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Il dibattito teorico degli Anni Sessanta sulla linguisticità del cinema

L’écriture cinematografica di Christian Metz

Nel libro Linguaggio e cinema, Metz assume una posizione chiara rispetto all’analisi fatta da Garroni in Semiotica e estetica. Anche per il teorico francese non è possibile accettare la vecchia ideologia dello specifico filmico; infatti nel capitolo 1.1 abbiamo visto come Metz critichi i teorici del montaggio delle attrazioni, così come Garroni confuta lo scrittore tedesco Arnheim in 3.1. Questo tipo di teoria era legata ad un periodo di eccessiva fiducia che aveva spinto a ricercare l’omogeneità dei codici di ogni singola espressione artistica, per poter formare quello che si intendeva definire il “Sistema delle Arti” . Il tentativo di ridurre il cinema ad una forma, trovandone una personale langue, voleva dire ricercarne un’essenza che fosse riferibile a tutti film e a tutto il materiale cinematografico. Ma bisogna ricordare che già Ferdinand de Saussure, quando parlava di lingua, non intendeva un codice capace di rendere conto di tutti i fenomeni del linguaggio verbale, ma di una parte del linguaggio, il quale comporta necessariamente una parole. Così si può distinguere il linguaggio che è una realtà concreta e la lingua che non è altro che un sistema di relazioni e di differenze, ottenute da un analista attraverso un’operazione di astrazione. Tale astrazione è giustificata dal fatto che i codici della ricerca semiologica non sono modelli formali forti e pieni, ma piuttosto una aspirazione alla formalizzazione la cui omogeneità è dell’ordine della coerenza logica. Citando Metz: “Un codice è omogeneo perché così è stato voluto, mai perché così è stato constatato”. Nonostante al cinema manchi una vera e propria grammatica,“ esso costituisce una pratica quasi-linguistica per il fatto di essere un medium pluricodico”. La settima arte, però, non possiede un codice costante o principale che si manifesta in tutti i film.

Piuttosto esistono codici specifici, ovvero codici che sono esclusivi del cinema, e codici non specifici che vengono condivisi anche con linguaggi diversi dal cinema. In Linguaggio e cinema, Metz colloca questi codici filmici in un insieme di cerchi concentrici, distribuiti in ordine di grado di specificità: al centro vi è la massima specificità, cioè i codici legati alla definizione del cinema come “immagini in movimento”, cioè per esempio: i codici dei movimenti di camera o del montaggio in continuità. Oppure abbiamo il cerchio che racchiude quei codici che sono in comune con altre arti come il codice narrativo che è in comune con il romanzo. Tuttavia questa distinzione spesso finisce per essere piuttosto sottile. Se prendiamo il colore, ad esempio, esso è presente in molte arti. Ma la particolare colorazione tipica del Technicolor degli anni ’50 appartiene solo al cinema, di cui costituisce in questo caso in particolare un sottocodice. I sottocodici segnalano ,quindi, un uso specifico di un codice generale. Per esempio l’illuminazione espressionista è un sottocodice dell’illuminazione che è di per sé un codice specifico del cinema. Attraverso questa esplorazione, Metz realizza che il linguaggio cinematografico è un fenomeno a due facce: da una parte esso è costituito da codici specifici appartenenti al cinema, che lo rendono così com’è; e dall’altra è un insieme di tutti i codici che possono entrare in gioco quando si costruisce un film. È un’eterogeneità di codici unita nell’omogeneità di una singola opera: il film.
Con questa affermazione, lo studioso francese supera le “vecchie ansie” di definire il cinema attraverso ciò che lo distingue dalle altre arti.

“Ciò che lo caratterizza non è questo o quel tratto, ma un insieme ordinato di codici che nel suo nucleo centrale gli appartiene in esclusiva, mentre nelle sue zone periferiche lo connette al resto del territorio”.

Dopo aver affrontato l’eterogeneità dei codici, a Metz non resta che affrontare quello che egli definisce il sistema singolare o anche il sistema testuale, cioè l’architettura sottostante la singola opera cinematografica. Tale sistema non è intrinseco al film, ma è costruito dall’analista, che ha proprio il compito di svelare i codici che sono sottesi.
In Linguaggio e cinema la nozione di testo presenta un dualismo; Metz infatti oscilla fra una nozione di testo come discorso chiuso che evidenzia l’intenzionalità comunicativa del film e un senso “più programmaticamente decostruzionalista e avanguardista del testo stesso”. Concepire la scrittura come decostruzione vuol dire, quindi, far emergere tutto ciò che è stato consapevolmente escluso in un’opera, ciò che è stato spinto ai suoi margini e che di fatto è necessario per la sua organizzazione.
Da un lato quindi una visione statica, tassonomica, propria di una prima fase degli studi strutturalisti e formalisti che privilegiano un’idea di testo come organismo compatto.
Dall’altro una tensione verso i post-strutturalisti (come gli studiosi della rivista francese Tel Quel dei quali si nota l’influenza) che intende il testo come un’istanza dinamica, come spostamento ed écriture (scrittura). La écriture non è altro che la rielaborazione dei codici:

“un lavoro sui codici, a partire da essi, contro di essi, lavoro cui il risultato provvisoriamente “fermato” è il testo, ossia il film: perciò la chiamiamo filmica. Il cinema, invece, non è una scrittura, ma è ciò che permette una scrittura; perciò l’abbiamo definito come un linguaggio; […] un linguaggio permette di costruire dei testi, non è in sé un testo, né un insieme di testi, né un sistema testuale”.

Attraverso queste due definizioni di testo filmico, che si inseguono nel periodo degli anni settanta, si svilupperanno le cosiddette analisi “testuali”: esse consistono nella descrizione minuziosa di un film e nella messa a nudo dei suoi principi di funzionamento.

Questo brano è tratto dalla tesi:

Il dibattito teorico degli Anni Sessanta sulla linguisticità del cinema

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Informazioni tesi

  Autore: Dario Camerlengo
  Tipo: Laurea I ciclo (triennale)
  Anno: 2019-20
  Università: Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
  Facoltà: Scienze della Comunicazione
  Corso: Scienze della comunicazione
  Relatore: Augusto Sainati
  Lingua: Italiano
  Num. pagine: 59

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