Verso un architettura bioclimatica e sostenibile. Mario Cucinella Architects e IGuzzini Headquarters di Recanati
M.C.A. e l’architettura contemporanea
In questa parte del capitolo, dopo aver affrontato la filosofia progettuale di Cucinella, cercheremo le possibili matrici, similitudini, gli accostamenti e analogie del suo fare (e teorizzare) con quanto avvenuto nell’architettura contemporanea fino ad oggi.
Modernismo, eclettismo internazionale
Il riferimento storico-critico della struttura iGuzzini Headquarters progettata da Cucinella parte dalle origini, da Pevsner, quando affermò che «i veri pionieri del Movimento Moderno sono quelli che fin dall’inizio si schierarono con l’arte industriale».224 Siamo in Germania negli anni Trenta, dove Pevsner, professore all’Università di Göttingen, pubblicò a Londra Pioneers of the Modern Moviment from William Morris to Walter Gropius (1936), testo che segnerà la storiografia dell’architettura moderna, inserendo l’architettura industriale della seconda età della macchina dentro il Movimento moderno. Il Movimento si caratterizzò, sin dall’inizio, per due qualità: «la fede nella scienza, nella tecnologia, nelle scienze sociali, nella pianificazione razionale e la fede romantica nella velocità e nel ruggito delle macchine»225. Tale convinzione teorica troverà «intenti comuni» nello scritto Space, Time and Architecture di Sigfried Giedion226, cofondatore e segretario generale sino al 1956 dei CIAM227. Per Pevsner, e non solo, i maestri del Movimento moderno erano da identificarsi con Le Corbusier (1887-1965), Frank Lloyd Wright (1867-1959), Alvar Aalto (1898-1976) e Mies van der Rohe (1886-1969), protagonisti dell’architettura mondiale degli anni Venti e Trenta, identificati da una comune concezione dello spazio-tempo, che ebbe le sue radici nella pittura cubista.228 Ne iGuzzini Headquarters di Cucinella ritroviamo diversi di questi elementi teorici e stilistici, ovviamente rielaborati e «funzionalizzati» alle esigenze dell’attuale architettura, rivolta ai principi dell’ecologia e sostenibilità.
Un’archistar, qual è Cucinella, ha nel suo dna la conoscenza delle molteplici esperienze e teorie che l’architettura ha generato nella storia, in specie quella a lui «prossima». Il riferimento è al IX Congresso del CIAM, tenutosi ad Aix-en-Provence (1953), dove un gruppo di giovani architetti, il «Team Ten», diretto dai coniugi Alison e Peter Smithson, mettono in dubbio lo schematismo funzionalista, cosa che porterà allo smantellamento dei CIAM, e avviano una revisione critica del Movimento moderno, certificata anche dalla rivista «Casabella» diretta dall’architetto Ernesto Nathan Rogers (1909-69). In diversi interventi manifestò l’esigenza di spontaneismo e minor rigidità teorica, che «rileggiamo» oggi anche nel «costruire» di Cucinella, che pur adottanto tipologie stilistiche già rodate, nel complesso non appare vincolato a nessuna di esse.
Gli anni Sessanta, quando nasce Cucinella, espressero molti elementi teorici di novità, che diventeranno negli anni l’humus per la formazione dei giovani architetti nelle università, come lo stesso Cucinella. Reyner Banham (1922-88) nel testo Theory and Design in the First Machine Age (1960)229 rilevò incongruenze nella «teoria meccanicista» modernista tra «parole e cose». Manfredo Tafuri (1935-94) nel saggio Per una critica dell’ideologia architettonica (1969) demistificò quell’ideologia, dov’erano preponderanti le influenze delle avanguardie artistiche, denotando una «minore» spinta del capitalismo americano e dei piani quinquennali sovietici nella pianificazione urbana, spinte sociali che furono fondative della risposta modernista. Tafuri in Architettura contemporanea (1976) affermò che:
la stessa costruzione del concetto di Movimento moderno, in quanto tentativo di accreditare una collettiva e teleologica dottrina della nuova architettura, è frutto di una favola consolatoria ma inoperante.230
Dagli anni Settanta, dopo la morte dei quattro massimi rappresentanti della fase “eroica” dell’architettura moderna, Wright, Le Corbusier, Walter Gropius (1883-1969) e Mies van de Rohe, l’architettura virò ancora verso nuovi orizzonti. Già Wright, con la costruzione dell’Unity Church a Madison (fig. 8.1)231 nel Wisconsin (1951), avente una copertura acuta rivolta all’insù, fornì una versione radicale dell’assunto secondo il quale «un edificio dovrebbe apparire come se sorgesse spontaneamente dal terreno dove è situato»232, iniziando, contemporaneamente, a esplorare le forme curvilinee.
