L'ascesa dei movimenti di resistenza in Medio Oriente: il Caso Hezbollah
Lo sciismo in Libano: fattori regionali e comunitari
La maggioranza degli specialisti dell’islam politico concordano nel vedere nel trionfo della rivoluzione islamica in Iran, il punto di partenza dell’ascesa folgorante delle varie forze e dei vari movimenti che si richiamano ad essa e allo sciismo.
Il rovesciamento del regime dello scià- soprannominato il "gendarme del Golfo" per via della potenza del suo apparato militare e poliziesco- da parte di una rivoluzione popolare, la prima in Medio Oriente, muta profondamente il paesaggio intellettuale e politico della regione. La rivoluzione infatti non solo riesce a rovesciare un regime "cattivo" nei confronti delle masse musulmane, ma ricolloca l’Islam al centro dei dibattiti sulle possibili alternative di gestione del potere dopo il riflusso delle ideologie marxiste e nazionaliste. Molti militanti di tali orientamenti ideologici assumono con entusiasmo la prospettiva di una rivoluzione islamica che consenta di sconvolgere l’ordine regionale vigente dagli accordi di Sykes-Picot e di mobilitare le energie popolari nel conflitto con Israele.
Esistono importanti legami storici tra gli sciiti libanesi e iraniani. Bisogna forse ricordare che, quando la dinastia safavida decide di convertire l’Iran allo sciismo nel XVI secolo, essa si rivolge a un teologo del Sud del Libano, Al Mohaqeq Al Karaki. Da questo periodo in poi, moltissimi teologi di origine libanese si trasferiscono in Iran, in particolare nella "hawza" di Qom.
D’altra parte, lo Stato iraniano, intenzionato ad allargare la propria sfera di influenza ai paesi circostanti, tenterà di strumentalizzare il fattore sciita e di sviluppare delle relazioni specifiche con le comunità che si richiamano ad esso. La caduta del regime dello scià e la costituzione di una repubblica islamica accresceranno il prestigio del "pansciismo" dell’Iran.
Il trionfo della rivoluzione iraniana segna una seconda svolta nella storia dello sciismo libanese contemporaneo. Nel valutare l’impatto di tale rivoluzione sulle varie enclave sciite transnazionali Fraçois Thual ritiene che essa abbia " permesso a molte di queste comunità di uscire dal loro stato di letargia [..]
Fin dalla sua nascita - a partire dal XVIII secolo, lo sciismo è stato - a eccezione del caso iraniano - una religione minoritaria di emarginati e di perseguitati. Al tempo stesso, evolvendosi, lo sciismo ha sviluppato una visione profetica del mondo e della storia. Si tratta di una religione escatologica che insiste sui fini ultimi della storia umana e proprio questo fa sì che essa, nel momento in cui si apre al mondo, si trasformi in una religione rivoluzionaria. Dall’unione di queste due constatazioni - il carattere minoritario degli sciiti e la loro visione potenzialmente profetica e rivoluzionaria - si deduce che il ritorno di tale sciismo non può che essere dirompente".
Prima della vittoria della rivoluzione iraniana, una parte non indifferente della sua classe dirigente si trovava rifugiata in Libano e collaborava alacremente con Fatah, con il movimento Amal, con il partito Dawaa e con una moltitudine di gruppuscoli islamici locali, attivi nel Sud del Libano o nella periferia meridionale di Beirut, riuscendo a tessere una vasta rete di relazioni e di cooperazioni che successivamente si sarebbe rivelata di grande utilità. All’interno della comunità sciita libanese si delineano due atteggiamenti nei confronti della rivoluzione.
Il primo, quello dei dirigenti del movimento Amal e del Consiglio superiore islamico sciita, che si inscrive in una strategia di riforma dello Stato libanese che consenta una maggiore integrazione e rappresentanza degli sciiti nel sistema politico e che intende servirsi del risveglio comunitario suscitato dalla rivoluzione per conseguire tali scopi.
Il secondo, quello di un vasto movimento d’opinione che comprende alcune correnti interne al movimento Amal, passando per il partito Dawaa, fino a una serie di associazioni e formazioni locali, adotta, sulla scia dello slancio rivoluzionario, la tesi teologico-politica dell’ayatollah Khomeini e si considera come parte integrante del processo di esportazione della rivoluzione, dichiarata strategia ufficiale da parte dei nuovi dirigenti iraniani.
Quest’ultimo movimento è poi quello che darà la luce all’embrione di Hezbollah che in pochi anni si trasformerà nella più potente arma che il regime di Teheran dispone al di fuori dei propri confini. E sarà proprio il coagulante religioso a permettere la fusione tra il pragmatismo iraniano e la carica rivoluzionaria del gruppo libanese contro Israele. Dal Libano e dal ruolo di Hezbollah si delinea una prospettiva sconvolgente: ciò che non era riuscita a fare la rivoluzione khomenista, lo sta facendo il movimento Hezbollah. Esso tende a monopolizzare la questione palestinese trasformandola in una questione sciita, per poi internazionalizzare l’ideologia della rivoluzione khomenista.
In effetti, mentre in Iran le tendenze nazionaliste avevano funzionato da freno alla rivoluzione sciita dell'ayatollah Khomeini, il partito Hezbollah ha provato e continua a provare ad estendere quella rivoluzione a gran parte del Medio Oriente continuando il progetto iraniano del pan-sciismo su scala internazionale.
Questo brano è tratto dalla tesi:
L'ascesa dei movimenti di resistenza in Medio Oriente: il Caso Hezbollah
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Informazioni tesi
Autore: | Antonino Orto |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Giuseppe Anzera |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 93 |
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