Fat Talk: il ruolo della comunicazione e le responsabilità dei Mass Media
Il mondo della moda in una società ossessionata dalla taglia Zero
Nel linguaggio comune il termine “moda” è spesso legato al sapersi vestire come un certo momento storico richiede, un fenomeno con dei canoni esterni decisi dalla società e in continuo cambiamento. Per questa ragione, può essere considerata come sinonimo di fugacità e futilità, come se fosse qualcosa su cui non poter fare affidamento. La moda in realtà è molto di più dell’accessorio desiderato da tutti. Infatti si coniuga perfettamente al contesto in cui emerge, comunicando l’identità delle persone o differenziando l’appartenenza ad un gruppo; è la concretizzazione di una comunicazione del tutto interiore, divenendo parte della quotidianità personale e declinandosi in uno stile che rappresenta il mondo interno degli individui. Negli anni 20, lo psicanalista J. Flügel (1928) delineava la funzione psicologica dell’abbigliamento distinguendo tre fattori particolari (protezione, pudore e ornamento) di cui riteneva quest’ultimo il tratto decisivo, poiché denota il significato di costume, ossia un indumento pieno di ornamenti scelti in maniera specifica per evidenziare l’appartenenza ad una cultura (Laura, Moda come identità e comunicazione, Psicostyle, 2016; Flügel, J., 1928. La Psicologia dell’abbigliamento. Franco Angeli).
Da un po’ di anni, però, la nostra cultura prevede dei canoni di bellezza alquanto specifici: altezza minima 170 cm, misure 90 – 60 – 90 e taglia 40, massimo 42. Pelle bella e curata, poche imperfezioni e che siano facilmente nascondibili dal makeup, capelli lucenti e senza doppie punte. Questo settore del resto è sempre stato fortemente influenzato dai vari stereotipi, e per lungo tempo ha adattato le sue creazioni a quella che era l’immagine e la tendenza maggiormente condivisa dalla società. A sua volta però la moda funge essa stessa da guida ed è un punto di riferimento imprescindibile (anche inconsciamente) per molti, influenzando le opinioni e le scelte dei consumatori, nel caso specifico degli adolescenti. In quanto tale deve tener conto delle responsabilità indirette e morali che ha nei confronti del pubblico a cui si rivolge, e troppe volte è capitato che venissero proposti capi portabili da un ristretto ventaglio di taglie, di poco superiori alla 44. Tale situazione ha portato in molti casi alla riconsiderazione delle così dette “taglie forti” e ad un ampliamento del campionario di misure disponibili: si è verificata quindi una sorta di rivoluzione che per un po’ ha messo a tacere le varie forme di body shaming nei confronti delle persone più in carne rispetto alla “norma”.
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Fat Talk: il ruolo della comunicazione e le responsabilità dei Mass Media
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Informazioni tesi
Autore: | Barbara Conforti |
Tipo: | Laurea I ciclo (triennale) |
Anno: | 2018-19 |
Università: | Università degli Studi di Bergamo |
Facoltà: | Scienze della Comunicazione |
Corso: | Scienze della comunicazione |
Relatore: | Matera Vincenzo |
Lingua: | Italiano |
Num. pagine: | 85 |
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