Santa pubblicità. L'iconografia cristiana nella comunicazione di marca.
L'immagine religiosa come manipolazione
Come si è visto, quanto più l’impatto visivo è studiato per creare una sensazione di straniamento nello spettatore, tanto più sarà possibile comunicare messaggi eterogenei, che si prestano più volentieri ad essere decodificati come “blasfemi” e, per questo, a rimanere fortemente impressi. [...] Come accade per la figura di Cristo, anche la Madonna si trova così ad essere associata e a esperire in prima persona emozioni e vizi terreni, nei quali lo spettatore è chiamato a identificarsi.
Quello che differenzia l’utilizzo pubblicitario delle loro immagini è piuttosto l’ampiezza del raggio di azione degli annunci: mentre Gesù viene chiamato in causa per reclamizzare pressoché qualsiasi cosa – dalle automobili alle Olimpiadi – Maria sembra doversi occupare di un’area di prodotti dichiaratamente rivolti a un target femminile, o tradizionalmente percepito come tale. La ritroviamo quindi in quei settori merceologici (centri commerciali, servizi da tavola, ma anche donazioni di sangue e case di accoglienza) nei quali la marca si trova in concorrenza con altre brand capaci di offrire servizi simili a costi simili: per combattere il rischio dell’omogeneizzazione presso il target, essa deve saper fare leva su argomentazioni soft e avvolgersi in una membrana emozionale adeguata.
La manipolazione della figura della Madre di Cristo si muove così lungo una linea che va dall’esaltazione dei suoi attributi materni, rivisitati in una chiave di lettura moderna – la mamma si occupa del bambino, ma non rinuncia al trucco e allo shopping – all’evidenziazione della sua prerogativa di donna, i cui desideri e frivolezze prendono completamente o quasi il posto della sublimazione sacra – dato di fatto che non può non essere aberrante, se si considerano i precetti del Catechismo visti in precedenza.
La donna nella quale la Beata Vergine viene calata è sicura di sé (guarda sempre lo spettatore negli occhi, o sorride apertamente), bella e sensuale: uno specchio piacevole in cui guardarsi e, soprattutto, una tecnica che fa leva sul consumer insight sempre più diffuso tra il target femminile moderno: “essere donna non vuol dire solo essere madre: finalmente un prodotto che esalta il mio lato indipendente e sexy”, senza chiedere la rinuncia alla femminilità e all’alone “sacro” che la prerogativa di mettere al mondo gli esseri umani, anch’essa rivisitata secondo un’ottica moderna, conferisce al genere femminile.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Santa pubblicità. L'iconografia cristiana nella comunicazione di marca.
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Informazioni tesi
Autore: | Ilaria Capirci |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Padova |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Vincenzo Montieri |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 94 |
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