso del termine potrebbe essere considerato come un'espressione della frustrazione di Oblomov nel tentativo di trovare un senso di identità e di relazione con il mondo esterno. Questa figura dell’“altro” diventa un fantasma che lo perseguita, mettendo in discussione la sua stessa esistenza e costringendolo a confrontarsi con la realtà che aveva cercato di evitare.
[…]



[88] Gončarov, I. (2015), p.9.
[89] Gončarov, I. (2015), p.4. «—Как же у других не бывает ни моли, ни клопов? [...] —Отчего ж у других чисто? — возразил Обломов. — Посмотри напротив, у настройщика: любо взглянуть, а всего одна девка». (Gončarov, I., (1987), p.14).
[90] Ivi, p. 37. «—Зачем же ты предлагал мне переехать? Станет ли человеческих сил вынести все это? — Я думал, что другие, мол, не хуже нас, да переезжают, так и нам можно...—сказал Заха—Что? Что? — вдруг с изумлением спросил Илья Ильич, приподнимаяс кресел. — Что ты сказал? [...] — Вот ты до чего договорился! Я теперь буду знать, что я для тебя все равно, что «другой»!». (Gončarov, I., (1987), p.71).
[91] Ivi, p.39. «Захар повернулся, как медведь в берлоге, и вздохнул на всю комнату. — Другой — кого ты разумеешь — есть голь окаянная, грубый, необразованный человек, живет грязно, бедно, на чердаке; он и выспится себе на войлоке где-нибудь на дворе. Что этакому сделается? Ничего. Трескает он картофель да селедку. Нужда мечет его из угла в угол, он и бегает день-деньской. Он, пожалуй, и переедет на новую квартиру. Вон, Лягаев, возьмет линейку подмышку да две рубашки в носовой платок и идет... «Куда, мол, ты?» — «Переезжаю», — говорит. Вот это так «другой»! А я, по-твоему, «другой»— а?». (Gončarov, I., (1987), p.73).
[92] Ivi, p.40. «—Что такое другой? — продолжал Обломов. — Другой есть такой человек, который сам себе сапоги чистит, одевается сам, хоть иногда и барином смотрит, да врет, он и не знает, что такое прислуга; послать некого — сам сбегает за чем нужно; и дрова в печке сам помешает, иногда и пыль оботрет». (Gončarov, I., (1987), p.74).
[93] Ivi, p.41. «—Да как это язык поворотился у тебя? — продолжал Илья Ильич. —А я еще в плане моем определил ему особый дом, огород, отсыпной хлеб, назначил жалованье! Ты у меня и управляющий, и мажордом, и поверенный по делам! Мужики тебе в пояс; все тебе: Захар Трофимыч да Захар Трофимыч! А он все еще недоволен, в «другие» пожаловал! Вот и награда! Славно барина честит!». (Gončarov, I.,(1987), p.75).
[94] Ivi, p.42. «Он задумался... «Что ж это такое? А другой бы все это сделал! — мелькнуло у него в голове.— Другой, другой... Что же это такое другой? Он углубился в сравнение себя с «другим». Он начал думать, думать: и теперь у него формировалась идея, совсем противоположная той, которую он дал Захару о другом». (Gončarov, I., (1987), p.77).
[95] Ibidem. («Он должен был признать, что другой успел бы написать все письма, так что который и что ни разу не столкнулись бы между собою, другой и переехал бы на новую квартиру, и план исполнил бы, и в деревню съездил бы». (Ibidem).
[96] Molinari, S. (1970), p.97.
[97] Ivi, p.97.
[98] Testa, C. (1994), p,400.
[99] Molinari, S. (1970), p.97.

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Figure ambivalenti nel romanzo Oblomov. Alcuni studi recenti

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Informazioni tesi

  Autore: Monika Serafimoska
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2022-23
  Università: Università degli Studi di Firenze
  Facoltà: Lingue e Letterature Straniere
  Corso: Lingue e letterature straniere
  Relatore: Valentina  Rossi
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 53

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