Wright con l’“architettura organica” propugnò la liberazione dalla congestione urbana, verso un ripopolamento delle campagne americane. Nella sua ultima opera, il Guggenheim Museum di New York (1943-59) (fig. 8.2), definito dallo stesso autore «Tarrugiz»233 (inversione letteraria dello Zigurrat), un’enorme vite conficcata nel suolo della Fifth Avenue a Manhattan, segnò l’esplosione di forme e volumi curvilinei. In tale architettura si riscontrano convergenze, nell’impatto tra la purezza della forma e il colore bianco dell’edificio, con l’ambiente urbano circostante, con quello generato, allo stesso modo, dalle opere realizzate da M.C.Architects, tra cui la nuova sede dell’ARPT (Autorité de Régulation de la Poste et des Télécommunications), nel quartiere Bab Ezzouar ad Algeri (2013) (fig. 8.3)234.
Le Corbusier superò i canoni modernisti, verso una lezione plastica e brutalista del nudo cemento nell’Unité d’abitation di Marsiglia (fig. 8.4)235 (1946-52). Si tratta di un edificio unitario di 300 alloggi per 1.600 abitanti potenzialmente autosufficiente con albergo, ristorante, una strada commerciale, teatro all’aperto, piscina, palestra, scuola e asilo. Utilizzò la prefabbricazione degli alloggi, tramite l’impiego di un Modulor236, appose brise-soleil sulle facciate, e il corpo, con torri per gli ascensori e camini di ventilazione, fu ideato sui pilotis.
L’opera divenne il modello formale per architetti come Louis Khan, Kenzo Tange e quelli aderenti alla corrente neobrutalista. In Cucinella ritroviamo la stessa propensione all’utilizzo di schemi modulari, come del brise-soleil, pilotis e ventilazione naturale, ma serventi un concetto progettuale di ecosostenibilità.
L’Architecture and Institute of Design Building, «Crown Hall» (1950-56), edificio realizzato da Mies van der Rohe a Chicago, presenta caratteristiche e materiali che rimandano a un capannone industriale: la simmetria ed elevazione da terra dell’ingresso (tipica caratteristica miesiana), l’impiego di un sistema di trabeazione trilitica, l’attenzione suprema ai dettagli. Sono gli stessi principi che ritroviamo (eccetto la trabeazione trilitica) nella costruzione industriale iGuzzini Headquarters realizzata da M.C.A. Per entrambi inoltre valgono quanto scrisse Mies: «soltanto la pelle in vetro, soltanto le pareti vetrate consentono alla struttura a scheletro di assumere una forma costruttiva chiara assicurandole delle potenzialità architettoniche».237 Il grattacielo è un’entità in sé eclettica che vince la gravità, «una montagna di concretezza»238 in grado di assumere identità costantemente differenti, e che accompagna il capitalismo nella sua storia, rispondendo a regole consolidate: lo spazio massimo prefissato tra finestre e i corridoi dovrebbe essere almeno di otto metri, la struttura di ferro e acciaio, la necessità d’impiego di materiali refrattari, ascensore e altro. L’Empire State Building (1929- 31) a New York (fig. 8.5)239, progettato da Richmond Shreve (1877-1946), William Lamb (1883-1952) & Arthur L. Harmon (1878-1958), espresse il suo carattere nella zona sommitale, un enorme puntale rastremato che funzionò da pilone d’ormeggio per dirigibili, ma la grande novità fu di tipo procedurale, per la prima volta l’edificio non fu il prodotto di una scelta a priori ma di un processo di elaborazione e selezione.
Questo sarà il modo di procedere della corrente stilistica “eclettismo funzionale”, di cui l’architetto americano Philip Johnson (1906-2001) fu uno dei massimi interpreti, aprendo il campo a «una meravigliosa libertà d’infinite possibilità di esplorare»240. Johnson fu un manierista d’avanguardia, che seppe costruire relazioni con gli stili degli altri contemporanei specialisti in grattacieli. A tal fine importante fu l’amicizia con Alfred Barr, direttore del MoMA, cui sarà legato a vita, e alle relazioni intessute con europei, in specie Mies van de Rohe, poi emigrato negli “States” nel 1938. Johnson sarà uno dei fautori dell’accredito dell’International Style e solo più tardi, insieme ai suoi due allievi prediletti, Peter Eisenman (1932), che si distinguerà per le scomposizioni dei volumi, e Frank O. Ghery (1929), che si distinguerà per le deformazioni dei volumi, approderà al post-moderno. Queste attenzioni al “dato storico”, a creare relazioni internazionali, a progettare esplorando sistemi tipologici differenti, a utilizzare tagli e vuoti volumetrici nell’edificare “torri”, sono nel background di M.C.Architects, e rimandano ai maestri dell’International Style, come a quelli del decostruttivismo.
