Il ruolo delle emozioni in pubblicità: analisi del caso aziendale CheBanca!
Neuromarketing e risvolti etici
È indubbio che le neuroscienze hanno come oggetto lo studio delle fondamenta del nostro senso di sé. Questi temi di ricerca possono generare preoccupazioni nella opinione pubblica se non condotti con la dovuta cautela. Per questo motivo nel 2002, un gruppo di neuroscienziati ha coniato il termine neuroetica per aprire un campo di riflessione sui concetti che col passare del tempo vengono scoperti dalle neuroscienze sul funzionamento dell’attività cerebrale. William Saffire, (2002), opinionista politico del New York Times, nonché colui che ha coniato il termine neuroetica, definisce la stessa come “la disciplina o meglio come un campo d’indagine che si occupa della valutazione di ciò che è giusto o sbagliato, buono o cattivo circa il trattamento, il perfezionamento o l'invasione indesiderata e la preoccupante manipolazione della mente umana”.
La neuroetica ha che fare con la nostra coscienza, la nostra identità e pertanto è una questione fondamentale sulla quale dibattere. Tra le preoccupazioni più sentite e per questo più dibattute dalla neuroetica si possono ricordare le seguenti:
- timore che il progresso tecnologico possa in futuro monitorare e manipolare la mente umana;
- per la prima volta è possibile rompere la privacy della mente umana, e giudicare le persone non solo per le loro azioni ma anche per i loro pensieri e le loro predilezioni non rilevate esplicitamente;
- come comportarsi nel momento in cui ci si imbatte con risultati non previsti.
Alla prima preoccupazione è possibile far fronte rispondendo con le parole pronunciate in un intervista dal Professor Francesco Gallucci, presidente di 1to1lab, società di ricerca che opera nell’ambito del marketing e della comunicazione emozionale (Ricci, 2008). Gallucci sostiene che in una società in cui l’informazione ha generato inquinamento e overload, anche a causa dell’eccesso di prodotti ma sicuramente per l’eccesso di pessima comunicazione e di proposizione di mondi sempre più staccati dalla realtà, il neuromarketing permette di capire come rendere più chiara e coinvolgente la comunicazione. Metodologie quali biofeedback, eye-tracking e neuroimaging consentono di individuare gli elementi di cui il consumatore ha necessità al fine di proporgli un’offerta in linea con le sue aspettative e desideri.
In quest’ottica il neuromarketing persegue quindi un obiettivo etico, prima che economico. Dall’intervista emerge quindi un completo disaccordo da parte del Professore a identificare il neuromarketing come una forma di manipolazione del cervello e dei desideri. Altro importante problema che caratterizza le neuroscienze riguarda il concetto di privacy, problema che peraltro lo si può ritrovare anche nella ricerca genetica.
Nel caso della genetica, il soggetto che dona un campione del proprio tessuto non è in grado di controllare il numero di informazioni che è possibile trarre sul suo stato di salute da quel campione. Allo stesso modo, anche nelle neuroscienze, ci può essere questa difficoltà a tener riservati i dati personali soprattutto nel momento in cui si potessero estrarre delle informazioni differenti da quelle per cui il particolare studio è stato proposto al soggetto sperimentale. Un altro rilevante quesito a cui ancora non si è riuscito a rispondere in modo completo riguarda il modo in cui comportarsi quando si ottengono dei “risultati non previsti”.
Con “risultati non previsti” si intendono quei risultati che esulano dalle finalità per cui è stato fatto l’esame, e che rilevano dati potenzialmente significativi sul piano clinico: tumori, malformazioni, stati iniziali di malattie neurodegenerative.
Questo brano è tratto dalla tesi:
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Informazioni tesi
Autore: | Andrea Ciceri |
Tipo: | Tesi di Laurea |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Milano |
Facoltà: | Scienze Politiche |
Corso: | Comunicazione d'impresa |
Relatore: | Laura Iacovone |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 143 |
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