Agli albori della divulgazione della storia dell’arte in tv: il caso Civilisation
L’eurocentrismo e il conservatorismo di Kenneth Clark
Chi per la prima volta legge o vede il lavoro di Clark, fin dal titolo pensa che l’argomento trattato sia la storia della civiltà in toto, senza nessuna esclusione. In realtà, molti critici hanno intravisto nel documentario una sorta di inno alla supremazia della cultura occidentale, attribuendo all’arte orientale, egizia, indiana un ruolo subalterno.
Clark sembra rifiutare un’analisi così superficiale, sostenendo vivamente di non aver avuto alcuna intenzione di proporre una visione dualistica della cultura, di apprezzare e di riconoscere l’alto valore artistico dei prodotti culturali orientali.
A ben vedere, come si evince dal testo così come dalla serie tv, lo studioso ha preso come riferimento per i suoi scritti la storia della civiltà occidentale, o meglio, quella cristiana europea. Così l’arte e i suoi manufatti diventano espressione di una particolare realtà storica sociale presentata come exemplum detentore di particolari valori. Tutto il resto del mondo, se non per alcune eccezioni, sembra essere ignorato o dimenticato. Tra quelli che sono i paesi costituenti l’Europa, Clark sembra altresì dare poca importanza alla Spagna; infatti agli artisti spagnoli, che contribuirono allo sviluppo della storia dell’arte mondiale, si dà minima importanza, menzionando soltanto Goya e Velázquez. La scelta di Clark per alcuni critici è dettata dal fatto che egli stesso, probabilmente, non riteneva così significativi per lo sviluppo dell’arte mondiale, gli esempi artistici lasciati da questo popolo, popolo che trae le proprie origini dalla civiltà islamica simbolo, come alcune altre, di barbarismo.
L’eurocentrismo di Clark diventa così, al limite di razzismo; nel suo libro, ad esempio, le maschere nere africane oppure i manufatti greci e romani, vengono presentati sì come opere d’arte, ma non vengono definite come manifestazione di civiltà, poiché espressione di buio e superstizione piuttosto che di razionalità. Come Clark sottolineerà più volte, il suo scopo era quello di delineare la formazione “dell’uomo occidentale “, simbolo di una realtà storica sociale specifica e detentore di particolari valori. Da questa sua ricerca vengono così tenute da parte anche le donne, che a suo avviso, per nulla contribuirono alla storia della cultura occidentale, se non ad eccezione di Santa Teresa di Avila e Elizabeth Fry.
Pur riconoscendo la supremazia della civiltà europea rispetto alle altre, a Clark risulta, in realtà molto difficile riempire di significato quel lemma che egli stesso ha utilizzato come titolo della sua straordinaria opera. Questo è chiaro sin dall’inizio: egli afferma di aver cercato di definirla in termini di forza creativa e sviluppo delle facoltà umane, ma ciò che secondo lui contraddistingue la civiltà è il suo carattere di permanenza e continuità. Da ciò si evince che la sua posizione si distacca dalle quelle concezioni sviluppatesi a partire dagli anni sessanta, dove tutto, dalla politica alla società, doveva necessariamente essere oggetto di continuo cambiamento. Emerge così la posizione anche conservatrice di Clark e, così come molti critici hanno sostenuto, Civilisation poteva essere la risposta, a quelle ribellioni giovanili scoppiate negli anni sessanta, che rifiutavano il passato. Infatti dopo le vicissitudini del ’68, il riproporre Civilisation, voleva solo significare riconfermare e riproporre l’instaurazione della fede negli antichi valori senza soluzioni di continuità con il passato.
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Agli albori della divulgazione della storia dell’arte in tv: il caso Civilisation
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Informazioni tesi
Autore: | Emilia Ammendola |
Tipo: | Laurea II ciclo (magistrale o specialistica) |
Anno: | 2008-09 |
Università: | Seconda Università degli Studi di Napoli |
Facoltà: | Lettere e Filosofia |
Corso: | Storia dell'arte |
Relatore: | Riccardo Lattuada |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 77 |
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