Circuiti di solidarietà e cooperazione nelle migrazioni dei senegalesi. Dalla Sardegna al Senegal e ritorno
La Muridiyya
Le confraternite musulmane presenti da più tempo in Senegal, la Qadriyya e la Tidjianiyya furono introdotte nel paese, corredate ovviamente delle caratteristiche tipiche del sufismo, da potenti confraternite originarie del nord-africa tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo. Il processo di islamizzazione della società Wolof assunse però il carattere di conversione di massa soltanto con la comparsa, ai principi del XX secolo, della Muridiyya, la confraternita fondata da Mohammed ibn Mohammed ibn Habib Allah, meglio noto come Cheikh Ahmadou Bamba.
Bamba diede al termine mouride (in arabo murīd) il suo pieno significato, cioè “colui che aspira alla conoscenza di Dio attraverso coloro che ne sono gli intercessori”, seguendo l'insegnamento e sottomettendosi alle pratiche della confraternita. Il mouride è quindi, nel senso «bambista» del termine, prima di tutto il musulmano sunnita che ha intrapreso la ricerca di Dio (Sy, 1969, pp.132-133).
La persistenza di tratti culturali wolof nel muridismo ha consentito di parlare di “wolofizzazione dell'Islam” (Sy, 1969, p. 142). Esso infatti, da comunità transetnica quale era all'origine, si è andata nel tempo sempre più costituendosi come la vivida espressione del nazionalismo wolof (Piga, 2000b, p.179), riuscendo tuttavia a conservare una grande forza attrattiva soprattutto per i giovani appartenenti alle altre etnie, in particolare per i sereer (Schmidt di Friedberg, 1994, p. 28). Nel Senegal del XXI secolo, l'egemonia un tempo della Tidjaniyya è ormai passata indubbiamente alla Muridiyya, la cui vitalità e il cui potere economico hanno raggiunto a partire dagli anni Novanta livelli senza eguali in tutto il panorama confrerico nonostante la sua diffusione sembri essere essenzialmente ristretta ai meri confini nazionali oltre che a quei paesi verso cui si è indirizzata la diaspora, prevalentemente commerciale, dei senegalesi (Piga, 2003, pp. 34-35).
Per quanto concerne la pratica religiosa ho avuto modo di constatare parecchie volte, trovando ancora dimostrazione pratica di quanto asserito da Mbiti, che «Dio viene spesso adorato attraverso i canti e ai popoli africani piace molto cantare»(Mbiti, 1969, p.72); le riunioni e cerimonie religiose mouridi sono infatti sempre accompagnate da canti che «non solo aiutano a trasferire la conoscenza religiosa da una persona o gruppo all'altro, ma aiutano a creare e rafforzare il senso di appartenenza alla collettività e la solidarietà» (ib., p. 72).
I fondamenti propri della dottrina mouride sono stati indicati da A. M. Diop in tre aspetti principali:
la baia con la quale si istituisce il rapporto maestro-discepolo, la irada, cioè la volontà del discepolo di camminare verso Dio, e infine la khidma, il servizio che questi deve svolgere (1985, p. 198; cit. in Schmidt di Friedberg, 1994, p.13)
Già agli inizi degli anni Novanta i mourides hanno subito aspre critiche da parte della Lega Internazionale Musulmana, per la loro «“popolarizzazione” delle pratiche religiose islamiche con l'incorporazione di tradizioni pre-islamiche e, talvolta, per il rigetto integrale delle pratiche ortodosse» (Carter, 1991, p. 62) arrivando infine a non essere ufficialmente riconosciuta dalla Lega.
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Circuiti di solidarietà e cooperazione nelle migrazioni dei senegalesi. Dalla Sardegna al Senegal e ritorno
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Informazioni tesi
Autore: | Gaspare Messana |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2011-12 |
Università: | Università degli Studi di Cagliari |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Filosofia |
Relatore: | Felice Tiragallo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 75 |
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