Bologna, Anteo Zamboni e l'attentato al Duce
La prima seduta: l’interrogatorio di Mammolo e Ludovico.
Le sedute processuali iniziarono il 5 settembre 1928: trascorsero solamente tredici giorni dalla sentenza istruttoria, che portò al coinvolgimento di Ludovico. Gli imputati ebbero a disposizione pochi giorni per poter studiare con gli avvocati una linea difensiva, che li scagionasse dalle accuse e dalle pesanti richieste di condanna effettuate dalla commissione. Accanto al problema del poco tempo a disposizione, il nuovo corso delle indagini colpì l’umore della famiglia. Mammolo dal carcere espresse nuovamente i suoi dubbi e le sue preoccupazioni: informato dal suo avvocato, si stupì del fatto che ora sarebbe stato Ludovico a sparare e che entrambi i fratelli si trovassero nel luogo del delitto. Non sapeva come venire fuori da questo enigma e dimostrare che effettivamente Ludovico si trovasse a Milano e non a Bologna. Una svolta fondamentale arrivò a poche ore dall’inizio del processo, quando Mammolo ricordò di aver inviato a Ludovico una lettera il 30 ottobre 1926, che il figlio gli aveva riportato il giorno dopo. Si trattava di una richiesta di trasferimento per Assunto, portata il pomeriggio del 31 a casa del commendatore Silimberghi, al quale si chiedeva di intervenire in favore del ragazzo. Quest’ultimo modificò la lettera di Mammolo, apportando alcune correzioni e la riconsegnò a Ludovico, il quale la riportò a Bologna qualche ora dopo la morte di Anteo. La lettera poteva scagionare Ludovico da ogni accusa, in quanto avrebbe dimostrato che si trovava a Milano, mentre si consumava la tragedia del fratello minore: nella busta era presente il bollo postale delle ore 22 e perciò risultava un’ovvietà che fosse stata consegnata solamente il mattino dopo a Ludovico. Tuttavia per gli imputati non sarebbe stato facile dimostrare la validità della nuova prova: sapevano che l’accusa avrebbe fatto tutto il possibile per invalidarla o addirittura usarla contro di loro. Gli avvocati difensori dei Zamboni erano Mastellari, Angelucci e Niccolai. Il primo presenziò solo alle prime sedute, dimostrando scarsa fiducia nell’esito del processo e disinteresse verso la sorte degli imputati. Sia Angelucci che Niccolai lottarono invece fino all’ultimo per ottenere giustizia. Il presidente del Tribunale Speciale, il giovane Guido Cristini, si occupò del processo in prima persona. Per tutta la durata delle sedute, tenne un atteggiamento ostile, quasi sprezzante verso Mammolo e i suoi avvocati, non lesinando battute ironiche e facendo da subito intendere quale fosse la linea tenuta dal collegio. In questo clima, le prospettive di salvezza erano poche: solo Ludovico nutriva qualche speranza, alla luce delle nuove prove, ma c’erano da superare le resistenza di Cristini, che fin dall’inizio giudicò la lettera un trucco creato all’ultimo momento per salvare il ragazzo da una sorte ormai segnata.
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Bologna, Anteo Zamboni e l'attentato al Duce
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Informazioni tesi
Autore: | Gian Mauro Corriga |
Tipo: | Tesi di Laurea Magistrale |
Anno: | 2010-11 |
Università: | Università degli Studi di Perugia |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Comunicazione Multimediale |
Relatore: | Dario Biocca |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 173 |
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