Il fenomeno LOST: analisi di una parabola televisiva
Il pubblico di Lost
In Lost lo spettatore alterna momenti di quiete a momenti di acme drammatico cioè l’oscillazione emotiva dello spettatore detta rollercoster (montagne russe). Lo spettatore è assorbito dalle sequenze di fasi tensive e vive la stasi come attesa delle prove successive. Senza distinzione tra bene e male, il pubblico vive un’attesa continuamente rilanciata.
Cosa ci spinge a vedere l’evolversi della trama di un film, o di una fiction televisiva? E nel nostro caso, cosa ci spinge a vedere Lost con tanta passione?
Secondo Dellonte e Glaviano, autori del libro Lost e i suoi segreti, è per l’effetto Zeigarnik che siamo sempre più incuriositi dalle vicende sull’isola. Questo fenomeno è stato elaborato dalla psicologa sovietica Bluma Zeigarnik nella seconda metà degli anni Venti ed è un importante tassello nello studio dei processi di apprendimento e trattenimento delle informazioni. L’effetto Zeigarnik è la tendenza a ricordare meglio i compiti non portarti a termine rispetto a quelli portarti a compimento. La scoperta di tale effetto ha origine da un’osservazione condotta dalla Zeigarnik su un cameriere capace di ricordare numerose ordinazioni senza mai commettere errori. La studiosa intuì che i compiti non portarti a termini generano un “’sistema di tensione” che ne aiutano il ricordo.
L'effetto Zeigarnik viene utilizzato anche nella tecnica del cliffhanger. Come sappiamo con l’uso del cliffhanger si sospende la narrazione alla fine dell’episodio lasciando il personaggio e lo spettatore con il fiato sospeso davanti ad un colpo di scena. La tecnica del cliffhanger viene spesso inserita prima di una pausa pubblicitaria in modo tale da catturare l’attenzione del pubblico lasciandogli quella sete di conoscenza sull’esito della narrazione. Lost fa un uso sistemico del cliffhanger in modo da lasciare lo spettatore sempre in sospeso. Le cinque interruzioni pubblicitarie previste in ogni episodio sono precedute da piccole rivelazioni che riguardano o i misteri o i personaggi. Alla fine ogni episodio invece sono poste delle domande inquietanti, come ad esempio nell’episodio Pilota Charlie chiede “Ragazzi, dove siamo?”, oppure sono date delle piccole soluzioni introspettive del personaggio come, ad esempio, nell’episodio sette, La Falena, quando Charlie getta la droga nel fuoco. Nei finali di stagione sono presenti dei cliffhanger molto forti che offrono tante domande e pochissime risposte. La prima stagione si conclude con Jack e Locke che guardano nel tunnel della botola mentre la seconda si chiude con alcuni naufraghi catturati dagli Altri e con degli uomini portoghesi che da una postazione meteorologica telefonano ad una donna dicendo “Signorina, penso che lo abbiamo trovato”.
Come possiamo notare da questo breve excursus sul cliffhanger, lo spettatore rimane ammaliato dalle varie rivelazione che la narrazione gli offre ed è sempre alla ricerca di risposte. Si attiva, quindi, una sorta di esplorazione a tutto campo nel mondo Lost generata da continui interrogativi e da risposte enigmatiche, incerte e frammentate che non soddisfano mai completamente i quesiti posti in precedenza. Come il cameriere della Zeigarnik lo spettatore “prende” le ordinazioni che Lost desidera senza dimenticarle. Con questo vogliamo dire che lo spettatore è coinvolto dalla narrazione proprio perché raramente riesce a chiudere il cerchio degli interrogativi innescati. Nel caso in cui le “ordinazioni” dovessero aumentare, lo spettatore non le dimentica con facilità ma continua ad indagare e ad approfondire la ricerca di verità.
Le risposte date con una spiegazione scientifica sono sempre accettate ma tutti noi pensiamo che ci debba anche essere una spiegazione meno razionale che ci indichi il senso della vita. L’uomo per avere questo tipo di risposte ha bisogno di credere nel mito soprattutto nei momenti in cui la storia attraversa dei periodi bui. Serie televisive come Star Trek, The X-files e I segreti di Twin Peaks, sono entrate nell’immaginario collettivo lasciando un segno indelebile. Esse parlano del paranormale, del fantastico ma, soprattutto, pongono domande esistenziali su “chi siamo?” e “dove andiamo?” e tentano di dare una possibile risposta. È un bisogno inconscio quello di porsi delle domande per sapere che non siamo soli, che è possibile redimersi dai propri errori e che ognuno di noi ha un destino. Anche Lost tenta di dare le risposte a questi interrogativi attraverso una possibile rappresentazione del mondo e da vita ad una mitologia. Sappiamo che i protagonisti sull’isola hanno l’occasione di redimersi dal passato, di confrontarsi con se stessi e con la propria natura mantenendo sempre viva l’attenzione dello spettatore. Si attiva con i misteri una sorta di sfida con la pazienza, l’intelligenza e la fedeltà di chi guarda la serie.
Lo spettatore che guarda Lost deve essere attento ad ogni minimo dettaglio e interpretando e reinterpretando determinati gesti, determinate frasi dette dai personaggi, può capire il senso delle loro azioni e di quel che succede dentro e fuori l’isola. Lost con tutti i richiami e rimandi a citazioni a diversi generi di narrazioni diventa una sorta di enciclopedia dell’immaginario collettivo in cui lo spettatore medio può permettersi l’accesso attraverso conoscenze cross-mediali. Spesso lo spettatore per cogliere un determinato segmento essenziale per costruire il senso della narrazione, ha bisogno di rivedere quel determinato episodio, di tornare indietro e rivedere i fatti con occhi nuovi, con più indizi alla mano per svelare il mistero. È in rete che lo spettatore può confrontarsi con altri fan e riesaminare i pezzi di questo enorme collage che tiene con il fiato sospeso milioni di persone. Chi guarda Lost con tutto questo entusiasmo può essere considerato un “prosumer”, ossia un soggetto produttore-consumatore di informazioni. Lo spettatore, infatti, scrive le proprie opinioni sui blog, esprime le proprie teorie sull’isola e si confronta con gli altri oppure si dedica al montaggio di video. Il compito dello spettatore quindi è quello di ricostruire il senso, di badare a tutti i collegamenti e deve fidarsi delle proprie intuizioni per interpretare la storia. La verità deve essere analizzata, scoperta, esaminata in ogni suo minimo dettaglio. Vi deve essere uno studio approfondito per capire qual è la strada da prendere. Ammesso che sia quella giusta.
Questo brano è tratto dalla tesi:
Il fenomeno LOST: analisi di una parabola televisiva
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Informazioni tesi
Autore: | Valeria Faro |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2006-07 |
Università: | Università degli Studi di Roma La Sapienza |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze e tecnologie della comunicazione |
Relatore: | Michele Sorice |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 131 |
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