Da Lombroso alla Criminologia Critica: uno studio sulle teorie sociologiche della devianza
L’influenza di Lombroso nel XX secolo
Nel Novecento, sulla scia dei lavori dei positivisti italiani, vengono compiuti ulteriori tentativi di spiegare la criminalità in quanto esito di fattori biologici, connessi all’ereditarietà, alla labilità mentale e alla tipologia fisica.
Le teorie della tipologia fisica sostengono l’esistenza di importanti caratteristiche del corpo per la predisposizione a commettere atti criminali.
Tra questi lavori, il più rinomato è quello di William Sheldon (1942), il quale propone tre categorie, definite somatotipi, che combinano peculiarità fisiche e inclinazioni caratteriali.
Il primo è il tipo “endomorfo”, ha una costituzione grassa e tondeggiante e un temperamento viscerotonico: è estroverso, gioviale, socievole; il secondo è definito “mesomorfo”, ha il corpo muscoloso e le ossa larghe, è aggressivo, dinamico ed estroverso; il terzo e ultimo tipo è l’“ectomorfo”, individuo dalla struttura esile e delicata e con una personalità sensibile e introversa.
I delinquenti hanno solitamente le caratteristiche fisiche dei mesomorfi.
Nel quadro delle teorie fisiche assume una certa rilevanza anche l’approccio metodologico proposto da Benigno Di Tullio nella prima metà degli anni ’50. Egli ritiene che l’analisi del criminale debba essere condotta tenendo conto degli aspetti morfologici (struttura fisica), funzionali (apparato digerente, respiratorio, cardio-vascolare, genito-urinario e sistema nervoso) e psichici (personalità profonda e livelli di affettività) del soggetto in esame.
Degli studi condotti sull’ereditarietà e sulla genetica, quelli sui gemelli ne rappresentano forse gli esempi più interessanti.
All’interno di questo contesto si inserisce lo studio svolto nel 1919 dallo psichiatra tedesco Johannes Lange su 30 coppie di gemelli detenuti in carcere e non, di cui 13 monozigoti e 17 dizigoti. Dallo studio è emerso un alto livello di concordanza tra i gemelli monozigoti: essi reagiscono tendenzialmente allo stesso modo e sono stati tutti coinvolti in attività criminali.
La teoria presenta non poche criticità: innanzitutto, come fa notare Mannheim, il campione utilizzato è troppo ridotto per consentire generalizzazioni così ampie; inoltre, Lange ha preso come riferimento l’imprigionamento e non la criminalità. Una terza problematica riguarda, invece, l’incapacità di comprendere in modo chiaro il ruolo che l’ambiente svolge nella concordanza di comportamenti presentata dai gemelli, dal momento che questi ultimi sono cresciuti nei medesimi ambienti sociali.
Negli ultimi decenni è stata avanzata una particolare teoria genetica della criminalità che tenta di stabilire una connessione tra la tendenza degli individui a porre in essere azioni criminose e la presenza della cosiddetta “sindrome XYY”. Normalmente gli esseri umani sono dotati di un corredo genetico formato da 46 cromosomi, ma alcune persone possono, seppur raramente, averne 47; se il soggetto presenta un cromosoma extra di tipo Y (ereditato dal padre) vi sono elevate possibilità che diventi un delinquente.
Pur avendo trovato conferma e negli studi della Jacobs e in quelli condotti da Price e Whatmore, l’ipotesi succitata non è riuscita ad affermarsi tra gli studiosi della criminalità.
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Informazioni tesi
Autore: | Chiara Camassa |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2017-18 |
Università: | Università degli Studi di Lecce |
Facoltà: | Scienze Sociali |
Corso: | Sociologia |
Relatore: | Marta Vignola |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 45 |
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