L’International Style dagli anni Ottanta si piegherà alle economie ascendenti delle “tigri di carta” orientali, cercando contaminazioni con usanze locali, visibili in lavori come le Petronas Tower di Kuala Lampur (1992-97) (fig. 8.6) dell’architetto sudamericano Cesar Pelli (1926- 2019), dove è creato un vuoto tra due fusti in spirito “taoista”. O nei lavori dell’architetto cino-americano Ieoh Ming Pei (1917-2019), come la Bank of China di Hong Kong (1982-90), con l’asimmetrica addizione di moduli triangolari tetraedrici, dove la forma rimanda alla pratica del Feng Shui, l’arte di disporre lo spazio secondo la tradizione cinese (fig. 8.7)241.
Emerge un’attenzione teorica che anche Cucinella rivolge da sempre alle forme «esotiche», della Cina, dell’Iran, del Maghreb. Gli edifici realizzati dello studio SOM, il più grande e prolifico del mondo, fondato nel 1936 da Louis Skidmore (1897-1962), Nathaniel A. Owings (1903-84) e John O. Merrill (1896-1975), rispondono a impostazioni stilistiche diverse: dallo storicismo post-moderno all’high modernism, dalla cultura locale a quella pop.
Tale eclettismo nato negli anni Sessanta per “saturazione”, quando l’attenzione si rivolse verso i classici del passato.
SOM, realizzò tra il 1965 e il 1970 il John Hancock Center a Chicago, recuperando la tradizione sallivaniana della “Scuola di Chicago” (fig. 8.8). L’attenzione a cercare fonti d’ispirazione per le “torri” come quella espressa dall’eclettismo storico si rinviene anche in Mario Cucinella, pur rivolta a criteri comuni di sostenibilità. La Torre Unipol SAI di Milano presenta attinenze formali e progettuali con il grattacielo progettato dal gruppo SOM a Parigi nel 2021. Questo avrà forma circolare, per 180 metri di altezza e a “energia zero”, e sarà realizzato nel masterplan di riqualificazione del quartiere Charenton-Bercy.
224 PEVSNER N., I pionieri dell’architettura moderna. Da William Morris a Walter Gropius (1936), Garzanti, Milano, 1983, p.23
225 Ivi, cit., p. 248
226 GIEDION S., Spazio, Tempo e Architettura, Hoepli, Milano, 1954
227 Congrès Internationaux d'Architecture Moderne , il cui scopo era la ricerca di un sistema architettonico - urbanistico tendente all’universale
228 BIRAGHI M., Storia dell’Architettura contemporanea II 1945-2008, Piccola Biblioteca Einaudi, Bologna, 2008, p.5
229 BANHAM R., L’architettura della prima età della macchina, a c: M. Biraghi, Christian Marinotti Edizioni, Milano 2005
230 TAFURI M., DAL CO F., Architettura contemporanea, Electa, Milano, 1976, p. 5
231 Vd.: p. 148
232 WRIGHT F. L., In the cause of Architecture: Essays by Frank Lloyd Wright for the Architectural Record 1908-1952, a c: F. Gutheim, Architectural Record Books, New York 1987, p. 55
233 DAL CO F., Il tempo e l’architetto, Frank Lloyd Wright e il Guggenheim Museum, Electa, Milano, 2004
234 Vd.: p. 149
235 Vd.: p. 150
236 MODULOR è il sistema proporzionale basato sulle misure del corpo umano pubblicato nel 1949
237 MIES VAN DE ROHE L., Che cosa sarebbe il calcestruzzo, che cosa l’acciaio senza il vetro? (1933), in F. NEUMEYER, Ludwig Mies van de Rohe: le architetture,gli scritti, cit., p. 304
238 COOLHAAS R., Delirius New York (1978), a c: M. Biraghi, Electa, Milano, 2001, p. 7
239 Vd.: p. 151
240 Ph. Johnson, cit. in H. LEWIS, No rules, Just Art, in The Architecture of Philip Johnson, Bulfinch Press, Boston – New York – London 2002, p. 6
241 Vd.: p. 153
Questo brano è tratto dalla tesi:
Verso un architettura bioclimatica e sostenibile. Mario Cucinella Architects e IGuzzini Headquarters di Recanati
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Informazioni tesi
Autore: | Roberto Casole |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2022-23 |
Università: | Università degli Studi di Urbino |
Facoltà: | Scienze Umanistiche |
Corso: | Storia dell'arte |
Relatore: | Davide righini |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 258 |
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